Amore tossico? Le rose di San Valentino non sono tutte uguali (alcune sono più etiche)

Più di un italiano su due regala rose e altri fiori per San Valentino, ma troppo spesso sono frutto di sfruttamento e di un utilizzo insostenibile di pesticidi. Come scegliere prodotti più sicuri e non insanguinati? 

Altro che profumo d’amore e passione: dietro gran parte delle rose che compriamo o riceviamo a San Valentino si celano storie di sfruttamento, spesso anche minorile. Provengono, infatti, dall’Africa o da Paesi del Sud America come l’Ecuador e la Colombia, dove il rispetto dei lavoratori resta un’utopia, come denunciato da diverse inchieste.

Ma non solo. Solitamente rose, girasoli e tulipani vengono trattati con pesticidi pericolosi per l’ambiente, gli insetti impollinatori e per la nostra salute. Acquistarli significa, quindil, essere indirettamente complici di pratiche che danneggiano il Pianeta e calpestano i diritti umani.

La soluzione è dunque abbandonare l’idea di regalare un bel bouquet alla persona amata? Non per forza. Basta avere un po’ più di consapevolezza sui prodotti che si acquistano, in particolare sulla loro provenienza. Per fortuna esistono diverse realtà che si impegnano per ridurre l’impatto ambientale.

Molte di queste si trovano in Kenya, da cui arriva fino al 70% dei fiori che importiamo in Europa. Una serie di studi ha dimostrato che quelli coltivati in questo Paese africano e spediti nel Regno Unito per via aerea hanno un’impronta di carbonio minore rispetto ai fiori cresciuti in Olanda.

In tutto il Kenya circa 50 organizzazioni di produttori di fiori e piante che hanno ottenuto la certificazione Fairtrade e che quindi rispettano i requisiti sul commercio equo e sostenibile.

Leggi anche: Rose al profumo di sfruttamento: il vero costo dei fiori di San Valentino

L’impegno delle serre keniote a favore della sostenibilità

Fra le realtà keniote che si distinguono in questo settore troviamo Finlays e Oserian Flowers. Nel giro di circa quattro anni, la prima azienda è riuscita a ridurre del 50% l’energia impiegata per coltivare i fiori e sempre del 50% le emissioni di anidride carbonica; per riuscirci ha optato per l’uso di fonti rinnovabili come il fotovoltaico, migliorando i sistemi di irrigazione e sfruttando l’acqua piovana raccolta dai tetti.

Un altro caso virtuoso è rappresentato da Oserian Flowers, la più grande impresa del Kenya che coltiva ed esporta rose (ma anche garofani e altri fiori) in diversi Paesi del mondo, dall’Europa al Giappone. L’azienda, che sostiene i lavoratori anche con borse di studio per combattere l’analfabetismo, impiega la tecnologia idroponica in modo da evitare di sfruttare suolo e sprecare acqua e ha ridotto l’utilizzo di pesticidi, abbracciando metodi più naturali per combattere i parassiti.

Inoltre, Oserian gestisce il più grande progetto al mondo di serra riscaldata con sistema geotermico per tagliare le emissioni di carbonio e controllare la temperatura.

Non mancano anche in Italia le aziende che hanno abbracciato delle tecniche di coltivazione più sostenibili per il Pianeta. A tal proposito, citiamo a titolo di esempio la rete Slowflowers Italy, che riunisce coltivatori, fioristi e floral disegner che vogliono promuovere una floricoltura più ecocompatibile ed etica.

Il nostro consiglio è quello di favorire sempre i piccoli coltivatori, di informarsi bene prima di acquistare. In alternativa, invece di regalare fiori recisi, potete sempre optare per una bella piantina da far crescere in casa o in terrazzo. Più amore di così!

Non vuoi perdere le nostre notizie?

Leggi anche:

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook