Perché vogliono uccidere tutti i maiali e i cinghiali della Sfattoria degli Ultimi, (tranne due)?

I maiali e i cinghiali della Sfattoria degli Ultimi rischiano la vita, condannati a morte per il rischio emergenza peste suina africana. Gli animali sono però sani e questo dimostra quanto il provvedimento non trovi alcuna motivazione se non tutelare i profitti degli allevamenti

Un eccidio ingiustificato potrebbe avere luogo a brevissimo nel santuario romano La Sfattoria degli Ultimi, rifugio che accoglie maiali salvati dagli allevamenti intensivi e cinghiali recuperati sul territorio in gravi condizioni. Di recente l’ASL Roma1 ha deciso un provvedimento impositivo di abbattimento dei suoi animali per rischio peste suina africana.

Mentre le principali associazioni animaliste del nostro Paese quali LAV, ENPA e OIPA si sono mosse per vie legali, facendo ricorso al Tar, attivisti e cittadini giunti da ogni parte d’Italia continuano a presidiare il rifugio, senza muoversi dal suo ingresso. Centinaia anche le mail inviate al Commissario straordinario alla peste suina africana Angelo Ferrari.

In questa tristissima vicenda, neppure tanto articolata, sorge spontaneo chiedersi come mai i maiali e i cinghiali devono essere uccisi come disposto dall’ASL? Perché questa strage se tutti gli animali del santuario sono sani e nella struttura sono state rispettate le norme di biosicurezza?

Come è iniziato il tutto

Per comprendere a fondo ciò che sta succedendo dobbiamo tornare indietro al mese di luglio quando il santuario La Sfattoria degli Ultimi è stato oggetto di numerosi controlli da parte dell’azienda sanitaria locale Roma1. Tutti con esito positivo per Paola Francesca Samaritani, fondatrice della Sfattoria degli Ultimi, e per i suoi ospiti.

Da quando è stato confermato il primo caso di peste suina africana tra i suidi in Italia, controlli e abbattimenti nelle zone a rischio sono diventati interventi all’ordine del giorno per giustificare il massacro di maiali e cinghiali selvatici.

Con l’Ordinanza N. 4/2022 del Ministero della Salute che all’articolo 3, comma b, paragrafo II che programma la “macellazione immediata dei suini detenuti all’interno di allevamenti familiari, commerciali della tipologia semibradi e allevamenti misti che detengono suini, cinghiali o loro meticci destinati alla produzione di alimenti”, i santuari italiani pensavano di poter salvare i loro maiali e cinghiali poiché non destinati appunto alla produzione di alimenti di origine animale ma così non è stato.

E da luglio le visite dell’ASL e le minacce si sono fatte sempre più numerose circa l’abbattimento di tutti gli animali della Sfattoria degli Ultimi, fatta eccezione per due.

Perché tutti eccetto due

Il limite di due era stato precedentemente fissato dalla Direzione Generale del Ministero della Salute come numero di suidi da poter accogliere in qualità di animali di affezione, non soggetti alla macellazione preventiva. Tale limite è stato però pensato per i privati e non per i santuari.

Non applicabile a rifugi e centri di recupero animali, decisione che contraddice il passo avanti fatto dal Ministero a febbraio scorso con il riconoscimento di questa nuova categoria di suidi, sempre più riconosciuti come animali familiari, ribadisce la LAV.

Come si legge nel provvedimento dell’ASL, i “capi detenuti” alla Sfattoria degli Ultimi sono (ovviamente) maggiori di 2 e i cinghiali, essendo fauna selvatica, “non rientrano nelle disposizioni per i suini suscettibili di detenzione domestica” e quindi possono essere condannati a morte assieme a tutti gli altri maiali.

Al Governo non interessa affatto l’uccisione degli animali quanto il profitto delle industrie e degli allevamenti italiani e il provvedimento dell’ASL ne parla chiaramente senza peli sulla lingua.

La peste suina africana può avere gravi ripercussioni sulla salute della popolazione dei suini (suini selvatici e suini detenuti) e sulla redditività del settore zootecnico suinicolo, incidendo in modo significativo sulla produttività del settore agricolo a causa di perdite sia dirette che indirette con possibili gravi ripercussioni economiche in relazione al blocco delle movimentazioni delle partire di suini vivi e dei relativi prodotti derivati all’interno dell’Unione e nell’export, si legge nelle diposizioni.

A nessuno importa che i maiali e i cinghiali della Sfattoria degli Ultimi siano sani e non rappresentino attualmente rischi per la peste suina africana. Potrebbero esserlo, incidendo sulla produttività, e quindi meglio farli fuori e al più presto.

Come l’artista Moby Dick ha voluto sottolineare in una sua opera proprio sui muri della Sfattoria degli Ultimi, la vera peste siamo noi umani.

cinghiali roma peste suina

@Moby Dick/Facebook

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