Siccità: cosa deve fare davvero l’Italia per risolvere la crisi idrica, secondo Sergio Costa

Sì, è la solita cronaca di una morta annunciata, quella per cui si poteva fare e non s’è fatto, complici gli interessi politici e personali e la malagestione dei servizi essenziali. In questo momento siamo al 40-50% di quantità di acqua piovuta in meno rispetto alle medie degli ultimi anni, e fino al 70% di neve in meno. E il Po ha una portata fino all’80% in meno

Come si è arrivati a questo punto? La risposta potrebbe essere molto semplice pur nella sua drammaticità, ma non è l’unica: non piove da sei mesi e le temperature sono al di sopra della media. A tutto ciò si aggiunge tutta una serie di cause di cui noi siamo direttamente responsabili (non che non lo siamo anche della crisi climatica in generale) per cui in Italia non si è mai fatto abbastanza per preservare la disponibilità dell’acqua: troppi sprechi a causa di una rete idrica colabrodo, elevati tassi di inquinamento, devastazione delle zone umide e dei fiumi e la gestione inadeguata delle infrastrutture.

Si parla di siccità adesso, ma in realtà questo è un problema che ci affligge da mesi se non da anni. Se vogliamo rimanere nel solo 2022 in Italia, già a febbraio-marzo, dopo un inverno sostanzialmente privo di piogge e già con temperature più elevate, si parlava di un Po e di un Dorea Baltea quasi completamente a secco.

Nel PNRR il Governo ha deciso di investire solo 900 milioni di euro per sostituire le condutture idriche fatiscenti, che causano la perdita del 40% dell’acqua. Ed è proprio questo il punto, noi soffriamo di una cattivissima gestione delle infrastrutture e la quasi totalità delle perdite – 3,4 miliardi di metri cubi – è dovuta al cattivo stato delle infrastrutture. Il paradosso, insomma, è che siamo ricchi d’acqua, ma siamo poveri d’infrastrutture idriche.

  • in primo luogo, l’acqua viene dispersa in una rete di distribuzione colabrodo: per ogni 100 litri immessi nella rete di distribuzione 42 si perdono e non arrivano ai rubinetti delle case. Secondo i dati diffusi dall’Istat quest’anno, nel 2020 sono stati persi in media 41 metri cubi di acqua al giorno per chilometro di rete, che corrispondono al 36,2 per cento di tutta l’acqua immessa nel sistema.
    L’Italia – che spende ogni anno circa 3 miliardi di euro per danni collegati alla siccità – è al terz’ultimo posto in Europa per spesa di investimento nel settore idrico (40euro/per abitante, contro una media europea di 100euro/abitante)
  • tutto ciò si traduce nel fatto che qui da noi cadono sì oltre 1.000 mm di pioggia all’anno che danno 300 miliardi di m3 di acqua. Quasi il 50% di questi si perde per evapotraspirazione, circa 110 miliardi rimangono a disposizione della natura e non sono intercettabili, mentre 53 miliardi sono realmente utilizzabili dall’uomo. Di questi l’Italia ne utilizza 5,8 miliardi (il 12% circa). Il resto, purtroppo, va tutto perduto.

Cosa deve fare lo Stato?

Riadeguare la rete idrica innanzitutto. Al momento, sono 15 i miliardi di euro stanziati dal Pnr, finanziato con risorse europee, per la “tutela del territorio e la risorsa idrica“. Questi includono 8,5 miliardi di euro per “prevenire e contrastare” gli effetti dei cambiamenti climatici sui territori vulnerabili e sui fenomeni di dissesto idrogeologico, e 4,4 miliardi di euro per “garantire la gestione sostenibile delle risorse idriche”, migliorando anche la qualità delle acque. Altri 900 milioni di euro, come dicevamo, saranno utilizzati per ridurre le perdite nelle reti di distribuzione dell’acqua.

Ma una risposta secca e concreta la dà Sergio Costa, il nostro amato ex Ministro dell’ambiente, che in un lungo post sui social snocciola tutto ciò che le istituzioni dovrebbero fare:

Per risolvere la questione idrica l’Italia ha necessità, complessivamente, di circa 2.000 invasi idrici di piccole e medie dimensioni in terra battuta e inerbiti. Di questi invasi sappiamo che:
  • 90 hanno bisogno di opera di manutenzione straordinaria causa interrimento da detriti
  • 16, per quasi 100mila m3 di acqua, sono nella fase esecutiva
  • 23, per ulteriori 270mila m3 di acqua, sono nella fase definitiva, ma non ancora cantierabile
  • 220 nuovi progetti sono cantierabili
  • 1700 circa sono solo studi di fattibilità

Per risolvere definitivamente la questione – continua Costa – occorrono 4,5 miliardi di euro che io, da ministro, avevo inserito in parte nel primo PNRR e in parte nel bilancio del Ministero. Ora i fondi sono scesi a 2,8 miliardi.

In Italia l’acqua ci sta e, malgrado i mutamenti climatici, ce ne sta a sufficienza per tutti. Investire sull’acqua pubblica offre oltre 20mila nuovi posti di lavoro per la costruzione degli invasi (cantieri verdi) e 15.000 per la manutenzione delle condutture (green jobs).

Cosa possiamo fare noi?

Le parole d’ordine per uscire dalla crisi idrica e prevenirne altre in futuro sono:

  • rinaturalizzare: salvaguardare la natura, rigenerare le zone umide e proteggere il suolo
  • ripianificare: restituire la centralità alle Autorità di Bacino perché ci sia una regia unica che programmi gli usi dell’acqua e rivedere le concessioni idriche (dando priorità all’uso agricolo e potabile, senza sprecarla ad esempio negli impianti di neve artificiale)
  • dire no agli sprechi: nel nostro piccolo, ognuno di noi può fare la sua parte per ridurre il consumo di acqua. Qualche esempio? Attivare la lavastoviglie e lavatrice solo a pieno carico o installare nel wc uno sciacquone intelligente con lo scarico a doppio flusso. Per altri consigli per limitare gli sprechi di acqua leggi anche: Emergenza siccità: queste sono le azioni più semplici che puoi compiere in casa per non sprecare acqua

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Fonte: Sergio Costa/Facebook

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