La storia sconosciuta dell’uomo che scoprì i famosi guerrieri dell’esercito di terracotta

C’è di mezzo la siccità e il disperato tentativo di ricevere acqua dal sottosuolo. Com’è andata realmente la scoperta dello straordinario “esercito di terracotta” e perché ad oggi è un patrimonio di inestimabile valore

Evidentemente guerrieri, con tanto di corazze e di armi, a guardia della tomba dell’imperatore Qin Shi Huang, e creati con dovizia di particolari: la storia di queste circa 8mila statue, dei 18 carri di legno e dei 100 cavalli di terracotta è lunga secoli ed è nata per puro caso solo di recente. È la storia del celeberrimo “Esercito di terracotta”.

Fu un gruppo di agricoltori a scoprire i primi segni delle reliquie più di quattro decenni fa mentre scavava un pozzo nella provincia dello Shaanxi.

Alla disperata ricerca di acqua nel bel mezzo di una siccità nell’area vicino alla città di Xian, infatti, il contadino Yang Zhifa e altri avevano scavato per poco più un metro. Ma si fermarono, strabiliati, nel momento i cui si imbatterono in qualcosa di duro e rosso.

Era il 1974 e da lì sotto, emersero teste di ceramica a grandezza naturale e diverse punte di freccia in bronzo. Una meraviglia

Fu poi l’archeologo Zhao Kangmin a essere subito contattato. Lui sapeva che le figure potevano essere state sepolte secoli addietro nell’area vicino alla città di Xian, non lontano dalla tomba del primo imperatore della Cina, Qin Shi Huang appunto. Un decennio prima, lui stesso aveva scoperto tre balestrieri inginocchiati. Ma non era mai stato certo che risalissero al tempo dell’imperatore, che per primo unificò la nazione cinese sotto la breve dinastia Qin (221-206 aC).

Ma ciò che Zhao ancora doveva scoprire andava al di là di qualsiasi cosa potesse immaginare.

Quei contadini si erano imbattuti in uno dei più grandi reperti archeologici della storia: un esercito di circa 8.000 soldati di terracotta, progettato su scala industriale 2.200 anni prima per difendere l’imperatore nell’aldilà. Era un intero esercito di fantasmi, con cavalli e carri, nascosto sottoterra.

Eravamo così eccitati che stavamo pedalando così velocemente che sembrava che stessimo volando, avrebbe scritto Zhao in un saggio nel 2014.

E una volta disse allo storico britannico John Man che quando arrivò vide “sette o otto pezzi, pezzi di gambe, braccia e due teste, vicino al pozzo”.

Ha raccontato poi di essersi subito reso conto che si trattava probabilmente dei resti delle statue dell’era Qin e, nemmeno poi tanto strano, dovette scontrarsi con i contadini che già si vendettero alcune delle punte di freccia di bronzo come rottami. Zhao iniziò faticosamente ad assemblare i frammenti. Alcuni, disse in seguito, avevano le dimensioni di un’unghia.

Una incredibile scoperta, insomma, Zhao lo sapeva bene ma sapeva altrettanto bene che quello era un momento tanto delicato quanto surreale per la Cina che, proprio nel 1974, era nelle fasi finali della Rivoluzione Culturale del Presidente Mao. Una “rivoluzione” secondo la quale le temute Guardie Rosse cercavano in tutti i modi di distruggere vecchie tradizioni e modi di pensare in nome di una “purificazione” della società (si cercarono di sradicare i “Quattro vecchi”: idee tradizionali, costumi, cultura e “abitudini della mente”. Il movimento comportò la distruzione di molti siti archeologici e manufatti).

Se, dunque, anche questa scoperta si cercherà di celare? Temeva Zhao.

Alcune fazioni erano ancora contrarie al ripristino di cose vecchie, racconta Zhao nel libro dello storico britannico John Man “The Terracotta Army”.

Così decise di “tenerlo nascosto”, ripristinare i pezzi, “e poi aspettare la possibilità di renderlo pubblico”. Ma qualcosa andò storto e i piani di Zhao si sgretolarono letteralmente nel momendo in cui un giovane giornalista dell’agenzia statale Xinhua, che si imbattè nelle statue mentre visitava la zona, non gli mise il bastone tra le ruote.

Questa sembra una grande scoperta. Perché non la riferisci, racconta Zhao.

Ma, ignorando le sue suppliche, il giornalista pubblicò quella scoperta e la notizia giunse alle orecchie della dirigenza del partito comunista.

Pare che poi i timori di Zhao che le reliquie potessero essere vandalizzate per motivi politici si siano rivelati infondati. Le autorità di Pechino decisero di scavare nel luogo e nei mesi successivi furono scoperti più di 500 guerrieri.

Da lì, è storia che conosciamo.

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Fonte: BBC

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