Fukushima, il mercato del pesce è ko: per questo (forse) la Cina controllerà il rilascio dell’acqua radioattiva

Secondo fonti giapponesi, i governi nipponico e cinese intendono tenere discussioni riguardo allo scarico nell’oceano delle acque reflue radioattive trattate. Dietro ci sarebbero le intenzioni di Tokio di sbloccare definitivamente le importazioni di pesce

A pochi mesi dall’inizio delle operazioni di sversamento dell’acqua trattata proveniente dalla centrale nucleare di Fukushima, sembra che Tokio sia stia mostrando disposta a coinvolgere Pechino nei controlli e il motivo è presto detto: il tentativo di revocare il divieto di importazione dei prodotti ittici giapponesi in Cina.

Una notizia che arriverebbe da fonti governative, dopo che il primo ministro Fumio Kishida e il presidente cinese Xi Jinping hanno concordato di tenere colloqui a livello di esperti in un vertice tenutosi a novembre.

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Di fatto, sembrerebbe che il governo giapponese stia valutando la possibilità di far partecipare ai colloqui funzionari specializzati nel trattamento dell’acqua contaminata dei ministeri e delle agenzie competenti, come la segreteria dell’Autorità di regolamentazione nucleare, il Ministero degli Esteri e il Ministero dell’Industria.

La posizione del Giappone si basa sull’indipendenza dell’agenzia Onu della Iaea, messa in dubbio dalla Russia ma anche dalla stessa Cina in merito alle centrali nucleari coinvolte nella guerra in Ucraina e riguardo all’accordo nucleare iraniano fatto saltare dell’embargo dichiarato dagli Stati Uniti e messo in atto anche dagli altri Paesi occidentali.

Secondo le fonti governative giapponesi, l’ordine del giorno dei colloqui con i cinesi dovrebbe includere anche le modalità per condurre il monitoraggio con il coinvolgimento della Cina.

Resta fermo il fatto che la decisione del Giappone di procedere al rilascio nell’oceano aveva sollevato un grosso polverone nei Paesi vicini, Cina e Hong Kong compresi, ma anche da parte del mondo degli ambientalisti; il piano giapponese è stato aspramente criticato da Greenpace, che si è detta indignata dal momento che la decisione non tiene conto risoluzione 48/13 del Consiglio per i diritti umani, che nel 2021 ha sancito il diritto ad avere un ambiente pulito, sano e sostenibile.

Invece di impegnarsi in un dibattito onesto, il governo giapponese ha optato per una falsa soluzione – decenni di deliberato inquinamento radioattivo dell’ambiente marino – in un periodo in cui gli oceani del mondo stanno già affrontando stress e pressioni immensi. Questo è un oltraggio che viola i diritti umani delle persone e delle comunità di Fukushima e di altre prefetture vicine e della più ampia regione dell’Asia-Pacifico. ha sottolineato Shaun Burnie, specialista nucleare senior di Greenpeace East Asia.

Intanto, però, sembra un mercato e un giro d’affari da riprendere l’unica preoccupazione.

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