Peste suina: migliaia di cinghiali da abbattere per proteggere il prosciutto DOP

La peste suina africana mette a rischio il settore zootecnico e le esportazioni di prodotti quali il prosciutto. La soluzione? Abbattere i cinghiali per arginare la diffusione dell'infezione virale, che ricordiamo non è trasmissibile all'essere umano

Si ritorna a parlare di peste suina africana in Italia e le azioni pensate per contenere questa una malattia infettiva trasmessa tra suidi continuano molto a far discutere. Migliaia sono già i maiali uccisi nei modi più cruenti nei focolai scoppiati in prossimità degli allevamenti del Paese.

Presi a bastonate, spinti in container e uccisi con il gas per debellare il virus. Quando si riscontra un caso, si fa piazza pulita. L’ordine è eliminare tutto ciò che minaccia la produzione delle eccellenze gastronomiche.

Tra queste vi sono il prosciutto di Parma e di San Daniele, con esportazioni a rischio secondo gli allevatori. La soluzione la conosciamo tutti. Abbattimenti di massa. Si parla di migliaia se non di un milione di cinghiali da eliminare per tutelare il settore produttivo.

Sarebbe proprio questa una delle “Misure a salvaguardia della filiera suinicola e delle connesse esportazioni, in relazione al contrasto della peste suina africana, con particolare riferimento al contenimento della diffusione dei cinghiali”.

Il piano è stato presentato dal ministro per i Rapporti al Parlamento Luca Ciriani al Question time alla Camera dei Deputati dello scorso mercoledì 24 aprile. Si potrebbe richiedere l’intervento dell’Esercito per portare a termine la missione.

Posizione analoga quella della Regione Friuli Venezia Giulia, che starebbe elaborando un piano simile.

Insomma, da nord a sud si ragiona solo in termini di abbattimenti, pratica alla quale la politica ricorre senza distinzioni. Uccidere per eradicare la peste suina è una delle frasi che vengono pronunciate più spesso in materia di “prevenzione”. Ma gli abbattimenti possono essere una soluzione?

Alla domanda hanno risposto innumerevoli volte attivisti per i diritti degli animali, associazioni ed esperti, sostenendo che la peste suina africana è divenuta il pretesto per sterminare i cinghiali.

Già quattro anni fa la LAC, Lega Abolizione Caccia, spiegava che:

Enti non proprio noti per il loro animalismo militante come l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa) dicono che sarebbe una follia affrontare la diffusione della peste suina andando in giro a uccidere cinghiali. Perché semplicemente gli stessi cacciatori diverrebbero un veicolo di infezione trasportando le carcasse (o parti di esse) di animali potenzialmente infetti. La scienza dice che i maiali degli allevamenti non sono in pericolo se non entrano in contatto con altri maiali o con suidi selvatici ammalati”

Ad oggi ne sono stati presi di provvedimenti pro abbattimenti e doppiette, che consentivano pure di portare in tavola i cinghiali cacciati e risultati negativi alla peste suina africana. Passa il tempo, ma l’approccio è invariato. E a pagare sono sempre gli animali.

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Fonte: Camera dei Deputati

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