Ora sappiamo come gli antichi esseri umani sfuggirono all’estinzione climatica 900.000 anni fa

Nuove ricerche rivelano come circa 900.000 anni fa, un drastico cambiamento climatico abbia quasi portato gli antenati dell'uomo moderno all'estinzione, costringendoli a migrare dall'Africa

Circa 900.000 anni fa, gli antenati dell’uomo moderno affrontarono un periodo critico che quasi portò alla loro estinzione. Un’indagine genomica di grande rilevanza, svelata l’anno scorso, ha evidenziato come la popolazione riproduttiva umana si fosse contratta a soli 1.300 individui, un drastico calo che rappresentò un serio rischio di annientamento per la nostra specie. Recentemente, ulteriori studi hanno gettato luce su un fenomeno contemporaneo di vasta migrazione umana dall’Africa, suggerendo una connessione diretta tra questi due eventi storici e un catalizzatore comune: la Transizione del Pleistocene medio. Durante tale fase, il pianeta fu testimone di un drastico cambiamento climatico che provocò l’estinzione di numerose specie.

La ricostruzione del percorso migratorio dei primi umani dall’Africa verso l’Europa e l’Asia si presenta complessa, data la scarsità e l’ambiguità delle prove fossili e dei manufatti ritrovati. Ciò nonostante, le evidenze suggeriscono che tale migrazione non fu un evento isolato, bensì un processo graduale composto da multiple ondate di ominidi e antenati umani che si avventurarono in nuovi territori.

Una nuova comprensione della migrazione

La connessione tra il “collo di bottiglia” demografico e la migrazione umana è stata ulteriormente indagata in due recenti studi, che hanno offerto prospettive differenti basandosi su analisi genetica e archeologica. Il primo studio ha identificato, attraverso l’analisi del genoma umano, una perdita significativa di diversità genetica risalente a circa 900.000 anni fa. Il secondo, focalizzato sui primi siti archeologici eurasiatici, ha invece proposto una datazione del fenomeno a 1,1 milioni di anni fa. Tale discrepanza ha sollevato interrogativi riguardo l’evento climatico potenzialmente responsabile. Per risolvere questa incertezza, i geologi Giovanni Muttoni, dell’Università di Milano, e Dennis Kent, della Columbia University, hanno intrapreso uno studio per affinare la cronologia degli eventi.

Analizzando nuovamente i dati sui primi insediamenti umani in Eurasia, i ricercatori hanno trovato alcuni siti vecchi di 900.000 anni che confermano l’idea che la riduzione della popolazione e la migrazione siano avvenute nello stesso periodo. Questa teoria è stata rinforzata anche dallo studio dei sedimenti marini, i quali, grazie all’analisi di particolari atomi di ossigeno, offrono informazioni sul clima di quel tempo.

Durante la Transizione del Pleistocene medio, il calo del livello globale degli oceani e l’intensificarsi delle condizioni di aridità in Africa imposero agli ominidi sfide estreme, costringendoli a cercare nuove risorse in Eurasia grazie alla comparsa di ponti terrestri. Questa migrazione non implica necessariamente che non vi fossero state precedenti ondate migratorie; piuttosto, suggerisce che il significativo collo di bottiglia demografico e la migrazione in Eurasia coincisero con il disastro climatico di 900.000 anni fa.

Muttoni e Kent ritengono che l’aumento dell’aridità e l’espansione delle zone secche in Africa possano aver costretto le prime comunità umane a spostarsi o cambiare modo di vivere per non estinguersi. Questo movimento veloce per sfuggire ai cambiamenti climatici spiegherebbe perché gli umani hanno lasciato l’Africa circa 900.000 anni fa, aiutandoci a capire meglio anche perché le popolazioni africane odierne mostrano una minore varietà genetica. La pubblicazione di questi studi sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences ci offre nuovi spunti su come i nostri antenati sono riusciti a superare difficoltà ambientali significative.

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Fonte: Proceedings of the National Academy of Sciences

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