Salmone scozzese: non ci sarà più scritto “d’allevamento” sul fronte delle etichette (e puzza tanto di greenwashing)

La decisione della Scozia di rimuovere la dicitura "d'allevamento" dal fronte delle etichette del salmone locale ha suscitato molte critiche da parte di organizzazioni ambientaliste e cittadini che temono favorisca il greenwashing e inganni i consumatori

Una nuova decisione del Dipartimento per l’Ambiente, l’Alimentazione e gli Affari Rurali (Defra) della Scozia sta sollevando grandi polemiche e preoccupa non solo le organizzazioni ambientaliste ma anche chef e consumatori. Parliamo del salmone, uno dei prodotti tipici di questa nazione. Cosa è stato deciso? Di rimuovere la dicitura “d’allevamento” dal fronte delle etichette del pesce locale.

La modifica, ratificata ad aprile, è stata ovviamente accolta con molto dissenso generale, si teme infatti che possa favorire pratiche di greenwashing e ingannare i consumatori riguardo all’origine e alle condizioni di produzione del salmone.

In effetti, togliere la dicitura “d’allevamento” dalla parte più visibile delle confezioni, potrebbe consentire agli allevatori di presentare il proprio prodotto in modo ambiguo, senza rivelare in maniera chiara le pratiche di produzione e le questioni ambientali ed etiche associate all’allevamento intensivo del salmone. Questo può essere considerato un esempio di greenwashing, in cui si manipola l’immagine del prodotto per farlo apparire più sostenibile di quanto non sia in realtà.

La decisione è stata giustificata con il fatto che il salmone selvatico non è più commercializzato nei supermercati, di conseguenza è ovvio che si tratti di pesce da allevamento, una consapevolezza che, a loro dire, è ormai  diffusa anche tra i consumatori.

Un’argomentazione che però non regge, dato che è sempre importante per ogni prodotto alimentare garantire la massima trasparenza sull’origine e sulle pratiche di produzione. Nonostante la dicitura “d’allevamento” rimarrà ancora sul retro delle confezioni, sono in molti a ritenere che questa modifica possa creare confusione e favorire una percezione distorta della realtà.

Come ha dichiarato Rachel Mulrenan, di WildFish, una delle organizzazioni che portano avanti la battaglia legale contro questa decisione:

Poiché le questioni di sostenibilità diventano sempre più importanti, questo è un tentativo malcelato da parte dell’industria scozzese dell’allevamento del salmone di gettare fumo negli occhi dei consumatori, sia nel Regno Unito che più lontano. Più che mai, le persone hanno bisogno di conoscere la vera origine dei prodotti che acquistano e consumano, in modo da poter prendere decisioni informate. Questo cambio di nome è un passo nella direzione sbagliata.

Forse non è inutile ricordare come vengono trattati i salmoni negli allevamenti. Organizzazioni come la stessa WildFish, ma anche Animal Equality UK, hanno condotto indagini sugli allevamenti scozzesi, evidenziando problemi come infestazioni e malattie mortali, diffuse e costanti.

Queste organizzazioni hanno avviato azioni legali contro la decisione del Defra, sottolineando il rischio di ingannare i consumatori e violare normative europee in materia di qualità dei prodotti agricoli e alimentari. L’industria del salmone, come c’era da aspettarsi, ha difeso invece la decisione, sostenendo che il cambio di denominazione riflette semplicemente l’identità consolidata del prodotto.

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Fonte: Guardian

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