Gli scienziati hanno osservato per la prima volta un buco nero con il “singhiozzo”

Anche i buchi neri “singhiozzano”: un gruppo di ricerca guidato dal Massachusetts Institute of Technology (MIT, Usa) ha osservato per la prima volta un buco nero che emette pennacchi di gas per l’appunto “a singhiozzo”. In realtà il sistema è composto da due buchi neri, dei quali il più piccolo perfora il disco di gas del più grande, che in risposta produce le emissioni

Un piccolo buco nero perfora ripetutamente il disco di gas di uno più grande, il quale, per tutta risposta, “singhiozza”.  Il fenomeno è stato osservato per la prima volta da un gruppo di ricerca guidato dal Massachusetts Institute of Technology (MIT, Usa) e documenta il fenomeno per il quale un buco nero produce pennacchi di gas.

Potenti campi magnetici, a nord e a sud del buco nero, lanciano il pennacchio fuori dal disco. E ogni volta che il buco nero più piccolo lo attraversa, espelle un altro pennacchio, secondo uno schema regolare e periodico di circa 8.5 giorni terrestre. Il buco nero si trova in particolare al centro di una galassia a circa 800 milioni di anni luce di distanza.

I singhiozzi periodici sono un comportamento nuovo che finora mai osservato nei buchi neri e la scoperta mette in discussione l’immagine convenzionale dei dischi di accrescimento del buco nero, storicamente ipotizzati come relativamente uniformi, ruotanti attorno a un buco nero centrale.

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Questi risultati suggeriscono invece che i dischi di accrescimento potrebbero essere più vari nel loro contenuto, e potrebbero contenere altri buchi neri e persino intere stelle.

Pensavamo di sapere molto sui buchi neri, ma questo ci dice che esistono molti altri fenomeni che li riguardano – spiega Dheeraj R. Pasham, primo autore del lavoro – Pensiamo che ci siano molti altri sistemi come questo, dobbiamo solo raccogliere più dati per trovarli

I risultati sono stati ottenuti mediante rilevamento automatizzato con ASAS-SN (All Sky Automated Survey for SuperNovae), una rete di 20 telescopi robotici situati in varie località negli emisferi settentrionale e meridionale, in grado di rilevare automaticamente l’intero cielo una volta al giorno alla ricerca di segni di supernovae e altri fenomeni transitori.

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Nel mese di dicembre 2020, l’indagine aveva individuato un’esplosione di luce in una galassia a circa 800 milioni di anni luce di distanza, in una zona del cielo che era stata relativamente tranquilla e buia fino al rilevamento dei telescopi, quando la galassia improvvisamente si era illuminata di un fattore 1.000.

Il team ha scelto di concentrarsi sul bagliore con il NICER (Neutron Star Interior Composition Explorer) della NASA, un telescopio a raggi X a bordo della Stazione Spaziale Internazionale che monitora continuamente i raggi x, che potrebbero segnalare l’attività di stelle di neutroni, buchi neri e altri fenomeni gravitazionali estremi.

Da un’attenta analisi dei dati rilevati in quattro mesi, i ricercatori hanno identificato un singolare schema all’interno del brillamento: sottili cali, in una banda molto stretta di raggi X, che sembravano riapparire ogni 8,5 giorni.

Il segnale era simile a quello che gli astronomi vedono quando un pianeta in orbita passa davanti alla sua stella ospite, bloccandone brevemente la luce. Ma nessuna stella sarebbe in grado di bloccare un bagliore proveniente da un’intera galassia.

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La spiegazione, proposta dai colleghi teorici della Repubblica Ceca, è un sistema in cui un secondo buco nero perfora periodicamente il disco del buco nero primario mentre orbita. Nel processo, questo rilascerebbe un pennacchio di gas. Potenti campi magnetici, a nord e a sud del buco nero, potrebbero quindi scagliare il pennacchio fuori dal disco.

Ogni volta che il buco nero più piccolo attraversa il disco, quindi, espelle un altro pennacchio, secondo uno schema regolare e periodico. Se quel pennacchio puntasse nella direzione di un telescopio osservatore, si potrebbe osservare il pennacchio come un calo nell’energia complessiva della galassia, bloccando brevemente di tanto in tanto la luce del disco.

I calcoli effettuati in seguito hanno supportato la teoria: l’esplosione osservata era probabilmente il segnale di un secondo buco nero più piccolo, in orbita attorno a un buco nero supermassiccio centrale e che periodicamente “fora” il suo disco.

Il team stima che il buco nero supermassiccio centrale della galassia abbia una massa pari a 50 milioni di soli, mentre il secondo da 100 a 10.000 masse solari, orbitante in relativa oscurità.

Il lavoro, finanziato in parte dalla Nasa, è stato pubblicato su Science Advances.

Fonti: MIT / Science Advances

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