Tutelare gli animali selvatici si può: queste sono le iniziative italiane più virtuose

Grazie a diversi progetti di tutela avviati nell'ultimo decennio la nostra penisola sta tornando a ripopolarsi di esemplari di fauna selvatica, ma c'è ancora tanto da fare per migliorare la convivenza fra uomo e animali come i lupi

Sono sempre di più le minacce con cui oggi deve fare i conti la fauna selvatica a causa dell’uomo. Le attività antropiche stanno inquinando e degradando foreste, oceani, fiumi e laghi, spingendo circa 1 milioni di specie sull’orlo dell’estinzione. Un’altra grande sfida da affontare a livello globale è quella del bracconaggio, che sta minando la sopravvivenza di animali iconici, dagli elefanti africani ai pangolini.

Ma proteggerli si può e si deve. Per fortuna sono diverse le iniziative messe in campo anche nel nostro Paese per tutelare la fauna selvatica. Molte di queste stanno portando a dei risultati incoraggianti sia negli ecosistemi marini, fluviali e lacustri che sulla terraferma, come emerge dal report “Natura Selvatica a rischio in Italia” appena diffuso da Legambiente in vista del World Wildlife Day, che si celebra il 3 marzo.

Scopriamone alcune delle più virtuose che stanno favorendo anche la convivenza fra esseri umani e grandi predatori in varie zone del nostro Paese, che ospita una fauna tra le più ricche d’Europa, con il 10% di specie endemiche.

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Tutela della fauna selvatica: le buone pratiche tutte italiane

In totale sono nove le buone pratiche in campo di tutela della fauna selvatica , risultato della sinergia tra istituzioni e associazioni.

Grifone eurasiatico

Rapace in pericolo critico, il grifone euroasiatico dal 1994 è protagonista di un importante progetto di reintroduzione in Appennino Centrale nell’area del Parco Naturale Regionale Sirente Velino. La popolazione è passata da 34 coppie nidificanti nel 2014 a 64 coppie nel 2022. Dal Velino i grifoni si sono poi stabiliti in altre colonie sui monti circostanti, dal Gran Sasso d’Italia ai Monti Simbruini.

Altri invece compiono spostamenti regolari tra il Massiccio del Pollino e i massicci Abruzzesi, fino al Matese e al massiccio dei Sibillini. Questo uccello è stato reintrodotto con successo anche in Friuli, Sicilia e Calabria, e ciò dimostra che gli interventi di restocking e le reintroduzioni costituiscono spesso efficaci strumenti di conservazione per prevenire l’estinzione o favorire il ritorno della fauna selvatica. Stesso discorso vale, dopo decenni di declino, anche per le popolazioni di avvoltoio europeo (gipeto, e capovaccaio).

Berta Maggiore e Berta Minore

Buone notizie anche per la Berta Maggiore e la Berta Minore. Grazie al progetto Life PonDerat, co-finanziato dall’Unione Europea, che ha implementato un programma di eradicazione del ratto nero (considerata una delle 100 specie invasive più dannose al mondo) nelle isole di Ventotene, Santo Stefano e Palmarola sono tornati i pulcini di berta. In particolare il successo riproduttivo delle berte è passato dal 10% (solo una coppia su dieci riusciva a portare il pulcino all’involo) al 90%. Aumentata anche l’abbondanza di piante e invertebrati grazie all’azioni messe in campo.

La lontra

Rincuorante pure la situazione relativa alla lontra. Questo animale che appartiene alla famiglia dei Mustelidi sta lentamente tornando a colonizzare i fiumi dell’Italia centrale e meridionale e recentemente è stata segnalata anche al nord (nel tarvisiano e lungo il Ticino), sebbene sempre gravemente minacciata dalle modifiche degli habitat fluviali e dalle infrastrutture viarie che hanno negli ultimi anni frammentato il suo ambiente. Molto attiva in tal senso è il WWF, che – attraverso un importante progetto di monitoraggio – ha accertato recentemente il ritorno della lontra anche nel Lazio meridionale, dopo decenni.

I casi emblematici del lupo e dell’orso bruno marsicano

A proposito di fauna selvatica italiana, non possiamo non approfondire il quadro relativo a due specie emblematiche – il lupo e l’orso bruno marsicano – la cui convivenza con l’uomo risulta ancora da migliorare.

Ad oggi si stima in tutta Penisola una presenza di circa 3.300 lupi di cui 950 esemplari concentrati nelle regioni alpine e quasi 2.400 distribuiti lungo il resto della Penisola. Nel 2022, in assenza di un dato ufficiale per la mancanza di una banca dati aggiornata, Legambiente ha realizzato un monitoraggio effettuato online dal quale risulta che, sono morti 111 lupi, di questi 68 per investimento, 14 per bracconaggio, 7 per morte naturale e 22 per morte incerta. Purtroppo negli ultimi tempi gli episodi di abbattimenti di lupi sono diventati piuttosto allarmanti: dall’inizio dell’anno sono stati uccisi, infatti, una quindicina di esemplari.

Invece, per quanto riguarda l’orso bruno marsicano, che si trova esclusivamente in Appennino centrale, si stima una popolazione di oltre 60 esemplari in Appennino Centrale. Le principali cause di mortalità dei paltigradi: bracconaggio, investimenti stradali e ferroviari, avvelenamento, infezioni trasmesse dal bestiame.

Riguardo al contenimento del conflitto tra attività di allevamento e grandi predatori, oggi sono diversi gli strumenti suggeriti e adottati rivolti agli allevatori: i cani da guardia, le recinzioni fisse ed elettrificate, la presenza continua del pastore, i dissuasori acustici e ottici, i procedimenti per i risarcimenti economici gestiti online o esperimenti come il gregge del parco che permette di avere subito disponibile la pecora predata riducendo le perdite aziendali.

La recente vicenda della drammatica morte di Juan Carrito, orso divenuto simbolo dell’Abruzzo e investito per strada, ha riacceso i riflettori sull’importanza della sensibilizzazione dei cittadini sulla convivenza uomo-natura e sulla messa in sicurezza delle infrastrutture, a partire della strada con interventi di “road ecology”.

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Fonti WWF/Legambiente

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