Milano Fashion week: la classifica dell'”insostenibilità” delle griffe dell’alta moda di Greenpeace

A poche ore dall'inizio della grande kermesse milanese "Milano Moda Donna", Valentino Fashion Group si conferma unico marchio ad avere accettato il guanto di sfida lanciato da Greenpeace, che fa un primo bilancio della campagna "The fashion duel", per eliminare la deforestazione e le sostanze tossiche dalle filiere dell'alta moda.

A poche ore dall’inizio della grande kermesse milanese “Milano Moda Donna“, Valentino Fashion Group si conferma unico marchio ad avere accettato il guanto di sfida lanciato da Greenpeace, che fa un primo bilancio della campagna “The fashion duel”, per eliminare la deforestazione e le sostanze tossiche dalle filiere dell’alta moda.

Mentre gli stilisti fanno risplendere le loro ultime collezioni sulle passerelle milanesi, solo Valentino, infatti, ha deciso di prendere un impegno pubblico per l’eliminazione delle sostanze tossiche dai propri prodotti. Al contrario, Armani e Gucci perdono l’occasione di poter salire sul podio della moda verde. Nessun ulteriore impegno nemmeno da Ermenegildo Zegna, Versace e Ferragamo, mentre altre aziende come Prada, Dolce e Gabbana, Alberta Ferretti, Trussardi e Roberto Cavalli continuano a rifiutarsi anche solo di rispondere a una richiesta di trasparenza da parte di Greenpeace, rimanendo così in fondo alla classifica.

“Dietro al glamour e alla bellezza che vedremo sfilare nei prossimi giorni in passerella c’è un mondo che l’industria della moda ci vuole nascondere. È un mondo pieno di materie prime pericolose, che sta lentamente contaminando i nostri fiumi e distruggendo gli ultimi polmoni del pianeta”, avverte Chiara Campione, Project Leader di #thefashionduel, lanciato a febbraio di quest’anno con l’invio di un questionario su tre importanti segmenti delle filiere produttive di questi grandi nomi: la pelle, la carta per il packaging e l’utilizzo di sostanze chimiche.

La valutazione dei questionari e gli impegni formali presi sino ad ora dalle aziende hanno consentito a Greenpeace di stilare una classifica in base alle 25 domande scomode sul rapporto tra i loro processi produttivi, la deforestazione e l’inquinamento delle risorse idriche del Pianeta. “Alle aziende dell’alta moda abbiamo dato un anno di tempo per accettare la sfida e collaborare insieme a Greenpeace e alle comunità locali per invertire la rotta della distruzione e della contaminazione. Il termine scade a Febbraio del 2014. Non c’è tempo da perdere” – conclude Campione. Alcune hanno accettato la sfida, altre no. Ecco i risultati del duello:

classifica moda greenpeace

Roberta Ragni

Riceviamo e pubblichiamo come previsto dal diritto di replica (legge n. 47 del 1948 (art. 8)

Gucci sta dimostrando da molti anni il suo impegno serio e pervasivo verso la sostenibilità e tutela dell’ambiente, attraverso una serie di iniziative concrete, spesso certificate da enti indipendenti, sia a livello di prodotti che di processi. Iniziative che hanno confermato l’azienda come leader indiscusso in tema di sostenibilità all’interno del proprio settore.

Stiamo continuando le nostre attività di ricerca e investimento in innovazioni tecnologiche che permettano di raggiungere i principi in termini di detox e allo stesso tempo continuiamo a collaborare con una varieta’ di stakeholders, tra i quali Greenpeace, per l’eliminazione di sostanze chimiche pericolose nel settore.

Poiché affrontiamo il nostro impegno con Greenpeace in modo molto serio, vogliamo essere certi della fattibilità delle richieste formulate.

Greenpeace è pienamente consapevole delle policy e delle iniziative che Gucci ha intrapreso in modo indipendente e volontario.

Il rapporto tra Gucci e Greenpeace continua a essere collaborativo ed è da considerare come un esempio di relazione costruttiva per l’intero settore“.

LEGGI anche:

L’Alta Moda deve ripulirsi: guanto di sfida a 25 grandi griffe

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook