Sisma Centro Italia: territori ancora invasi dalle macerie. Come intervenire?

Il 24 agosto sarà passato un anno da quando quel violento sisma distrusse i territori di Marche, Lazio, Umbria e Abruzzo e più o meno nove mesi dalle scosse di fine ottobre. Da allora è stato rimosso solo l’8,57% delle macerie.

Terremoto centro Italia: il 24 agosto sarà passato un anno da quando quel violento sisma distrusse i territori di Marche, Lazio, Umbria e Abruzzo e più o meno nove mesi dalle scosse di fine ottobre. Da allora è stato rimosso solo l’8,57% delle macerie.

Dei 2.657.000 di macerie stimati nelle quattro regioni, infatti, circa 227.500 sono stati rimossi. Cosa serve allora? “Velocizzare le procedure di recupero delle macerie e individuare altre zone dove poter trattare gli inerti riutilizzabili per la ricostruzione”, parola di Legambiente, che nei mesi scorsi ha avviato in collaborazione con insieme a Fillea Cgil un Osservatorio nazionale per una ricostruzione di qualità.

Complessivamente rimangono da rimuovere in oltre 60 Comuni più di 2.400.000 tonnellate derivanti per la stragrande maggioranza dalle attività di demolizione parziale e totale dei fabbricati. E, a fronte di questi numeri, chiosano da Legambiente, “persino la scadenza prevista al 31 dicembre 2018 difficilmente potrà essere rispettata”.

C’è invece la necessità di fare molto prima di quella data – dichiara la presidente di Legambiente Rossella Muroni -. È opportuno che il governo ripensi il ruolo della struttura del commissario straordinario per dargli più poteri e le risorse necessarie per un reale coordinamento. Le differenze nella gestione delle macerie nelle quattro Regioni sono troppe; già chiedevamo un coordinamento più forte ed efficace e il rischio ora è che diventi più debole, visto l’annuncio delle dimissioni di Errani. Siamo consapevoli delle numerose difficoltà incontrate – le ripetute e importanti scosse sismiche, la vastità dell’area interessata, le strade inagibili e insicure per via delle case pericolanti, le demolizioni necessarie per operare in sicurezza – a cui si sono però sommati ritardi per i provvedimenti modificati in itinere, negli affidamenti dei lavori, nel coordinamento tra i diversi livelli istituzionali. Ma la rinascita dell’appennino ha bisogno, ora, di una visione unitaria”.

I numeri delle macerie del sisma nel Centro Italia

Le Marche e il Lazio sono le regioni più colpite. In Lazio si stima una quantità di macerie pari a 1.280.000 tonnellate, concentrate nei territori dei Comuni di Amatrice e Accumoli. A fine luglio quelle raccolte erano circa 100mila tonnellate, pari al 7,77%.

La stima della Regione Marche, invece con l’area del cratere più vasta, è di 1.120.000 tonnellate di macerie, di cui 117.500 già raccolte, il 10,50%. Su 87 Comuni colpiti, 52 sono ancora invasi dalle macerie e ben 9 sono ancora inaccessibili a causa dell’inagibilità delle vie di comunicazione, impossibilitati quindi ad avviare la raccolta degli inerti. Situazione estrema è quella di Arquata del Tronto, con le sue frazioni di Pescara del Tronto, Tufo, Capodacqua, assolutamente impraticabili.
L’Umbria e l’Abruzzo stimano rispettivamente 100mila e 150mila tonnellate di macerie. E se l’Umbria ne ha raccolto il 10,20%, la Regione Abruzzo non ne ha ancora avviato la raccolta.

Ognuna delle quattro Regioni ha interpretato le varie norme e ordinanze nazionali che si sono succedute mettendo in essere pratiche diverse e, secondo Legambiente, ora le differenze tra le Regioni sono troppe e non tutte giustificabili dalle specificità delle situazioni.

È il caso, per esempio, della enorme diversità di gestione tra le due regioni più colpite. Le Marche si sono affidate alle due Società a partecipazione pubblica: il Cosmari per la gestione delle macerie di tutta la provincia di Macerata (area territorialmente più vasta) e a Picenambiente per quelle delle province di Ascoli Piceno e di Fermo. Le due Società trasportano tutte le macerie ai loro siti di deposito temporaneo e separano i materiali per poi destinarli in altri siti. Gli inerti, che costituiscono oltre il 98% delle macerie, riprendono poi a viaggiare verso i siti di imprese private per il trattamento o lo smaltimento moltiplicando i chilometri percorsi. Inoltre, le demolizioni necessarie per rendere disponibili le macerie vengono messe a gara dai singoli Comuni. La Regione Lazio, invece, ha affidato fin da subito tutto ai privati, organizzando gare separate per le diverse fasi. Poi, con l’ultima gara del 10 agosto, ha finito per affidare alle ditte appaltatrici la gestione dell’intera filiera: dalla demolizione fino allo smaltimento, lasciando quindi ai privati l’individuazione dei siti dove trattare e smaltire l’enorme quantità degli inerti.

Ma come si possono accorciare i tempi e come rendere più efficace la gestione delle macerie?

Come intervenire?

Accelerare le demolizioni

L’impegno preso dal Commissario straordinario di coinvolgere il Genio Civile nelle demolizioni probabilmente non basterà, per cui Legambiente chiede di aiutare i Comuni a mettersi insieme per affidare i lavori a scala intercomunale riducendo la quantità di gare e di iter procedurali.

Intervenire a sostegno della raccolta dei beni di interesse culturale

C’è necessità di potenziare la presenza dei funzionari del Mibact per il monitoraggio, il controllo e la messa in sicurezza delle macerie di interesse storico-architettonico e di saper utilizzare meglio i volontari dei Gruppi di Protezione Civile Beni Culturali. In più, è utile secondo l’associazione avviare un piano di gestione dei depositi temporanei delle opere recuperate per iniziare un percorso di restauro, valorizzazione e fruizione dei beni culturali.

Riorganizzare la logistica: siti temporanei e trasporto

Oltre il 98% delle macerie sono costituiti da inerti, rifiuti non pericolosi che, se trattati, potrebbero essere materia da utilizzare per la ricostruzione delle stesse aree. Una demolizione di qualità degli inerti, come prevista dalle Linee Guida europee per la gestione dei rifiuti da Costruzione e Demolizione, potrebbe evitare il passaggio dal sito di deposito temporaneo.

Programmare il riutilizzo delle macerie per la ricostruzione

Se si sommano alle macerie attuali quelle molto più numerose e non ancora stimate che deriveranno dalla ricostruzione e demolizione a carico dei privati, siamo di fronte a una quantità enorme di materiali con il rischio che anche gli inerti diventino rifiuti da smaltire . Il loro riutilizzo è richiamato dalle norme nazionali e dai piani regionali ma ancora nessuna delle quattro Regioni si è ancora dotata di una programmazione che specifichi la filiera del recupero, le caratteristiche tecniche per garantire la qualità dei materiali da riutilizzare, le modifiche ai capitolati necessarie per prevedere il loro utilizzo, norme premianti affinché tali materiali trovino effettivo mercato. I ministeri competenti (Infrastrutture e Ambiente) insieme al Commissario straordinario aiutino le Regioni a programmare e governare una nuova filiera del riciclo, fornendo indicazioni più precise sul riutilizzo dei materiali.

Trasparenza e accessibilità delle informazioni

Nessuna Regione finora ha reso accessibile e costante l’informazione sulla raccolta delle macerie. Per questo motivo Legambiente chiede anche che si realizzi sin da subito un sistema di monitoraggio e tracciabilità delle macerie pubbliche e private.

Germana Carillo

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook