Alzheimer, il nuovo farmaco che rallenta la malattia è stato approvato negli USA

È stato approvato negli USA il farmaco considerato da alcuni scienziati la svolta epocale per la cura dell’Alzheimer, Leqembi, che quindi ora potrà essere acquistato negli Stati Uniti. Il medicinale rallenta il progredire della malattia ed è sicuro un enorme passo avanti per il trattamento della malattia che ruba i ricordi

Non fa miracoli – lo diciamo subito – ma è un enorme passo avanti per la cura del morbo di Alzheimer: la Food and Drug Administration (FDA), che negli Usa regola la messa in commercio dei farmaci, ha approvato il Leqembi (lecanemab-irmb) della Eisai R&D Management Co., il farmaco che rallenta il progredire della terribile malattia che ruba i ricordi.

Cos’è il morbo di Alzheimer e come funziona il Leqembi

Il morbo di Alzheimer è un disturbo cerebrale irreversibile e progressivo che colpisce più di 6,5 milioni di uomini e donne solo negli USA, che distrugge lentamente la memoria e le capacità di pensiero e, infine, anche quella di svolgere compiti semplici.

Sebbene le cause specifiche non siano tuttora completamente note, è caratterizzata da cambiamenti nel cervello, tra cui placche di amiloide-beta e grovigli neurofibrillari, o tau, che provocano la perdita dei neuroni e delle loro connessioni, provocando la perdita progressiva delle capacità e delle funzionalità cerebrali.

La malattia di Alzheimer rende incommensurabilmente incapace la vita di coloro che ne soffrono e ha effetti devastanti sui loro cari – commenta Billy Dunn direttore dell’Office of Neuroscience presso il Center for Drug Evaluation and Research della FDA – Questa opzione terapeutica è l’ultima che mira e influenza il processo patologico alla base dell’Alzheimer, invece di trattare solo i sintomi della malattia

A differenza degli attuali trattamenti il Leqembi punta ai meccanismi intrinseci della patologia: attacca infatti proprio la proteina beta amiloide che si accumula nel cervello dei malati creando progressivamente quegli effetti atroci sulla loro mente.

Leggi anche: Alzheimer, cosa sappiamo sul nuovo farmaco considerato la svolta epocale dagli scienziati

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©drmicrobe/123rf

La procedura di approvazione accelerata

Come si legge sul sito dell’FDA, l’approvazione negli USA ha seguito il percorso accelerato ed è il secondo di una nuova categoria di farmaci approvati per il morbo di Alzheimer che prendono di mira la patofisiologia fondamentale della malattia.

Questa procedura può essere seguita per approvare farmaci per condizioni gravi in cui vi è un’esigenza medica insoddisfatta e qualora venga dimostrato che quel farmaco ha un effetto su un endpoint surrogato che è ragionevolmente probabile induca un beneficio clinico per i pazienti.

Ma non richiede i dati di fase III, quelli raccolti su un più ampio campione di pazienti.

Le condizioni di approvazione accelerata si sono verificate per il Leqembi e i risultati di uno studio clinico controllato e randomizzato di fase 3 per confermare il beneficio clinico del farmaco sono stati recentemente riportati  (l’agenzia prevede quindi di riceverli presto).

Al momento quindi le prove di sicurezza ed efficacia sono su numero limitato di pazienti: i ricercatori hanno valutato in particolare l’efficacia del trattamento in uno studio in doppio cieco, controllato con placebo, condotto su 856 pazienti con malattia di Alzheimer a gruppi paralleli. Il trattamento è stato iniziato in pazienti con decadimento cognitivo lieve e presenza confermata di patologia amiloide-beta.

I risultati che hanno portato all’approvazione con procedura accelerata

I pazienti che hanno ricevuto il trattamento hanno avuto una significativa riduzione dose-dipendente e tempo-dipendente della placca amiloide-beta, (dose approvata pari a 10 milligrammi/chilogrammo ogni due settimane), con una riduzione statisticamente significativa della placca amiloide cerebrale alla settimana 79 (con rallentamento del declino cognitivo del 27% in 18 mesi di trattamento) rispetto al placebo, che non ha avuto alcuna riduzione.

La placca di amiloide-beta è stata quantificata utilizzando la tomografia a emissione di positroni (PET) in un composito di regioni del cervello che dovrebbero essere ampiamente colpite dalla patologia dell’Alzheimer rispetto a una regione del cervello risparmiata da tale patologia.

I dubbi e i potenziali rischi

Il farmaco non riesce comunque a bloccare la malattia e presenta potenziali effetti collaterali come ogni trattamento medicinale. Inoltre è indicato per il trattamento della malattia di Alzheimer allo stadio iniziale, ovvero nei pazienti con decadimento cognitivo lieve. Al momento, infatti, non ci sono dati sulla sicurezza né sull’efficacia nelle fasi precedenti o successive della malattia rispetto a quelle studiate.

Non è chiaro quale impatto avrà quell’effetto del 27% sulla vita delle persone con Alzheimer o se tale effetto persisterà dopo 18 mesi – spiega a Nature Eric Reiman, Executive Director del Banner Alzheimer’s Institute in Phoenix – Potrebbe significare 6 mesi in più per riconoscere il volto di una persona cara o svolgere un’attività importante. Ma ciò richiederà ricerche future

Resta poi sempre il dubbio etico di sottoporre ad un trattamento con potenziali effetti collaterali persone che hanno ancora una mente funzionante.

Parliamo di persone con decadimento cognitivo lieve che funzionano che vengono messe a rischio – sostiene Diana Zuckerman, presidente del National Center for Health Research, organizzazione senza scopo di lucro a Washington DC – sia in termini di salute che di finanze

Restiamo tutti in attesa di conoscere presto i dati più estesi e di capire se davvero tutto questo è la svolta promessa.

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Fonti: FDA / Nature

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