Maxi risarcimento di oltre 200 mila euro all’ex moglie per il lavoro di casalinga svolto in 25 anni, la storica sentenza spagnola

Una sentenza del tribunale ha condannato un marito a risarcire l’ex moglie per il lavoro domestico non retribuito svolto in casa svolto durante i 25 anni di matrimonio. La somma ammonta ad oltre 204.000 euro e si basa sul salario minimo spagnolo in quegli anni

Dalla Spagna arriva una sentenza storica a tutela di tutte le donne casalinghe che durante il proprio matrimonio rinunciano ad andare a lavorare in maniera retribuita per prendersi cura del marito, della famiglia e della propria casa.

Il tribunale di prima istanza di Vélez-Málaga ha infatti stabilito che un uomo dovrà pagare alla sua ex compagna 204.000 eurocome risarcimento per il lavoro domestico non retribuito svolto in casa” durante i 25 anni di matrimonio.

La sentenza, emessa dalla giudice Laura Ruiz Alaminos, prevede anche una pensione compensativa di 500 euro al mese per i prossimi due anni per la donna – che ha 48 anni – e altre due pensioni di 400 e 600 euro per le due figlie, di 14 e 20 anni.

Il marito è diventato un imprenditore, mentre la donna ha badato alle figlie

Il matrimonio è stato celebrato il 23 giugno 1995, quando i coniugi erano ventenni. Nel luglio dello stesso anno hanno firmato una separazione dei beni. Da allora l’uomo ha fatto carriera come imprenditore, aprendo diverse palestre oltre ad aziende che installano parquet, coperture o vendono macchinari per il bodybuilding.

Ha anche acquistato un’azienda olivicola di 70 ettari, dove si produce olio d’oliva e che, secondo la sentenza, genera un reddito mensile “tra i 3.000 e i 4.000 euro”. Di qui viene la pretesa di un risarcimento così alto, dato che il patrimonio dell’ex marito comprende auto di lusso, immobili, assicurazioni sulla vita e trattori.

E mentre lui cresceva professionalmente, la moglie cosa faceva? Lei rimaneva a casa per occuparsi delle figlie. La prima è nata nel 2003 e la seconda nel 2009. Il tutto proprio per permettere al marito di fare carriera. L’avvocata della donna, Marta Fuentes, ha spiegato:

Ha passato tutto questo tempo a crescere la sua famiglia. Affinché lui potesse avere un progetto imprenditoriale, lei è rimasta con le bambine e non hanno mai assunto nessuno per aiutarla.

In più ha sottolineato come la famiglia si sia trasferita di volta in volta in base alle esigenze dell’uomo:

Era la sua ombra, lavorava alle sue spalle perché lui crescesse professionalmente e diventasse qualcosa.

Il risarcimento è stato ottenuto calcolando il salario minimo per ogni anno

Non mancavano atteggiamenti vessatori, con il padre che non voleva che la figlia frequentasse gli studi superiori. Così la ragazza, a 16 anni, ha iniziato a lavorare per pagare le tasse universitarie. Per tutti questi motivi, nel 2020, la donna stanca della situazione che si era creata ha chiesto il divorzio.

Tuttavia, a causa del regime di separazione dei beni, a lui sono rimasti tutti i loro beni e a lei solo la metà della casa che condividevano. Per questo, con la causa presentata nel dicembre dello stesso anno, la donna ha chiesto il riconoscimento del lavoro svolto in casa durante i 25 anni di matrimonio.

La sua avvocata ha quindi stimato il valore di tale lavoro domestico calcolando il salario minimo per ogni anno. La somma ottenuta è stata di 204.624,86 euro. La giudice ha dato ragione alla donna e ha obbligato l’ex marito a pagarle l’intera cifra come risarcimento per il lavoro svolto in casa durante il matrimonio e che non era stato in alcun modo retribuito.

L’importanza del riconoscimento del lavoro svolto dalle mamme casalinghe

Nella sentenza si legge che, da quando si sono sposati nel 1995, la moglie “si è essenzialmente dedicata al lavoro in casa. Cioè alla cura della casa e della famiglia, con tutto ciò che ne consegue”. Ed è per questo che l’importo di poco più di 204.000 euro che l’ex marito le deve ora viene riconosciuto a suo favore. Lo fa in virtù dell’articolo 1.438 del Codice civile, che recita:

I coniugi contribuiscono al mantenimento degli oneri del matrimonio. In mancanza di accordo, lo fanno in proporzione alle rispettive risorse finanziarie. Il lavoro domestico è computato come contributo alle spese e dà diritto ai coniugi di ottenere un compenso che il giudice determina, in mancanza di accordo, alla cessazione del regime di separazione.

L’avvocata Marta Fuentes, sottolineando come durante i 25 anni di matrimonio la sua cliente abbia lavorato solo nelle palestre dell’ex marito, per le quali non ha mai ricevuto alcun compenso, ha espresso grande soddisfazione per quanto conquistato:

Lei, come molte altre donne, ha dedicato tutta la sua vita lavorativa alle figlie, mentre il marito ha avuto il tempo di sviluppare la sua carriera professionale. Ed è importante che questo venga riconosciuto, che il tempo che hanno dedicato alla famiglia e non alla vita professionale abbia un valore. È spesso sottoutilizzato e sottovalutato, ma l’intenzione è di normalizzarlo.

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