Michela Murgia, vola finalmente libera! 10 motivi per cui ringraziarti non sarà mai abbastanza

La scrittrice e attivista sarda Michela Murgia si è spenta ieri a soli 51 anni. La sua morte, però, non riuscirà a mettere a tacere la sua voce libera e critica. "Ho cinquant'anni, ma ho vissuto dieci vite" diceva. Perché, in fondo, la morte non è poi una gran tragedia per chi ha vissuto la propria esistenza pienamente come ha fatto lei. Noi, cara Michela, vogliamo ricordarti non solo per il tuo talento, ma per esserti spesa nel sociale e per averci fatto riscoprire la bellezza di mostrare il proprio lato umano, senza paura né vergogna

E così te ne sei andata davvero lasciandoci un po’ spiazziati e confusi, in una delle sere più magiche dell’anno, quella del 10 agosto.  La malattia ha divorato il tuo corpo a soli 51 anni, ma non è riuscita a scalfire il tuo spirito.

Fino agli ultimi giorni – attraverso i social – ci hai regalato il tuo sorriso, la tua ironia, la tua gratitudine e ci hai fatto sentire la tua voce critica, la stessa che tanto hanno amato e tanti altri, invece, hanno detestato.

Perché, inutile essere ipocriti dopo la tua scomparsa, cara Michela Murgia, tu sei riuscita ad essere divisiva e sei stata costantemente attaccata dagli odiatori da tastiera. In fondo è quello che succede a chi ha il coraggio di dissentire – senza peli sulla lingua e senza paura delle conseguenze – contro chi ci governa e le varie forme di discrimazione, ancora troppo radicate nella nostra Italia.

Di recente, però, persino alcuni che non ti avevano capita e ti avevano criticata hanno cominciato ad apprezzarti. Hanno finalmente cominciato a scorgere la vera Michela andando oltre alla Murgia, scrittrice e attivista.

“Ho un tumore al rene al quarto stadio, mi restano mesi di vita, ho deciso di sposarmi” avevi raccontato in quell’intervista rilasciata lo scorso maggio al Corriere della Sera. Una bella doccia fredda… Eppure hai stupito tutti per il tuo tono sereno e consapevole, nonostante quella diagnosi fosse praticamente una condanna a morte.

Il cancro avrebbe potuto abbatterti, spingerti alla rassegnazione o alla disperazione. Invece no. Per te è stata una spinta. Hai acceso la musica, abbassato i finestrini per sentire il vento in volto e hai voluto percorrere le ultime settimane della tua vita andando al massimo, godendo di ogni attimo e facendo tesoro di tutte le persone che ti hanno circondata, prendendosi cura di te.

La tua morte ci ha lasciato con un immenso vuoto, ma prima di andartene hai consegnato a tutti noi diverse lezioni di vita, che vogliamo custodire e provare a mettere in pratica.

Grazie per…

Aver trasformato la malattia in un’opportunità

Per te, cara Michela, la malattia ha rappresentato un’opportunità preziosa di intraprendere un nuovo percorso esistenziale, all’insegna dell’autenticità e della libertà piena. Quello che per tanti avrebbe potuto essere la fine di tutto per te è stato una sorta di inizio.

Non dimenticheremo le tue parole proferite qualche tempo fa al Salone del Libro di Torino, in occasione della presentazione del tuo romanzo Tre Ciotole:

Io sto vivendo il tempo della mia vita adesso. Dico tutto, faccio tutto, tanto che mi fanno? Mi licenziano? Ho chiesto a Vogue di poter fare un viaggio sull’Orient Express. Posso andare alle sfilate di moda, farò un sacco di cose. Ma voi non aspettate di avere un cancro per fare così.

Essere stata una voce critica (pagando le conseguenze a caro prezzo)

No, gli intellettuali non devono soltanto limitarsi a scrivere romanzi e saggi e a parlare di cultura. Hanno tutto il diritto di esprimere il loro dissenso contro il potere, contro una Chiesa troppo conservatrice e distante dalla realtà e contro ciò che non va nella nostra società. La tua penna, spesso, è stata vista come un’arma perché non hai voluto fare sconti e hai alzato la tua voce contro i diritti negati e calpestati dai nostri politici.

Tutto questo l’hai pagato a caro prezzo, attirando a te haters, sia fra i comuni cittadini, e le antipatie da parte di alcune figure istituzionali (fra cui Matteo Salvini, che ti definì “intellettuale radical chic e snob”).

Non è mai troppo tardi per iniziare ad imparare una nuova lingua e scoprire una cultura lontana dalla nostra

Ci hai insegnato che non esiste età per iniziare a mettersi a studiare una nuova lingua e avvicinarsi ad una cultura completamente distante dalla nostra. Tu l’hai fatto con il coreano, dopo esserti appassionata follemente alla musica dei BTS (Bangtan Sonyeondan), la K-pop band sudcoreana che ha conquistato il mondo.

Averci ricordato che è ancora il momento di impegnarsi per un mondo più giusto e più umano

Abbassare la guardia non ha mai fatto per te. Attraverso i tuoi libri, il tuo seguitissimo podcast “Morgana” e i contenuti sui social, ci hai ricordato che il mondo ha bisogno di guide e di attivisti pronti a spendersi per gli ultimi, a scendere per le strade a far sentire la voce per chiedere la tutela dei diritti di chi vive nell’ombra e chi è ancora discriminato.

Non bisogna aver paura di mostrare il nostro lato più fragile

Nella società della performance che ci vuole sempre impeccabili e con nervi d’acciaio, mostrare le nostre fragilità non è facile. Tu, invece, hai voluto ricordarci che queste fanno parte integrante di noi e non dobbiamo provare vergognare.

