Questi 5 Paesi asiatici sono stati accusati per anni di aver inquinato il mare più di tutti, ma il rapporto era falso (le conseguenze no)

Un gruppo di difesa ambientale aveva citato 5 Paesi poveri come i principali inquinatori di plastica negli oceani del mondo. Ora ritratta ammettendo di aver completamente ignorato le esportazioni di rifiuti di plastica dai Paesi ricchi

Una “falsa narrativa” che aveva attribuito la maggior parte dei rifiuti di plastica a cinque stati asiatici: sarebbe quella alla base di un report che una ONG di base americana aveva diffuso nel 2015.

Si trattava di Stemming the Tide, il rapporto del gruppo di difesa ambientale Ocean Conservancy, che si basava su un documento pubblicato su Science nel febbraio 2015 (che stimava per la prima volta quanta plastica è entrata nell’oceano da rifiuti gestiti in modo errato sulla terraferma) e che accusava ben cinque Paesi asiatici della maggior parte dell’inquinamento da plastica negli oceani e che includeva anche l’incenerimento e la termovalorizzazione come “soluzioni” alla crisi ecologica.

https://www.greenme.it/ambiente/pacific-garbage-patch-da-dove-provengono-rifiuti-isola-plastica/

Una volta pubblicato nel 2015, quel rapporto fu denunciato come “colonialismo dei rifiuti” da centinaia di gruppi ambientalisti, sanitari e di giustizia sociale in tutta l’Asia.

E ora il “watchdog” si è  scusato pubblicamente per aver “creato una narrativa ingiusta” su chi è responsabile della produzione di rifiuti di plastica e ha rimosso il rapporto dal suo sito web.

Abbiamo studiato e incluso l’incenerimento e la termovalorizzazione come soluzioni accettabili alla crisi della plastica negli oceani, il che era sbagliato. Non siamo riusciti ad affrontare le cause profonde dei rifiuti di plastica né a incorporare gli effetti sulle comunità e sulle ONG che lavorano sul campo nei luoghi più colpiti dall’inquinamento da plastica. Non abbiamo considerato come queste tecnologie supportino la domanda continua di produzione di plastica e ostacolino il passaggio a un’economia circolare e a un futuro a zero emissioni di carbonio, scrivono.

Inoltre, concentrandoci così strettamente su una regione del mondo (Asia orientale e sud-orientale), abbiamo creato una narrazione su chi è responsabile della crisi dell’inquinamento da plastica negli oceani, che non ha riconosciuto il ruolo smisurato che i paesi sviluppati, in particolare gli Stati Uniti , hanno giocato e continuano a giocare nella generazione ed esportazione di rifiuti di plastica in questa stessa regione. Anche questo era sbagliato.

Le sue scuse sono state accolte come “attese da tempo” da Gaia, un’alleanza di 800 gruppi di riduzione dei rifiuti in 90 Paesi, e da Break Free From Plastic, un movimento globale di oltre 2.000 organizzazioni.

Il rapporto non solo ha erroneamente incolpato cinque Paesi – Filippine, Cina, Indonesia, Vietnam e Thailandia – per la maggior parte dell’inquinamento da plastica, ma ha indotto in errore, per anni, i governi e il pubblico a pensare che bruciare i rifiuti di plastica fosse una soluzione per il problema, ha detto Froilan Grate, coordinatore di Gaia.

Quel rapporto, insomma, ha causato anni di danni, ignorando sostanzialmente il ruolo dei Paesi del nord del mondo per la sovrapproduzione di plastica e per l’esportazione di rifiuti nei Paesi in via di sviluppo sotto forma di commercio.

Perché la volete sapere la chicca? Quel rapporto era stato scritto dalla società di consulenza McKinsey, con un gruppo direttivo che includeva sì  il WWF, ma anche la Coca-Cola Company, la Dow Chemical e l’American Chemistry Council.

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Fonte: Ocean Conservancy

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