Microchip al gatto: ti spiego perché dovrebbe diventare obbligatorio anche in Italia (come in UK)

Attenzione: scatta l'obbligo di microchip nei gatti nel Regno Unito. Tutti i felini inglesi dovranno essere microchippati, pena multe salate per i proprietari inadempienti. E qui in Italia?

Il microchip è diventato obbligatorio nei gatti, ma nel Regno Unito, non qui da noi. O meglio: qui da noi è obbligatorio in Lombardia, ma non in altre regioni. Anche se diverse associazioni animaliste e la stessa OIPA chiedono da anni a gran voce che il microchip diventi obbligatorio per i gatti così come lo è già per i cani.

Microchip gatti: obbligatorio nel Regno Unito

Partiamo dal Regno Unito: il 10 giugno in Gran Bretagna è entrata in vigore una nuovissima legge che obbliga i proprietari di gatti ad applicare il microchip ai loro amici a quattro zampe. Il microchip andrà inserito prima che il gatto compia 20 settimane di vita, quindi entro i cinque mesi. Il costo sarà di circa 25 sterline per l’inserimento e la registrazione.

Ogni microchip è dotato di un numero di serie univoco che bisognerà registrare in un apposito database. In questo modo, quando viene trovato un micio, ecco che tramite appositi lettori verrà letto il microchip. Da lì si risalirà al proprietario e il gatto potrà tornare a casa sua.

Questa legge, però, si applica solamente ai gatti di proprietà. Non sarà obbligatorio per i gatti che vivono liberi o per quelli che non hanno interazioni con gli esseri umani. Fra di essi figurano i gatti selvatici, i gatti di proprietà e i gatti di comunità.

Il proprietario che non ottempererà a quanto disposto dalle legge potrebbe essere sanzionato con multe salate, fino a 500 sterline.

Perché questa legge? Per un motivo semplice. Considerando che in Gran Bretagna ci sono più di 9 milioni di gatti domestici, ecco che tramite l’introduzione del microchip obbligatorio sarà più facile per i gatti smarriti tornare a casa dai loro proprietari. (LEGGI anche: Vittoria! Il Regno Unito ha finalmente proibito l’esportazione di animali vivi (quando anche in Italia?))

E in Italia?

In Italia, come al solito, siamo indietro in tal senso. In realtà sarebbe auspicabile che, come già fatto in Lombardia, anche in tutte le altre regioni d’Italia diventasse obbligatorio il microchip per i gatti di proprietà.

Questo perché, in tal modo, gatti smarriti potrebbero più facilmente tornare a casa propria. Attualmente, infatti, gattili, rifugi e colonie feline sono piene zeppe di gatti probabilmente di proprietà che non possono tornare a casa perché non si sa chi sia il suo proprietario.

E quest’ultimo magari lo sta cercando, ma non riesce a trovarlo. Succede spesso, infatti, che ci si imbatta in un gatto ferito o che si pensa sia bisognoso d’aiuto. Il benefattore di turno lo preleva e magari lo porta dal suo veterinario, qualche città più in là per farlo curare. Ma poi dove andrà il gatto? Molti benefattori non pensano alla gestione totale della cosa ed ecco che questi gatti finiscono con l’essere ospitati in canili, rifugi, colonie o associazioni feline. Quando magari il suo proprietario lo sta cercando qualche città più in là.

Ecco: se tutti i gatti di proprietà avessero il microchip, molti di loro potrebbero tornare a casa propria, alleggerendo fra l’altro la pressione su canili e rifugi che avrebbero così spazio per i veri gatti randagi.

Come mettere il microchip al gatto?

Il fatto che il microchip per i gatti non sia obbligatorio qui in Italia, non vuol dire che non possiate farlo applicare su base volontaria.

Se volete applicare il microchip al gatto, tutto quello che dovrete fare è recarvi da un veterinario abilitato all’applicazione dei microchip e chiedergli di inserirlo. I requisiti necessari sono:

  • essere maggiorenni
  • essere residenti nella medesima regione del veterinario applicatore

Il costo varia da veterinario a veterinario e da regione a regione, ma di solito parte dai 30 euro in su. Una spesa moderata per avere una garanzia in più di riuscire a ritrovare il proprio gatto se dovesse mai smarrirsi.

E no, il microchip non funziona come un GPS: non è un geolocalizzatore. Dal microchip si risale al nome del proprietario (o meglio: i Servizi Veterinari dell’Asl possono farlo, per una questione collegata alla privacy), ma non possono geolocalizzarvi il gatto. Per quello servono gli appositi collari dotati di GPS.

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