Come il papà di Giovanni Rodari salvò un gattino compromettendo per sempre la sua vita

Era una notte del 1929, quando Giuseppe Rodari, già con disturbi polmonari, uscì di casa durante un temporale per salvare un gattino. Un gesto che gli fu fatale e che inevitabilmente ha segnato la vita e gli scritti del giovane Giovanni

È fradicio e trema. È uscito sotto il temporale per aiutare un gattino rimasto isolato tra le pozzanghere”, così in “Grammatica della fantasia” (1973), Gianni Rodari imprime sulla carta e nella mente quel particolare del padre Giuseppe.

La vita dei nostri genitori, nel bene o nel male, ci segna eccome. Quello che fanno, il lavoro che svolgono, la sorte che hanno. Un po’ come un manuale già scritto, tutto del nostro vissuto si rivela poi indissolubilmente legato a ogni singolo avvenimento. È quanto è probabilmente accaduto a Gianni Rodari, maestro di parole e di filastrocche che ha dedicato la sua vita a rendere i bambini più consapevoli tramite fiabe fantastiche e racconti straordinari e di cui nel 2020 si è celebrato il centenario della nascita.

Vincitore nel ’70 del prestigioso Premio internazionale Hans Christian Andersen (l’unico finora in Italia) e il più importante autore italiano per ragazzi del Novecento, ha avuto in realtà in serbo per tutta la vita la morte tragica del papà, i cui elementi torneranno in molti dei suoi scritti.

Il tragico episodio

È stesso Gianni Rodari che fa riferimenti al papà Giuseppe nella celeberrima “Grammatica della fantasia”, in cui scrive, dopo aver precisato di essere “figlio di un fornaio”, così prosegue:

La parola “forno” vuol dire, per me, uno stanzone ingombro di sacchi, con un’impastatrice meccanica sulla sinistra, e di fronte le mattonelle bianche del forno, la sua bocca che si apre e chiude, mio padre che impasta, modella, inforna, sforna. Per me e per mio fratello, che ne eravamo ghiotti, egli curava ogni giorno in special modo una dozzina di panini di semola doppio zero, che dovevano essere molto abbrustoliti.

L’ultima immagine che conservo di mio padre è quella di un uomo che tenta invano di scaldarsi la schiena contro il suo forno. È fradicio e trema. È uscito sotto il temporale per aiutare un gattino rimasto isolato tra le pozzanghere. Morirà dopo sette giorni, di bronco-polmonite. A quei tempi non c’era la penicillina.

So di essere stato a vederlo più tardi, morto, sul suo letto, con le mani in croce. Ricordo le mani ma non il volto. E anche dell’uomo che si scalda contro le mattonelle tiepide non ricordo il volto, ma le braccia: si abbruciacchiava i peli con un giornale acceso, perché non finissero nella pasta del pane. Il giornale era La Gazzetta Del Popolo. Questo lo so di preciso, perché aveva una pagina per i bambini. Era il 1929.

Quel gattino, insomma, si salvò, mentre Giuseppe morì di broncopolmonite. Un gesto di generosità che, nel bene e nel male, segnò la vita del figlio, ricordato – tra l’altro – oggi, anche in un post di Edizioni El – Einaudi Ragazzi, che di Rodari ha edito parecchi volumi:

Il ruolo in Gianni Rodari della morte del padre e anche del gatto come paradigma di libertà applicata anche alla pedagogia sono state sottolineate da Pino Boero, docente di letteratura dell’infanzia, secondo cui è fondamentale la motivazione con cui Rodari, fra gli animali, mette sempre in evidenza i gatti con moltissime filastrocche.

Il gatto non è amico di nessuno, entra, mangia, si stira e torna via, crede che la casa sia un’osteria. Non fa festa al padrone, non l’accompagna a spasso, non ti riporta il sasso che tu getti lontano, non ti viene a leccare la mano come fa il cane con quegli occhi buoni. E quando miagola pare che stia raccontando una bugia, scriveva Rodari.

Negli scritti di Rodari, di fatti, è costante il tema dell’autonomia e della libertà, finanche del gatto: libertà, centralità della persona, che non dipende, “che non lecca la mano“, dice Boero. E forse che non sia stato anche quel tragico evento ad infondere nel piccolissimo Giovanni la necessità urgente e struggente di crescere e abbandonare prima del tempo la spensierata età dell’infanzia.

Un tema, quello dell’autonomia, che Rodari proietterà anche a livello pedagogico mettendo al centro il bambino come soggetto attivo partecipante.

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