EKOE, così questa coppia italiana ha rivoluzionato le stoviglie usa e getta a partire da una…maniglia

Inutile negarlo: la società in cui viviamo è profondamente consumistica, basata sull'utilizzo di prodotti dalla vita breve - anzi brevissima. Usiamo e gettiamo via, come automi, senza neppure chiederci dove vanno a finire i nostri rifiuti e quali danni possono provocare all'ambiente.

Ma non è possibile un modo di vivere diverso? Non possiamo ripensare il nostro modo di gettare, di usare e prima ancora di produrre gli oggetti che utilizziamo ogni giorno, con la consapevolezza che ogni nostro gesto – anche il più piccolo – può fare la differenza nella salvaguardia della Natura?

Partendo da questa riflessione Zaira e Sarua, una giovane coppia ravennate, ha creato EKOE – una startup innovativa oggi impegnata nella produzione di stoviglie e prodotti monouso completamente compostabili.

Come nasce EKOE (e cosa c’entra la maniglia)

ekoe

Poco più di dieci anni fa Zaira e Sarua, insieme ai loro quattro figli, hanno deciso di abbandonare le sicurezze del lavoro e della vita in città per iniziare un’avventura completamente nuova: un salto nel buio entusiasmante, ma non certo privo di rischi e di preoccupazioni.

Hanno scelto di trasferirsi nella campagna abruzzese in un “casone” che negli anni era diventato terra di nessuno, rifugio di tossicodipendenti e senza fissa dimora, e da lì hanno iniziato a dare concretezza al loro sogno: rendere gli oggetti monouso, che rappresentano la più importante fonte di rifiuti, compostabili e sostenibili, riducendo l’impatto della plastica sull’ambiente.

L’avventura di EKOE ha avuto inizio dalla maniglia di una vecchia porta, in cui tutti i visitatori rimanevano con le mani strette attorno al metallo. La maniglia in mano è diventata un test di fedeltà per i clienti di EKOE, diventando un simbolo della loro storia.

L’importanza della biodegradabilità

Quante volte, al supermercato, ci imbattiamo in una di queste due etichette che possono sembrare sinonimi, ma che indicano in realtà prodotti fra loro molto diversi, che necessitano di pratiche e tempi di smaltimento molto diversi.

Biodegradabile è un materiale che, alla fine del suo ciclo di utilizzo, si degrada in composti chimici semplici grazie all’azione di agenti biologici (come i batteri) o atmosferici (come la luce solare o l’umidità).

Fatte poche eccezioni, quasi tutti i materiali presenti in natura sono biodegradabili, perché con il tempo e la compresenza di alcuni fattori si decompongono. Sì, ma quanto tempo? E, soprattutto, con quali conseguenze?

La plastica dispersa nell’ambiente, per effetto dell’acqua e della luce solare, si degrada nel giro di centinaia di anni e rilascia in natura pericolose particelle, le microplastiche, che finiscono dappertutto – nell’aria che respiriamo, nell’acqua, nel terreno, nell’alimentazione degli animali.

Una lattina d’alluminio per bibite può impiegare fino a un secolo per degradarsi, mentre un contenitore in polistirolo fino a un millennio; un mozzicone di sigaretta, invece, necessita di decine di anni per degradarsi nell’ambiente – e con il rilascio di sostanze tossiche in natura.

Biodegradabile o compostabile?

Insomma, parlare di biodegradabilità e compostabilità è quantomai importante, soprattutto se pensiamo al nostro stile di vita e alla quantità di prodotti usa e getta o dalla vita molto breve che troppo presto finiscono nella spazzatura.

Un materiale definito biodegradabile non è necessariamente prodotto a partire da materie prime biologiche (come, ad esempio, mais o bucce della frutta), ma contiene un additivo che ne accelera il processo di biodegradazione e permette di scomporlo in biomassa, anidride carbonica e acqua.

Ciò non vuol dire che questo tipo di materiale vada gettato nell’umido o nel compost domestico: per biodegradarlo sono necessari processi industriali che non possono essere replicati con impianti domestici.

Al contrario, un materiale compostabile è pensato per trasformarsi in un compost ricco di sostanze nutritive per il terreno alla fine del suo ciclo vitale, che dura in linea generale tre mesi al massimo. I rifiuti di materiali compostabili si gettano nella frazione umida della raccolta differenziata.

Noi consumatori possiamo verificare se un prodotto sia effettivamente compostabile controllando che sia presente la certificazione Uni En 13432.

Le proposte di EKOE

Attento all’ambiente sin dalla sua fondazione e con l’obiettivo di ridurre l’impatto dei rifiuti su un Pianeta già soffocato dalla plastica, il brand EKOE stoviglie compostabili propone ai consumatori solo prodotti compostabili certificati Uni En 13432, che necessitano di poche settimane per trasformarsi in utile compost.