Le tue parole al riguardo sono state illuminanti:

Davanti alla fragilità non esiste solo la risposta dei rapporti di forza, dove sei costrettə a chiederti chi è più potente, chi lo è meno, chi può aiutare chi e chi non può farlo. Esisteva da qualche parte nel mondo anche la categoria della parità fragile, della capacità non innata di flettersi insieme allo stesso vento finché il vento non passa, durasse anche solo i pochi secondi di un calo di pressione davanti ai fotografi (…) Ho allora cessato di cercare di essere nella vita degli altri l’uomo forte e sostitutivo che non avevo mai voluto nella mia. Ho allentato le relazioni dove l’affetto si esprimeva in modo performativo, quelle in cui dovevo essere io a cercare, a chiamare, a proporre, a creare le circostanze per stare insieme e rimanerci. Ho cominciato a dire “no, non ce la faccio” a cose – lavorative o emotive – che prima avrei accettato per puro senso di urbanità.

Aver dimostrato che non bisogna per forza parlare di “battaglia contro il cancro”

Siamo abituati a sentir parlare di lotta contro il cancro, della malattia come un nemico da sconfiggere. Oriana Fallaci, ad esempio, lo chiamava “l’alieno”. Tu, cara Michela, ci hai offerto una narrazione diversa e gentile del tumore rispetto a quella bellica.

Gli organismi monocellulari non hanno neoplasie – dicevi nella tua intervista rilasciata a maggio al Corriere della Sera – ma non scrivono romanzi, non imparano le lingue, non studiano il coreano. Il cancro è un complice della mia complessità, non un nemico da distruggere. Non posso e non voglio fare guerra al mio corpo, a me stessa. Il tumore è uno dei prezzi che puoi pagare per essere speciale. Non lo chiamerei mai il maledetto, o l’alieno.

Averci insegnato che l’amore ha tante forme (tutte meritevoli di rispetto)

L’amore non è solo quello che unisce un uomo e una donna o i genitori ai propri figli. Esistono numerosi modi d’amare e tu, Michela, ce lo hai raccontato in più occasioni, ricordandoci che tutti gli esseri umani dovrebbero essere messi nelle condizioni di esprimere liberamente il loro amore, senza essere discriminati, ostacolati o etichettati.

Aver dimostrato che i legami vanno ben oltre il sangue

Hai dato un senso nuovo alla parola famiglia. Tu hai deciso di vivere con la tua allegra famiglia queer, dove ciò che conta non sono i legami di sangue, ma la volontà. Un luogo dove c’è sempre qualcuno pronto a tendere una mano d’aiuto o a prepararti il tuo piatto preferito.

“Nella queer family che vivo non c’è nessuno che non si sia sentito rivolgere il termine sposo/sposa in questi anni” hai raccontato, mostrando i volti dei vari componenti”esempi di sposa e sposo stabili” della tua vita.

Averci spiegato che non esiste un solo modo di essere madre

Non bisogna per forza aver partorito un bambino o una bambina per sentirsi madre. Tu, ad esempio, ne hai avuto quattro, quelli che amavi chiamare i “figli dell’anima”.

Come dicevi tu, “la maternità ha tante forme”:

È fin troppo ovvio dire che non basti restare incinte per parlare di maternità, ma forse non è altrettanto ovvio ricordare che questa affermazione è una conquista civile piuttosto recente. – scrivevi – Per secoli siamo state infatti madri per forza, impossibilitate a sottrarci al percorso del sangue e alle funzioni collegate, se non a prezzo di una fortissima condanna sociale. Sono state le lotte del femminismo del secolo scorso a costringere la società a ripensare la maternità fino a definire madre solo quella che accetta di esserlo, trasformando in scelta individuale ciò che era un destino collettivo.

Averci spinto a cercare la nostra felicità (fregandocene del giudizio altrui)

Un’ultima grande lezione che ci hai consegnato è quella sulla felicità, che è piuttosto un percorso da intraprendere. Riusciamo ad essere davvero felici quando ci allontaniamo dalle proiezioni che fanno gli altri su di noi, quando ci ascoltiamo dentro e ci mostriamo al mondo per quello che siamo, con i nostri pregi e difetti, ma soprattutto quando impariamo a fregarcene del giudizio altrui, che ci limita.

Questo è il tempo migliore della mia vita. – dicevi – Visto da fuori non lo è: ho il cancro, ho il tempo contato, come tutti del resto, ma io ho il conto più breve. Dovrebbero essere elementi di non felicità. Ma invece non conta il cosa, conta il come. E in questo momento io posso scegliere il come.

Non possiamo scegliere quanto tempo durerà la nostra vita, ma abbiamo un grande potere nelle nostre mani: decidere come viverla. Se imboccare la via della felicità o piegarci alla pressioni di una società che corre, corre fino a farci schiantare.

Ricordatemi come vi pare. – noi vogliamo ricordarti assaporando queste tue parole – Non ho mai pensato di mostrarmi diversa da come sono per compiacere qualcuno. Anche a quelli che mi odiano credo di essere stata utile, per autodefinirsi. Me ne andrò piena di ricordi. Mi ritengo molto fortunata. Ho incontrato un sacco di persone meravigliose. Non è vero che il mondo è brutto; dipende da quale mondo ti fai.

Grazie, Michela, vola finalmente libera! Noi ti immaginiamo nell’aldilà a ballare sulle note dei tuoi amati BTS…

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