Vi spieghiamo perché il prezzo del pellet è schizzato (anche in estate)

Il prezzo del gas non si ferma, quindi aumenta la richiesta di pellet. Purtroppo però, a fronte dell’aumento della domanda e della crisi internazionale, i costi sono più che raddoppiati anche per questa biomassa. Una spirale da cui il nostro Paese sembra proprio non uscire. Abbiamo chiesto all’Associazione Italiana Energie Agroforestali (AIEL) maggiori dettagli e abbiamo scoperto che – quasi incredibile a dirsi – l’Italia dipende da altri Paesi anche per l’approvvigionamento di legno

Dipendiamo da altri Paesi anche per l’approvvigionamento di legno e questo comporta l’impennata di prezzi persino del pellet, una biomassa da molti presa in considerazione per far fronte all’aumento dei costi del gas. Non se ne esce, a quanto pare: la crisi internazionale sta travolgendo il nostro Paese (e molti altri Paesi europei).

Il pellet è un combustibile ricavato dal legno vergine, talvolta partendo da scarti di lavorazione, che, come stabilisce la norma UNI CEN/TS 14588, è

un biocombustibile addensato generalmente in forma cilindrica, di lunghezza casuale tipicamente tra 5mm e 30mm, e con estremità rotte, prodotto da biomassa polverizzata con o senza additivi di pressatura

Il materiale è poi regolamentato dalla norma UNI EN ISO 17225 per quanto riguarda le specifiche e la classificazione per uso industriale e non.

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A differenza delle classiche stufe a legna, quelle a pellet consumano meno ma, purtroppo, non è più vero che il materiale è molto economico: il prezzo del pellet, infatti, è letteralmente schizzato.

Abbiamo intervistato gli esperti dell’Associazione Italiana Energie Agroforestali (AIEL), per capire perché questa biomassa non è più una risorsa così economica.

Perché i prezzi appaiono decisamente aumentati rispetto al recente passato?

La crisi energetica è un fattore?

L’Italia è particolarmente dipendente dalle importazioni di pellet, che prevalgono rispetto alla produzione nazionale. Il mercato italiano è quindi esposto alle incertezze e alle dinamiche dei mercati internazionali, che sono alla base delle condizioni di mercato attuali, caratterizzate da rincari di prezzo e incertezze sulle forniture

Come per il gas e altre materie prime, anche non energetiche, il nostro Paese è quindi letteralmente in balìa delle tempeste internazionali, l’ultima delle quali, la guerra in Ucraina, ci sta davvero travolgendo,  ove i protagonisti della tragedia sono produttori di materiali indispensabili per la sopravvivenza e la crescita economica.

Tra i principali fattori di questa dinamica di prezzo possiamo sicuramente citare l’invasione russa in Ucraina, che ha portato ad escludere dal mercato almeno il 10% del materiale complessivamente commercializzato in Italia negli anni precedenti, la competizione delle grandi centrali a biomasse nord-europee che hanno fatto incetta di pellet, a discapito del segmento di prodotto premium comunemente utilizzato per il riscaldamento domestico

Un “cane che si morde la coda”, ma con un andamento molto più complicato da tracciare: la crisi internazionale ha infatti fatto schizzare i prezzi del gas (ma anche del petrolio e di altre materie prime non energetiche), per correre ai ripari nei conti domestici aumenta vertiginosamente la domanda di un’altra risorsa, la quale subisce quindi la famigerata legge di mercato “aumenta la richiesta, aumenta il prezzo”, per poi scoprire che, comunque, anche di questa risorsa siamo dipendenti da altri Paesi.

A queste cause si aggiunge l’aumento della domanda di pellet, legato all’andamento del mercato e ulteriormente favorito anche dall’impennata dei prezzi del gas e una minore produzione di pellet abbinata all’aumento dei costi di produzione – spiega infatti l’associazione – Non possiamo infine dimenticare i problemi logistici provocati dalla pandemia che ancora affliggono l’economia e il commercio mondiale

La soluzione?

Una soluzione unica non esiste perché, nonostante a volte una parte della politica tenti di farci credere, non esiste una soluzione facile a un problema complesso. Ma comunque delle vie possono essere intraprese, se si ha coscienza e volontà.

Nonostante questa situazione internazionale e la sopracitata dipendenza dagli approvvigionamenti esteri, purtroppo nel nostro Paese non si sfruttano le potenzialità della wood economy secondo il principio dell’utilizzo a cascata del legno. Nel suo Libro Verde dell’Energia dal Legno AIEL propone di sostenere la nascita e il consolidamento di nuove imprese forestali e di piattaforme logistico-commerciali a scala regionale. E ancora, favorire investimenti da parte delle industrie di prima lavorazione del legno finalizzati alla realizzazione di impianti di produzione di pellet

Per ora, nulla (o molto poco) di tutto ciò sta avvenendo.

Al contrario, l’Italia resta da anni uno dei Paesi europei con i più bassi tassi di prelievo forestale, a causa di problemi strutturali che gravano da tanti anni sul settore. L’aumento della produzione nazionale di biomasse legnose e, in generale, il sostegno alla selvicoltura attiva e sostenibile, offrirebbero parziale respiro al mercato, oltre a portare notevoli benefici sociali e ambientali, nonchè economici e industriali, sul territorio

Un triste film già visto, riproposto sul legno.

AIEL è invece convinta che sia assolutamente auspicabile uno sviluppo complessivo e armonioso del settore che porti ad una migliore valorizzazione della risorsa legnosa locale. Il calore del legno offre infatti una soluzione matura, sicura, praticabile ed economica al problema della decarbonizzazione e può contribuire in modo decisivo a realizzare una transizione energetica socialmente equa ed efficiente in termini di costi verso un’economia climaticamente neutra entro il 2050, all’interno di un mix energetico intelligente capace di sfruttare al meglio le caratteristiche di ogni tecnologia

Sempre che il tutto avvenga nel rispetto dell’equilibrio delle risorse che Madre Natura ci offre.

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