Le renne rischiano l’estinzione per colpa dei cambiamenti climatici

Le renne, da sempre uno degli animali simbolo del Natale, figurano tra le specie animali a maggior rischio di estinzione. A metterle in pericolo sono soprattutto i cambiamenti climatici, ma anche il comportamento dell’uomo e gli scarsi ed inadeguati interventi mossi a favore della loro tutela in tutte quelle parti del mondo che dovrebbero costituire il loro habitat naturale.

Le renne, da sempre uno degli animali simbolo del Natale, figurano tra le specie animali a maggior rischio di estinzione. A metterle in pericolo sono soprattutto i cambiamenti climatici, ma anche il comportamento dell’uomo e gli scarsi ed inadeguati interventi mossi a favore della loro tutela in tutte quelle parti del mondo che dovrebbero costituire il loro habitat naturale.

L’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) ha reso nota la notizia pochi giorni prima del Natale. Dai dati raccolti dagli esperti dell’associazione è emerso come la popolazione di renne nel Nord America, e non solo, sia attualmente in rapido declino. Nello stato dell’Ontario la popolazione delle renne si è dimezzata del 50%, mentre nella Columbia Britannica e nel Canada Occidentale, ai confini con il Montana, si sono registrati cali della loro presenza stimati tra il 40% ed il 60%, dovuti ad una riduzione, per mano dell’uomo, della superficie delle foreste che da sempre ne costituiscono l’habitat ideale.

Ulteriori dati allarmanti in proposito vengono riportati da Survival International, secondo cui il branco di renne più popoloso del mondo si sarebbe ridotto negli ultimi quarant’anni del 90% ed oltre a causa dell’antropizzazione sconsiderata attuata nelle province canadesi del Labrador e del Quebec, dove la costruzione di strade, le battute di caccia, gli allagamenti provocati dalla presenza di impianti idroelettrici ed il progressivo sfruttamento del territorio, messo a dura prova dalle sempre più estese aree di estrazione mineraria del ferro, avrebbero ridotto considerevolmente le loro possibilità di sopravvivenza. I capi del branco, stanziato lungo il George River, si sono ridotti, nel corso degli ultimi decenni, da circa 900 mila a soli 74 mila.

A rendersi conto per prime della gravità della situazione, sono state le popolazioni autoctone del Canada Centro Orientale, Innu e Cree, che ora chiedono di poter prendere parte attiva alle decisioni in merito alle auspicabili azioni di salvaguardia della vegetazione e della fauna delle loro terre native, consci di come la mano dell’uomo possa mettere a repentaglio la vita di ogni essere vivente considerato inferiore, ma che costituisce in realtà un tassello insostituibile dell’ecosistema di cui anche la specie umana è parte integrante. Un primo passo è stato compiuto dal Canada grazie ad un intervento da parte delle autorità, che ha sancito la riduzione della stagione della caccia, nella zona che interessa la presenza del branco del George River, da otto a tre mesi (20 dicembre 2011 – 20 marzo 2012).

Mentre in Canada è il Governo stesso ad occuparsi di porre in essere le azioni necessarie alla salvaguardia delle renne, in Europa la loro presenza è tutelata ufficialmente dalla Convenzione di Berna per la conservazione della flora e della fauna selvatica e dei loro habitat naturali. Nonostante ciò, secondo quanto riportato da IUCN, la presenza delle renne in territorio europeo sarebbe minacciata dai cacciatori di frodo, in Russia, dalla diminuzione della superficie del loro habitat naturale – la tundra – a causa dei cambiamenti climatici, in Lapponia (Finlandia) e dalla attività legate ad alcuni sport invernali, in Norvegia. Alla luce di ciò, maggiori interventi volti al monitoraggio della situazione attuale ed alla tutela della specie necessitano di essere posti in essere in ciascuna delle zone del pianeta in cui si registri – ancora – la presenza di renne.

Marta Albè

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