Naomi Klein: ecco cosa ci aspetterà dopo l’emergenza coronavirus

Secondo Naomi Klein, in tempi di coronavirus poche élite stanno traendo vantaggi dall'emergenza che peserà sulle spalle dei cittadini

“Quando torneremo alla normalità, dobbiamo ricordarci che la normalità era la crisi”. Secondo Naomi Klein giornalista e autrice del saggio Shock Economy, in tempi di coronavirus poche élite stanno traendo vantaggi dall’emergenza che, una volta superata, porterà con sé una ricostruzione che peserà sulle spalle dei cittadini, esattamente com’era stato nel 2008.

Una lunga riflessione, riportata sulla testata El Salto, dove Naomi Klein prova a ipotizzare cosa ci aspetterà post coronavirus. Se adesso giustamente si pensa alla salute dei cittadini, in un futuro non troppo lontano, il problema sarà principalmente economico. Ora, come nel 2008, il governo sta spendendo moltissimi soldi per salvare il sistema finanziario, ma il conto sarà salato e pagato dai cittadini con l’austerity.

“Il problema è che le strutture del sistema, potrebbero usare questa emergenza per creare ulteriori disuguaglianze e ingiustizie”, spiega. Secondo la giornalista, infatti, in situazioni problematiche come pandemie e disastri, a rimetterci sono soprattutto i cittadini perché le èlite approfittano di questi momenti per fare riforme impopolari che vanno ad accentuare le divisioni sia economiche che sociali.

“Questa è una crisi globale che non conosce confini, purtroppo i leader di tutto il mondo sono alla ricerca di modi per trarne vantaggio. Dobbiamo, quindi anche noi, condividere e scambiare strategie”, continua.

Le crisi portano comunque con sé un cambiamento, la cosiddetta ‘dottrina dello shock o capitalismo dei disastri’. Klein punta il dito contro la situazione sanitaria di stallo che c’era prima della pandemia.

“I nostri leader non hanno prestato attenzione ai segnali di allarme e hanno imposto una brutale austerità economica al sistema sanitario pubblico lasciandolo a corto di risorse e incapace di affrontare il tipo di situazione che stava nascendo”, spiega ancora ricordando che l’Europa meridionale è stata “il punto di partenza delle politiche di austerità più sadiche”, dopo la crisi finanziaria del 2008. “C’è poi da meravigliarsi che i loro ospedali, pur avendo un’assistenza sanitaria pubblica, siano così mal equipaggiati per far fronte a questa crisi?”.

Il punto focale, secondo la giornalista, rimane sempre il sistema capitalista che sacrifica ‘la vita su larga scala pur di avere il profitto’ e fa riferimento alla situazione americana in cui il presidente Trump ha chiesto il sostegno di milionari per far tornare al lavoro gli americani e salvare l’economia.

“Questa è la storia del colonialismo, della tratta atlantica degli schiavi, degli interventi americani nel mondo. È un modello economico intriso di sangue”.

Ma rispetto al colonialismo vero e proprio, adesso c’è più consapevolezza ed è per questo che secondo la giornalista dobbiamo pensare a quale soluzione esigeremo una volta che la crisi sarà finita.

“Ora a causa della crisi ecologica e a causa del cambiamento climatico è la stessa abitabilità del pianeta ad essere sacrificata. Ci vuole una soluzione bastata sui principi di un’economia effettivamente rigenerativa, fondata sulla tutela e sulla riparazione”.

E aggiunge:

Quando ci si chiede quando le cose torneranno alla normalità, dobbiamo ricordare che la normalità era la crisi. È normale che l’Australia stesse bruciando un paio di mesi fa? È normale che l’Amazzonia bruciasse un paio di mesi prima? È normale che milioni di persone in California si vedessero tagliare l’elettricità all’improvviso, perché il loro fornitore privato pensava che fosse un buon modo per prevenire l’ennesimo incendio boschivo? Normale è mortale. La “normalità” è una crisi gigantesca. Dobbiamo provocare una profonda trasformazione che porti a un’economia salva-vita”.

La buona notizia è che rispetto al 2008 le cose sono cambiate, c’è più consapevolezza sociale ma c’è da fare ancora uno sforzo in più:

“Dobbiamo sviluppare nuovi strumenti di disobbedienza civile che ci permettano di agire a distanza. Sono molto fiduciosa sui diversi modi in cui le persone possono collaborare in questo momento ed è ironico, perché è vero che non siamo mai stati così fisicamente distanti, ma forse è proprio per tale lontananza che siamo così determinati ad avvicinarci l’un l’altro”. Senza dimenticare, che dobbiamo tornare a indignarci”. Dobbiamo farci ispirare dai movimenti di massa che hanno rovesciato i governi nelle crisi precedenti”.

Fonte: El Salto

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