Come migliaia di cartucce per stampanti stanno vagando nell’oceano da 7 anni, finendo nelle spiagge di mezza Europa

Un container di nave perso nel Nord dell’Atlantico si è trasformato in un esercito di cartucce che galleggiano dalla Florida alla Norvegia

Un container di nave perso in mare nel Nord dell’Atlantico si è trasformato in un esercito di cartucce per stampanti che galleggiano ovunque dalla costa della Florida fino alla Norvegia, secondo un nuovo studio. Risulta anche che le cartucce si siano deteriorate fino a formare microplastiche contaminate con metalli quali ferro, titanio e rame.

Il ritrovamento di migliaia di cartucce per stampanti ritrovate in mare, dall’Oceano Atlantico fino al Nord Europa, è stato accompagnato da attestazioni fotografiche sui social media che pongono sotto i riflettori, una volta di più, l’urgente questione della salvaguardia dell’ambiente dalla minaccia delle microplastiche. Si ipotizza che lo sversamento in mare sia avvenuto a 1.500 km a est di New York nel gennaio del 2014, con le prime cartucce rinvenute sulle spiagge delle Azzorre nel settembre dello stesso anno. Da allora, più di 1.500 pezzi sono stati rinvenuti e riportati sui social media – le quantità maggiori lungo le coste del Regno Unito e dell’Irlanda, ma anche molto più a sud (Capo Verde e i confini del Circolo Polare Artico).

La mappa mostra la dispersione delle cartucce (Credit: sciencedirect.com)

Lo studio è stato condotto dall’università di Plymouth e dal Lost at Sea Project. Sono stati combinati dati sugli avvistamenti e modelli oceanografici per segnalare i punti esatti dei ritrovamenti delle cartucce. Il periodo dei primi ritrovamenti suggerisce che le cartucce hanno viaggiato a una velocità che va dai 6 ai 13 cm al secondo – a dimostrazione di quanto possano disperdersi velocemente gli oggetti in mare aperto. Inoltre, attraverso indagini al microscopio, si è osservato un progressivo deterioramento della superficie esterna delle cartucce, divenuta con il tempo gessosa e sgretolabile. Questo ha provocato la formazione di microplastiche ricche di titanio, il principale elemento dell’inchiostro per le comuni stampanti. In alcuni casi si è evidenziata la presenza di un chip elettronico contenente rame e oro.

Andrew Turner, professore presso l’università di Plymouth e autore dello studio, dichiara: “Le perdite di carichi non sono comuni, ma le stime suggeriscono che possano esserci ogni anno migliaia di containers dispersi in mare. Nell’immediato possono provocare danni ai fondali marini, ma nel lungo periodo possono avere un impatto sia nel luogo dello sversamento sia molto più lontano – come dimostra lo studio. Questa ricerca dimostra ancora una volta come la plastica non progettata per essere dispersa nell’ambiente possa distruggersi e diventare fonte di microplastiche altamente dannose.”

Fonte: University of Plymouth / Science Direct

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