L’obiettivo è quello di rispondere a ogni tipo di esigenza (nel mondo della ristorazione e non solo) con prodotti resistenti, esteticamente belli, personalizzabili, ma che non danneggino l’ambiente e non contribuiscano al mare di rifiuti in cui stiamo annegando. Fra le proposte troviamo infatti:

  • bicchieri di ogni tipo (da acqua, vino, birra e caffè; termici con coperchi; da frullato)
  • accessori per le gelaterie (vaschette, coppette, palette)
  • piatti monouso (rotondi, quadrati, rettangolari, ovali, con divisori)
  • stoviglie e vassoi per le mense
  • posate compostabili e spiedini di legno
  • contenitori per alimenti (con coperchio; a scomparti; per lo street food; per le zuppe; ciotole per il poke; doggy bags)
  • shopper e sacchetti per la spesa e per il trasporto degli alimenti
  • tovaglie
  • accessori igienici (carta igienica; sacchetti per la raccolta differenziata; guanti monouso)

e molto altro.

Oltre a occuparsi di rispondere a quella fetta di mercato alla ricerca di prodotti monouso con alternative compostabili alla plastica, EKOE ha dato vita a due “spin-off”, due startup innovative benefit totalmente indipendenti: Plastic Free Certification e Komposta.

Plastic Free Certification

Plastic Free Certification nasce nel 2018 da un piccolo gruppo di persone con un obiettivo importante: rendere i consumatori consapevoli dei materiali utilizzati per produrre ciò che finisce nelle loro mani, dimostrando che con le scelte di ogni giorno è possibile “fare la differenza” e provare a salvare il Pianeta.

Dopo quasi un anno, il Plastic Free Standard – Sistema di gestione aziendale vede finalmente la luce, e con esso nasce ufficialmente anche la Plastic Free Certification, start up innovativa proprietaria ed organismo di certificazione della prima Norma Plastic Free in Italia.

Lo scopo della certificazione è, infatti, quello di attestare l’impegno concreto delle aziende e degli eventi nell’eliminazione della plastica monouso e, di conseguenza, nella riduzione delle emissioni inquinanti.

Nel 2020, in piena pandemia da Covid-19, mentre tutto il mondo sembra essersi bloccato, la startup si trasforma in una Società Benefit e trova sempre nuovi partner (italiani ed internazionali), interessati dalla mission e dagli obiettivi di Plastic Free Certification.

Oggi la società collabora con le scuole a progetti di sensibilizzazione dei giovanissimi alla tutela dell’ambiente, ma anche con le amministrazioni comunali e le associazioni sul territorio, realizzando eventi di promozione ambientale e presentando progetti di utilità sociale.

Negli scorsi mesi, poi, si è formato il Plastic Free Quality Board (PFQB), organo imparziale di cui fanno parte accademici ed esperti che hanno il compito di supervisionare lo standard di certificazione, i relativi aggiornamenti ei servizi di consulenza.

Dietro Plastic Free Certification ci sono donne e uomini che hanno a cuore la natura e la sua tutela e che credono che uno stile di vita in sintonia con la Madre Terra sia possibile, adottando alternative ecosostenibili, deprogrammando il consumismo imperante in cui siamo immersi, tornando ad ascoltare i bisogni dell’ambiente.

Ma, soprattutto, c’è un codice etico che guida ogni passo e che garantisce le pari opportunità fra tutti i dipendenti, che promuove la cooperazione e il lavoro di squadra, che adotta i più efficaci sistemi di sicurezza sul lavoro, che contrasta corruzione e atteggiamenti non trasparenti.

Komposta

Komposta, invece, è una startup che si occupa di produrre e distribuire compostiere elettromeccaniche compatte in Italia e all’estero, per permettere anche a piccole realtà (come ad esempio piccole aziende agricole, piccole comunità, ma anche scuole o carceri) di potersi occupare personalmente del compostaggio dei rifiuti.

Questi dispositivi innovativi, infatti, trasformano i rifiuti organici e gli scarti degli allevamenti in ammendante fertile per il suolo, in tempi di gran lunga ridotti rispetto ai processi naturali.

L’azienda mette a disposizione compostiere sia per la vendita che per il noleggio (da un minimo di un mese fino a un massimo di un anno). Tutte le compostiere sono a norma europea, dotate di una certificazione della sicurezza 2006/42/CE valida a livello comunitario.

L’azienda garantisce un supporto dedicato alle imprese o ai privati che vogliono noleggiare o acquistare una compostiera, con l’obiettivo di trovare insieme una soluzione personalizzata e di formare adeguatamente chi utilizzerà materialmente il dispositivo.

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