Cannabis light illegale in Italia: tutto quello che sappiamo finora (e cosa ancora no)

La Conferenza Stato-Regioni ha reso di fatto la Cannabis light illegale. Cosa accadrà adesso? Facciamo il punto della situazione

La Cannabis light è stata dichiarata illegale: nelle ultime la notizia sta rimbalzando su social e quotidiani, alzando un gran polverone. Tanta la delusione e l’amarezza fra i produttori e i commercianti che hanno investito in questo prodotto e che adesso temono per il loro futuro. A rischio ci sono, infatti, migliaia di lavoratori, fra cui tantissimi giovani. Ma come si è arrivati a questa decisione? E cosa potrebbe succedere adesso? Cerchiamo di fare il punto della situazione, che ha davvero del surreale.

Cosa prevede il decreto approvato dalla Conferenza-Stato Regioni

La novità scaturisce da una decisione presa lo scorso mercoledì dalla Conferenza Stato-Regioni, che ha adottato un Decreto interministeriale che definisce “l’elenco delle specie di piante officinali coltivate nonché criteri di raccolta e prima trasformazione delle specie di piante officinali spontanee”.

Nel testo del decreto la Cannabis light viene equiparata a qualsiasi altra sostanza stupefacente. Nell’articolo 4 del decreto si specifica: “la coltivazione delle piante di Cannabis ai fini della produzione di foglie e infiorescenze o di sostanze attive a uso medicinale è disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, che ne vieta la coltivazione senza la prescritta autorizzazione da parte del Ministero della salute”.

In sostanza significa che coltivatori e rivenditori andrebbero incontro potrebbero andare incontro a sanzioni previste nel Testo Unico sulle droghe. Una situazione assurda, visto che la Cannabis light non ha proprio nulla di “stupefacente” (considerati i bassissimi livelli di THC).

Non ha senso perché tanto l’OMS quanto l’ONU hanno tolto la Cannabis Light dagli elenchi delle sostanze stupefacenti e la Corte europea ha sancito (con voto favorevole dell’Italia) la sua libera circolazione – tuona il deputato Riccardo Magi di +Europa Radicali – È pericolosa perché rischia di cancellare oltre 15.000 posti di lavoro già attivi in Italia e oltre 3.000 imprese aperte in particolare da giovani imprenditori agricoli. La Cannabis Light paga il prezzo dei pregiudizi e fa davvero impressione che a promuovere quanto decreto siano ministeri guidati da forze politiche che a parole si schierano con la legalizzazione della Cannabis, quella vera.

Quali saranno le conseguenze?

Ma è davvero tutto perduto per i produttori e i rivenditori di cannabis light? A quanto pare no. C’è ancora qualche spiraglio di luce. A spiegarlo è l’avvocato Carlo Alberto Zaina, che chiarisce che il testo approvato non ha la stessa valenza giuridica di una legge.

https://www.facebook.com/avvocatocarloalberto.zaina/posts/4460165054110460

Un decreto ministeriale (D.M.), che diviene, come nella specie, interministeriale quando impegna la competenza di diversi dicasteri e deve quindi essere adottato di concerto tra gli stessi, è un mero atto amministrativo. – chiarisce Zaina – Esso come tale è suscettibile di essere impugnato dinanzi al TAR, diversamente da una legge, che al più potrebbe venire dichiarata incostituzionale o disapplicata ai sensi l’art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 (All. E). Nella gerarchia delle fonti del diritto questa tipologia di atti, riconducibili alla specie dei regolamenti, viene, quindi, definita come fonte secondaria statale per eccellenza. In buona sostanza, un atto puramente amministrativo non può derogare, quanto al contenuto, alla Costituzione e agli atti aventi forza di legge sovraordinati, né può avere ad oggetto incriminazioni penali, stante la riserva assoluta di legge che vige in detta materia.

Inoltre, secondo Zaina, il decreto è molto discutibile perché risulta essere troppo nebuloso.

Da un lato, si usa genericamente il termine “di piante di Cannabis”, e non si menzionano, invece, specificamente le piante di canapa Sativa L. – fa notare l’avvocato  – E’ ben vero che questa ultima specie rientra in quella più generale, ma così come concepita l’espressione usata in decreto appare pleonasticamente sconcertante. La coltivazione di Cannabis (termine questo che, invero, riguarda usualmente la piante idonee a produrre un alto contenuto di THC, quindi di carattere stupefacente) è naturalmente illecita e riconducibile all’ambito del dpr 309/90. Non vi era, quindi, certo necessità di ribadire un concetto solare. Da altro lato, invece, non si comprende se menzionando la coltivazione di piante di cannabis ai fini della produzione di foglie ed infiorescenze e facendo seguire alle stesse il termine “sostanze attive ad uso medicinale”, il redattore del decreto abbia fatto solo una grossolana confusione, oppure abbia inteso – seppure malamente – collegare direttamente le foglie e le infiorescenze all’uso medicinale.
Insomma, il testo crea non poca confusione. Il decreto costituisce l’ennesimo tentativo di criminalizzare il settore della coltivazione della Canapa. E il timore per chi opera nella filiera è quello di una valanga di sequestri da parte delle forze dell’ordine, uno scenario su cui mette in guardia anche l’avvocato Zaina:
“L’unica conseguenza indubbiamente sfavorevole consisterà nella circostanza che le forze dell’ordine ed una cospicua parte della magistratura inquirente si farà forte di utilizzare questo D.M. per procedere a nuovi sequestri e nuove iniziative giudiziarie, che sino ad oggi – salvo rarissimi esiti negativi, tuttora sub-judice – si sono concluse sempre a favore degli imputati.”ù

Nello stesso giorno in cui è stato approvato il decreto, però, è stato fatto anche un importante passo avanti nell’iter che riguarda il referendum sulla Cannabis legale: la Corte di Cassazione ha ritenuto legittime le 630mila firme digitali raccolte in Italia nel giro di pochi mesi.

https://www.facebook.com/MeglioLegale/posts/4468121113286274

La prossima importante tappa è attesa il 15 febbraio, quando la Corte Costituzionale sarà chiamata a esprimersi per fissare la data del voto.

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