Le bottiglie di plastica riciclata rilasciano molte più sostanze chimiche pericolose rispetto a quelle in PET vergine: lo studio

Bere dalle bottiglie in plastica riciclata è potenzialmente nocivo per la nostra salute. Un recente studio ha confermato il PET che ha subito il processo di riciclaggio rilascia più contaminanti nelle bevande rispetto a quello "vergine".

Riciclare è fondamentale per ridurre l‘inquinamento, sfruttare meno risorse naturali e materie prime e tanti altri motivi ormai abbastanza noti. Ma quando si parla di bottiglie di plastica il discorso si complica perché il loro utilizzo può diventare potenzialmente pericoloso per la salute umana. A confermarlo è un recente studio condotto dall’Università Brunel di Londra, dal quale è emerso che il PET riciclato rilascia troppe sostanze chimiche rispetto a quello vergine.

E in alcuni casi questi contaminanti superano i livelli di sicurezza imposti dalle norme internazionali. Un problema che non possiamo sottovalutare, visto che si investe sempre di più nel riciclaggio della plastica.

I dettagli dello studio

Il team di ricercatori, che ha appena pubblicato la ricerca su Journal of Hazardous Materials, ha dimostrato che 150 sostanze chimiche (tra cui l’antimonio, l’acetaldeide e altre riconosciute come interferenti endocrini) su 193 sono in grado di filtrare nelle bevande contenute nelle bottiglie riciclate analizzate. E 18 di queste presentano livelli superiori a quelli previsti dalle normative.

“Le bevande imbottigliate utilizzando il polietilene tereftalato (PET) riciclato possono contenere concentrazioni più elevate di contaminanti rispetto a quelle contenute nel PET vergine, suggerendo che i problemi con il processo di riciclaggio potrebbero portare alla contaminazione delle bibite.” spiegano gli esperti.

Ma da dove provengono tutti questi contaminanti che possono rappresentare un rischio per la salute umana? I fattori che contribuiscono sono davvero tanti e riguardano diverse fasi della “vita” di una bottiglia. Ad influire sono anche il calore e l’umidità ai quali sono esposte le bottiglie di plastica.

“Abbiamo scoperto che queste sostanze chimiche possono provenire da varie fonti, come i catalizzatori e gli additivi utilizzati durante la produzione, il riciclaggio del PET e nel ciclo di vita di una bottiglia” ha chiarito la dottoressa Eleni Iacovidou, docente presso l’Università Brunel e co-autrice dello studio.

Come far fronte al problema e rendere le bottiglie più sicure

Per ridurre il numero di sostanze chimiche presenti nelle bottiglie di plastica riciclate lo studio suggerisce di usare una tecnologia nota come processo di “super pulizia”, ​​che prevede tre fasi per pulire la plastica prima di riciclarla: un lavaggio ad alta temperatura, un lavaggio a gas e infine uno chimico.

“Investendo in nuove tecnologie di super pulizia, possiamo massimizzare la probabilità di decontaminare il PET riciclato a livelli simili al PET vergine” sottolinea la professoressa Iacovidou.

Ma la vera soluzione è rappresentata piuttosto da una riduzione drastica dell’utilizzo di PET e della plastica in generale.

Abbiamo tutti una responsabilità da assumerci. – commenta Iacovidou – Dobbiamo iniziare a pensare a come prevenire l’uso delle bottiglie in PET nelle nostre famiglie investendo, ad esempio, in filtri per l’acqua o grandi contenitori per l’acqua e imparando a smaltire correttamente i nostri rifiuti di plastica. Se riduciamo il nostro consumo di PET, il sistema cambierà. In primo luogo, meno domanda equivale a meno produzione.

Meglio optare quindi per l’acqua nelle bottiglie di vetro e ridurre al minimo l’uso della plastica (compresa quella riciclata) non soltanto per l’ambiente, ma per tutelare la nostra salute.

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Fonti: Journal of Hazardous Materials/University of Brunel 

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