Caccia, piombo oltre i limiti: aperta procedura d’infrazione Ue contro l’Italia (che potrebbe costarci cara)

Ora è ufficiale. L'Ue ha avviato la procedura d’infrazione nei confronti dell'Italia: "autorizzata la caccia di specie di uccelli protetti e violati i limiti sull’uso del piombo nelle munizioni". Cosa rischiamo adesso?

Se c’è una cosa in cui il nostro Paese si sta distinguendo ultimamente è la ricca collezione di bocciature da parte dell’Unione europea. Dopo il blocco della legge che vieta la carne coltivata, è stata ufficializzato l’avvio della procedura d’infrazione contro il nostro Paese per le criticità emerse nell’ambito della caccia.

Ormai era piuttosto prevedibile che sarebbe accaduto, come anticipato da diverse associazioni animaliste che avevano fatto pressioni al nostro Governo per evitare che si arrivasse al provvedimento. Ma a niente sono serviti i vari appelli e adesso ci ritroveremo a pagare per il mancato allineamento alle direttive europee.

Le violazioni dell’Italia

Ieri la Commissione Europea ha messo tutto nero su bianco. Nello specifico ciò che viene contestato è il mancato rispetto della Direttiva Uccelli e il Regolamento REACH relativo all’utilizzo del piombo delle munizioni.

In violazione della Direttiva Uccelli, la legislazione italiana attribuisce alle regioni il potere di autorizzare l’uccisione o la cattura di specie di fauna selvatica, anche in zone in cui è vietata la caccia, come le aree protette, e durante il periodo dell’anno in cui l’attività venatoria non è ammessa – si legge nel procedimento – Inoltre, la legislazione italiana non è conforme a quanto previsto dal Regolamento REACH e successive modifiche sull’uso del piombo nelle munizioni.

In particolare quest’ultimo regolamento prevede dei limiti all’utilizzo dei pallini contenenti piombo all’interno o in prossimità delle zone umide per tutelare gli uccelli acquatici e l’ambiente, oltre che la salute umana. Tali restrizioni sono state raggirate con il decreto congiunto dei ministri Pichetto Fratin e Lollobrigida e il decreto Asset, che di fatto hanno consentito l’attività venatoria anche dove era vietata.

Ancora una volta questo Governo dimostra di non avere a cuore gli animali e l’ambiente e a farne le spese saremo tutti noi. Tutto questo solo perché una certa parte politica vede nei cacciatori un bacino elettorale da cui attingere a piene mani, soddisfacendo ogni loro richiesta e facendo concessioni che mettono a rischio il Paese. – commenta Piera Rosati, presidente dell’associazione LNDC Animal Protection – Mentre loro si divertono, gli animali pagano con la vita e noi cittadini paghiamo sanzioni e vediamo compromessa l’immagine a livello europeo del nostro Paese.

È ora di dire basta a questo strapotere della lobby venatoria. Spero che questa procedura di infrazione insegni qualcosa al nostro Governo.

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A farle eco anche l’OIPA, che sottolinea:

L’intero sistema venatorio italiano, irrispettoso delle direttive europee, è sotto accusa. Occorre che Governo e Parlamento fermino la proposta di legge Bruzzone (Lega), che peggiora le materie contestate, e metta in regola la normativa italiana sulla tutela di uccelli e fauna selvatica. Auspichiamo che i Ministeri vogliano mettere mano alla materia quanto prima. Vanno riviste subito le norme che trasformano l’Italia in un Far West dove i cacciatori possono intervenire sempre e ovunque, anche nei parchi e nelle aree urbane.

Cosa rischia adesso l’Italia

Dall’apertura della procedura , il nostro Paese ha a disposizione due mesi per rispondere alla Commissione e adeguarsi. In caso di conferma di infrazione a seguito dell’iter, l’Italia potrebbe essere condannata a pagare sanzioni salate che andranno a gravare sui conti pubblici già precari, oltre a ledere (per l’ennesima volta) la reputazione della nostra nazione a livello internazionale.

Le multe vengono calcolate dalla Commissione sulla base di tre criteri specifici: la gravità dell’infrazione; la durata dell’infrazione; la necessità di garantire l’efficacia dissuasiva della sanzione. Nel caso italiano, la penalità di mora giornaliera minima è pari a circa 8500 euro.

Nell’arco di un decennio il nostro Paese è stato chiamato a versare oltre 800 milioni di euro a Bruxelles per le numerose violazioni della normativa europea e la maggior parte delle infrazioni a nostro carico, ad esempio quella sulle discariche abusive, riguarda il mancato rispetto dell’ambiente.

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Fonti: Commissione UE/OIPA/LNDC

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