Manspreading e altre brutte “abitudini” che dimostrano quanto ci sia ancora da lavorare sull’uguaglianza fra uomini e donne

Gesti e abitudini quotidiani, entrati nel nostro immaginario, tradiscono una forte disparità fra uomini e donne ancora oggi: è il caso del manspreading

Il nostro modo di muoverci nello spazio, di parlare e persino di gesticolare è la dimostrazione della nostra sicurezza, dei sentimenti connessi al nostro stare nel mondo, della nostra autostima.

Come parliamo e ci muoviamo sono atteggiamenti che dipendono da noi, certo, ma subiscono l’influenza della società e, in particolare, di ciò che gli altri si aspettano da noi. Questo vale tanto per le donne quanto per gli uomini, che spesso agiscono seguendo antichi stereotipi patriarcali ancora duri a morire (purtroppo).

Vi sarà certamente capitato di osservare questa espressione di lampante cattiva educazione, magari a bordo di un mezzo pubblico o sedute in una sala d’attesa di un ufficio: l’uomo accanto a voi è seduto in modo scomposto, a gambe larghe, tanto da invadere lo spazio davanti alla vostra seduta e mettervi in difficoltà. Questo atteggiamento, tanto comune quanto fastidioso, ha un nome: è il manspreading.

Pensiamoci un attimo. Le donne sono educate fin da piccole a sedere composte, con le gambe chiuse (o al massimo accavallate), senza occupare più spazio del dovuto, ma lo stesso non si può dire degli uomini che, senza neanche pensarci, si sentono autorizzati a occupare più spazio di quello che dovrebbero.

Negli ultimi anni si sono diffusi sempre più sentimenti di protesta e di indignazione verso questa pessima abitudine, condivisi da moltissime donne e anche da qualche uomo – al punto che già dal 2014, nei treni della metropolitana di New York, sono affissi manifesti che invitano a sedere composti e a tenere le gambe chiuse.

manspreading new york

@Metropolitan Transportation Authority

Ma il provvedimento della Grande Mela non è l’unico: nel 2015 un gruppo di attiviste spagnole, Mujeres en lucha y madres estresada, porta all’attenzione dei media la questione del manspreading sui mezzi pubblici che ha portato, due anni dopo, alla comparsa sui bus di Madrid di cartelli simili a quelli americani.

Nel frattempo due giovani stiliste e femministe tedesche hanno creato una linea di abiti casual e sportivi con slogan scritti proprio all’interno dell’inguine, che si vedono solo quando chi li indossa siede a gambe divaricate:

Leggi anche: L’Italia non è un Paese per ragazze: tra stereotipi e maschilismo, la parità di genere rimane ancora un miraggio

Non solo manspreading

La maleducazione degli uomini o, meglio, la loro illusione di superiorità rispetto all’altro sesso, si declina in diversi atteggiamenti che (quasi) inconsapevolmente offendono e danneggiano le donne.

Il mansplaining (letteralmente “l’uomo che spiega”) è un’altra espressione di questa ideologia maschilista: il termine definisce l’atteggiamento di un uomo che interrompe e scredita le argomentazioni di una donna in merito a una certa faccenda, pur non aggiungendo alcun contenuto valido alla conversazione.

In pratica, l’uomo interrompe una donna che sta spiegando qualcosa di cui è esperta solo per rivendicare quelle conoscenze e per dimostrare che, dette da un uomo, esse hanno più consistenza e valore.

Un’altra pratica, in qualche modo connessa al mansplaining, è quella del manterrupting: in un contesto sociale o lavorativo in cui più persone stanno partecipando a una conversazione, l’interruzione dell’interloquire femminile da parte di un uomo è pratica accettata, ma non si può dire lo stesso del contrario.

Se una donna interrompe le argomentazioni di un uomo, diventa oggetto di occhiatacce e commenti poco gradevoli, e questo spesso porta a evitare una situazione simile in futuro, censurando il proprio bisogno di dire qualcosa in merito alla questione.

Seguici su Telegram Instagram | Facebook TikTok Youtube

Ti consigliamo anche:

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook