I bitcoin consumano più elettricità di tutta la Svezia, ma potrebbero ridurre le emissioni modificando il codice

Attivisti e ONG globali si sono espressi duramente contro la criptovaluta Bitcoin che costituisce un investimento in un vero e proprio pericolo ambientale, ma ridurre l'impatto di questo sistema di pagamento potrebbe essere possibile e vi spieghiamo come

Si parla ormai quotidianamente di criptovalute come Ethereum, Tether e Bitcoin, un trend in forte crescita, ma che desta non poche preoccupazioni per il nostro Pianeta, essendo in particolar modo l’impatto di quest’ultimo sull’ecosistema agghiacciante e non parliamo solamente dei rifiuti elettronici prodotti da questa moneta virtuale, ma dell’enorme quantità di energia per estrarla.

Uno degli aspetti più controversi di questa criptovaluta è la sua impronta ecologica. Secondo i dati forniti dall’University of Cambridge i Bitcoin consumano più energia di quanto l’intera Svezia, ma c’è dell’altro. Sembra infatti che non troppo tempo fa moltissimi miners (coloro che “estraggono” le criptovalute e le validano mettendo a disposizione della rete la potenza di calcolo del proprio computer) abbiano acquistato ed utilizzato impianti di combustibili fossili per alimentare le loro transazioni, arricchendo le proprie tasche a discapito del Pianeta e di tutti noi.

Ci sarebbe però una soluzione per ridurre le emissioni e proteggere la Terra che paga il prezzo maggiore di questa tecnologia virtuale: cambiare il codice, impedendo che l’impatto devastante delle criptovalute cambi il Pianeta. Greenpeace, Environmental Working Group e altre organizzazioni per l’ambiente hanno lanciato la campagna “Change the code, Not the Climate” per mettere pressione sui colossi del mercato.

bitcoin campagna

@cleanupbitcoin.com

Ethereum di Vitalik Buterin, rivale di Bitcoin, aveva infatti già affermato che il passaggio dal codice proof of work al proof of stake avrebbe garantito di consumare il 99,95% di energia in meno , compiendo questo importante passo per un sistema a basso consumo energetico. Ma per il Bitcoin la strada appare ancora lontana anche perché i programmatori di questa criptovaluta non sembrano interessati a voler cambiare regime.

Le transazioni a basse emissioni sono e devono essere il futuro anche perché se si fa tanto per accendere i riflettori sulla crisi climatica, sulla devastazione degli habitat, sull’estinzione di migliaia di specie viventi e sui danni che l’essere umano apporta alla natura, allora dobbiamo anche ricordarci che se adoperiamo il Bitcoin come nostra criptovaluta, la temperatura globale aumenterà di 2° C in tre decadi, come già denunciato da uno studio del 2018 pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature.

Quindi ricapitolando:

  • i Bitcoin consumano più energia di tutta la Svezia;
  • potrebbero contenere da soli l’aumento di 2° delle temperature globali;
  • ridurre il consumo energetico ed il catastrofico impatto ambientale è possibile con un cambio di codice, ma Bitcoin appare molto restio al cambiamento.

Cosa fare allora? Far sentire la propria voce, firmando la petizione QUI sul sito dell’iniziativa lanciata da Greenpeace, sollecitando chi ha il potere di cambiare le cose e agire immediatamente per porre un freno all’attività inquinante di Bitcoin.

Fonte: Change the code, Not the Climate

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