Allarme su cialde e capsule caffè: studio rivela cosa rilasciano nell’acqua (e i rischi per la salute)

Capsule e cialde di caffè rilasciano nell'acqua ftalati e metalli pesanti che possono causare problemi di salute da non sottovalutare

Le macchinette per il caffè sono ormai sempre più diffuse nelle nostre cucine e stanno rubando sempre più la scena alla tradizionale moka. Il caffè in cialde e in capsule è infatti più comodo e pratico, si prepara più velocemente e spesso risulta più gustoso rispetto al caffè preparato con la caffettiera.

Utilizzare cialde e capsule presenta però anche qualche svantaggio, e non di poco conto. Innanzitutto il caffè in confezioni monodose risulta più costoso di quello ben più economico venduto sfuso macinato o in chicchi; una capsula contiene dai 5 ai 7 grammi di polvere e una tazzina di caffè può arrivare a costare 40 centesimi, contro i 15 di quella preparata con la moka.

In secondo luogo le capsule presentano problemi legati allo smaltimento: le confezioni monodose di caffè sono spesso realizzate in plastica o alluminio che nella maggioranza dei casi non sono riciclabili.

Infine, da una ricerca recente condotta sul caffè preconfezionato sono emerse preoccupazioni sulla salubrità di cialde e capsule.

Lo studio è stato condotto da alcuni ricercatori italiani e ha misurato la quantità di ftalati e metalli pesanti rilasciati dalle capsule di caffè in alluminio, plastica e materiale biodegradabile.

Gli ftalati e i metalli pesanti sono ampiamente riconosciuti come inquinanti, presentano tossicità e interferiscono con alcuni processi chiave dello sviluppo e della riproduzione.

Durante l’estrazione del caffè dalle capsule con acqua ad alta temperatura, queste sostanze possono finire nella tazzina, causando problemi di salute da non sottovalutare.

I risultati dello studio hanno mostrato un rilascio di ftalati in quantità simili nelle diverse capsule analizzate.
Sebbene i livelli di ftalati rilevati siano inferiori rispetto ai limiti giornalieri tollerati dal nostro organismo, va considerato l’effetto additivo che questi potrebbero avere nel tempo.
L’esposizione a queste sostanze chimiche dipende infatti dalla quantità di caffè che si beve nel corso della giornata e dalle altre fonti di ftalati con cui si viene a contatto. Gli ftalati si trovano infatti in molti cosmetici, nelle vernici, nelle plastiche, nei contenitori per alimenti e, di conseguenza, negli alimenti confezionati.

Tornando alle capsule di caffè, per quanto riguarda i metalli pesanti è stata riscontrata la presenza di quantità significative di piombo e nichel: anche per queste sostanze va considerato l’effetto additivo, come per gli ftalati.

Secondo i ricercatori questi risultati sono preoccupanti per via delle molteplici vie di esposizione umana a tali sostanze, della presenza ubiquitaria di questi inquinanti nei prodotti di consumo e dei loro effetti a lungo termine sulla salute umana.

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Tatiana Maselli

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