Angelina Mango e il significato profondo della noia (ma cos’è la cumbia?)

“La Noia” è la canzone di Angelina Mango che ha vinto il Festival di Sanremo 2024. Ma ora in molti si chiedono cosa indichi quel termine, “cumbia”, protagonista del suo testo dal retrogusto latino scritto con Madame e Dardust

Inno immenso alla noia: finalmente c’è qualcuno che ha sdoganato quel senso profondo del dolce annoiarsi, il “tedio” col quale nemmeno più i nostri bambini sono abituati a cercare un confronto.

È la “cumbia della noia” e lei è Angelina Mango, che proprio col titolo “La noia” ha infiammato il palco dell’Ariston nei cinque giorni di Sanremo edizione 74 e l’ha pure vinto. Un successo che ha messo d’accordo tutti, ma tutti nello stesso tempo hanno gugolato: cos’è mai la cumbia che la Mango nomina nel testo?!

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Effettivamente poco si sente dalle nostre parti, ma la Cumbia è una bellissima musica popolare e una danza colombiana. E la “cumbia della noia” non è nient’altro che una super celebrazione al dono prezioso del dolce far niente.

Cos’è la Cumbia e da dove deriva il termine

In realtà questa parola non è nuova nel panorama della canzone italiana. Già Adriano Celentano cantava nel 2011 “La cumbia di chi cambia”, un testo di Jovanotti estratto dall’album Facciamo finta che sia vero.

La Cumbia è una musica popolare e una danza colombiana, di parentela molto stretta a salsa, merengue e rumba. Oggi è un ballo di coppia, dal ritmo scandito dai tamburi e rilassato e piuttosto sensuale, i due sono l’uno di fronte all’altra e danzano senza contatto diretto. La danza deriva però dalla cumbiamba, di origine africana, che giunse in Colombia durante la conquista spagnola, quando gli africani furono impiegati nelle piantagioni. Furono queste che assunsero il nome di “kumbè”, da “kumb”, termine che indicava il suono e il rumore che gli schiavi producevano durante il lavoro.

La metafora della Cumbia della noia

Va da sé, quindi, che la “cumbia della noia” diventa un inno danzante, ritmico, allegro, della noia in quanto tale. Tutto il testo della Mango, infatti, è teso a ribaltare la concezione più banale e comune della noia, che generalmente viene combattuta invece che accolta, ma che l’artista invece esorta a fare propria per andare verso qualcosa di nuovo per rinascere in un certo senso.

Spesso i momenti tristi sono il seme, il preludio a una nuova felicità, il buio prima della luce. Non si deve aver paura della noia: va accolta, è importante, così come tutti i sentimenti che ci portano giù, in fondo. C’è una risalita, sempre. La noia non va combattuta: è tempo prezioso da dedicare a noi stessi. E nei momenti difficili, bisogna ballarci sopra, dice Angelina Mango.

Ora qualcuno dirà che una diversa visione della noia come opportunità e non sterilità non l’ha di certo inventata Angelina Mango: in letteratura, così come in filosofia e in psicologia, è una questione ampiamente esposta, anche se spessissimo portata al rango di angoscia esistenziale.

Ma noi ringraziamo Angelina Mango per aver riportato a galla e, soprattutto, alle orecchie di tutta Italia, l’idea che, nella costante frenesia che scandisce i nostri giorni il tempo da dedicare a noi stessi e faccenda di vitale importanza.

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