Senza futuro: il 98% dei bambini africani sta già vivendo sulla sua pelle le conseguenze devastanti della crisi climatica

Così i cambiamenti climatici - di cui siamo responsabili - stanno rubando l'ultimo briciolo di infanzia (e dignità) ai bambini dei Paesi africani. Anno dopo anno, devono fare sempre più i conti con minacce come la siccità e le alluvioni. Si tratta di un dramma di proporzioni gigantesche, eppure i finanziamenti destinati a queste fasce vulnerabili sono a dir poco irrisorie

Mentre una parte del mondo (in particolare quella occidentale) persevera inquinando, a vantaggio delle lobby fossili, dall’altra parte c’è chi paga tutto questo sulla propria pelle, rimettendoci spesso anche la vita. Fra le persone più esposte alle conseguenze degli stravolgimenti del clima legati alle attività umane ci sono i più piccoli, in particolare i bambini che vivono nei Paesi africani. Il 98% dei minori che vivono in Africa sono, infatti, classificati come “ad alto o altissimo rischio di impatti dei cambiamenti climatici.”

A lanciare l’allarme è i nuovo report “Time to Act: Time to Act: African children in the climate change spotlight”, redatto dall’agenzia UNICEF, che ha valutato 49 Stati prendendo in considerazione l’esposizione dei bambini agli shock ambientali, come cicloni e ondate di calore, e alla loro vulnerabilità a tali fenomeni, in base all’accesso ai servizi essenziali.

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Dove vivono i bambini dei Paesi più a rischio

Ma dove vivono (o sarebbe meglio dire sopravvivono) i bambini e i ragazzini maggiormente vulnerabili alla crisi climatica e ai suoi effetti? Fra i Paesi africani dove l’esistenza è diventata infernale spiccano la Repubblica Centrafricana, il Ciad, la Nigeria, la Guinea, la Somalia e la Guinea-Bissau.

Qui i bambini devono sempre sempre più spesso i conti con prolungate carestie, devastanti inondazioni, intense ondate di calore. Per loro accedere a beni essenziali come l’acqua sta diventando una vera impresa. Invece di giocare spensierati e stare sui banchi di scuola per imparare, si ritrovano a soffrire di malnutrizione e di malattie come la malaria e il colera o a morire nel bel mezzo di guerre civili.

@UNICEF

È chiaro che i membri più giovani della società africana stanno sopportando il peso dei duri effetti del cambiamento climatico – commenta Lieke van de Wiel, vicedirettore dell’UNICEF per l’Africa orientale e meridionale. – Sono i meno capaci di far fronte alla situazione, a causa della vulnerabilità fisiologica e dello scarso accesso ai servizi sociali essenziali.

Nella Regione del Sahel, dove lo scorso anno gli stravolgimenti climatici hanno provocato una lunga scia di morte fra la popolazione, l’insicurezza alimentare sta aumentando a ritmi inquietanti. Le temperature roventi stanno infliggendo un duro colpo alle coltivazioni di mais, miglio e sorgo, da cui dipende la sopravvivenza di milioni di persone.

Una tragedia che non fa rumore

Questo dramma, però, non fa rumore e non finisce sulle prime pagine dei giornali. Ai bambini che vivono in Paesi come la Somalia vengono destinati dei finanziamenti irrisori. Come sottolineato dal report dell’Unicef, soltanto il 2,4% dei fondi fondi multilaterali per il clima (MCF) può essere classificato come sostegno ad attività rivolte ai bambini, con un valore medio di soli 71 milioni di dollari all’anno. Se si allarga il gruppo di riferimento ai giovani, la cifra sale ad appena il 6,6% della spesa totale del MCF. Praticamente un contentino.

Ad occuparsi di questi bambini ci stanno pensando realtà come l’UNICEF e il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), che stanno portando avanti diversi per tutelare le comunità africane a aiutarle ad adattarsi meglio al clima che cambia.

A partire dal 2020 un’iniziativa è riuscita ad almeno 3 milioni di persone vulnerabili che vivono nel Sahel, di cui 2,7 milioni di bambini, l’accesso ai servizi essenziali, specialmente nei periodi più critici; mentre in Tanzania un programma dell’UNEP sta tentando di ridurre l’impatto dannoso dell’innalzamento del livello del mare sulle infrastrutture, investendo nella realizzazione di muri marini, riposizionando pozzi, ripristinando le foreste di mangrovie, ma anche costruendo sistemi di raccolta dell’acqua piovana.

Questi sporadici interventi, però, non saranno sufficienti a salvare le nuove generazioni e a garantire loro un futuro più sereno e dignitoso. Servono investimenti adeguati e progetti concreti e a lungo termine per rimediare ai danni causati dai Paesi più ricchi e industrializzati, che stanno schiacciando i più poveri per abbandonarli al loro destino.

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Fonte: UNICEF

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