Orche, è l’apocalisse per colpa delle sostanze chimiche brevettate Monsanto

Entro i prossimi 50 anni, le attuali concentrazioni di PCB, un prodotto brevettato dalla Monsanto, potrebbero ridurre drasticamente le popolazioni di orche che vivono nelle aree maggiormente contaminate

Entro i prossimi 50 anni, le attuali concentrazioni di PCB, un prodotto brevettato dalla Monsanto, potrebbero ridurre drasticamente le popolazioni di orche che vivono nelle aree maggiormente contaminate.

Più di quarant’anni dopo che sono state adottate le prime iniziative per vietare l’uso di PCB, questi inquinanti persistenti dalla tossicità simile a quella della diossina sono ancora una minaccia mortale per gli animali ai vertici della catena alimentare. A lanciare un nuovo allarme è stato lo studio condotto dagli scienziati dell’Università di Aarhus, in Danimarca, secondo i quali i policlorobifenili potrebbero portare alla scomparsa di metà delle popolazioni mondiali di orche dalle aree più fortemente contaminate in un periodo di soli 30-50 anni.

L’orca è uno dei mammiferi più diffusi sulla Terra e si trova in tutti gli oceani del mondo da un polo all’altro. Ma oggi solo le popolazioni che vivono nelle aree meno inquinate possiedono un gran numero di individui. Sono più a rischio quelle che si nutrono principalmente di mammiferi marini e di grossi pesci come tonni e squali, mentre quelle che si nutrono principalmente di piccoli pesci come l’aringa sono meno minacciate.

Le orche (Orcinus orca) sono l’ultimo anello di una lunga catena alimentare e sono tra i mammiferi con il più alto livello di PCB (policlorobifenili) nei loro tessuti. I ricercatori hanno misurato valori fino a 1300 milligrammi al chilo nel loro grasso. Per fare un confronto, un gran numero di studi dimostrano che gli animali con livelli di PCB bassi come 50 milligrammi per chilo di tessuto possono mostrare segni di infertilità e gravi impatti sul sistema immunitario.

Insieme ai colleghi di altre università e istituti internazionali, i ricercatori dell’Università di Aarhus hanno documentato che il numero di orche è in rapido declino in 10 delle 19 popolazioni oggetto di analisi e che la specie potrebbe sparire del tutto da diverse aree entro pochi decenni.

Il gruppo di ricerca, che comprende ricercatori provenienti da Stati Uniti, Canada, Inghilterra, Groenlandia, Islanda e Danimarca, ha esaminato tutta la letteratura esistente e ha confrontato tutti i dati con i propri risultati più recenti, ottenendo informazioni sui livelli di PCB in più di 350 singole orche in tutto, il numero più grande mai studiato. Applicando una serie di modelli, i ricercatori hanno poi previsto gli effetti dei PCB sul numero della prole, sul sistema immunitario e sulla mortalità delle orche per un periodo di 100 anni.

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È emerso che le più a rischio sono quelle che vivono in aree fortemente contaminate come nelle acque del Brasile, nello Stretto di Gibilterra e nel Regno Unito. Intorno alle isole britanniche, i ricercatori stimano che la restante popolazione conta meno di 10 orche.

“I risultati sono sorprendenti. Vediamo che oltre la metà delle popolazioni di orche assassine studiate in tutto il mondo sono gravemente colpite dai PCB” ha detto Jean-Pierre Desforges dell’Università di Aarhus, che ha guidato le indagini.

In queste aree, osserviamo raramente orche appena nate“, prosegue Ailsa Hall, dell’Unità di ricerca sui mammiferi marini in Scozia.

“Poiché gli effetti sono stati riconosciuti per più di 50 anni, è spaventoso vedere che i modelli prevedono un alto rischio di collasso della popolazione in queste aree entro un periodo di 30-40 anni”, afferma Jean-Pierre Desforges.

I PCB si accumulano nella catena alimentare

I PCB possono avere un effetto devastante sulla riproduzione e sul sistema immunitario delle orche. Quelle la cui dieta include foche e pesci di grandi dimensioni come tonni e squali accumulano PCB e altri inquinanti passandoli ai livelli successivi della catena alimentare.

I policlorobifenili sono stati utilizzati in tutto il mondo dagli anni ’30. Più di un milione di tonnellate sono state prodotte e usate, tra le altre cose, in componenti elettriche e plastica. Insieme al DDT e ad altri pesticidi organici, i PCB si sono diffusi ampiamente negli oceani. Negli anni ’70 e ’80, ne è stato disposto il divieto in alcuni paesi e nel 2004, attraverso la Convenzione di Stoccolma, oltre 90 stati si sono impegnati a eliminare gradualmente le grandi riserve di PCB.

Un’orca potrebbe vivere fino a 60-70 anni e, sebbene il mondo abbia fatto i primi passi per eliminare gradualmente i PCB più di 40 anni fa, i livelli nei loro corpi sono ancora molto alti.

A rischio anche i piccoli

Purtroppo, tali sostanze si degradano lentamente nell’ambiente. Inoltre, vengono trasmesse da mamma orca alla sua prole attraverso il latte ricco di grassi. Ciò significa che le sostanze pericolose rimangono nei corpi degli animali, invece di essere rilasciate nell’ambiente in cui eventualmente si depositano o si degradano.

Secondo i ricercatori, ciò significa che gli sforzi fatti finora non sono stati sufficienti a evitare l’accumulo di PCB in alcune specie.

Una piccola buona notizia c’è. Negli oceani intorno alle isole Faroe, Islanda, Norvegia, Alaska e nell’Antartico, le prospettive non sono così cupe. Qui le popolazioni di orche crescono e questi animali sono in salute e continueranno a esserlo per tutto il prossimo secolo.

Lo studio è stato pubblicato su Science.

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Francesca Mancuso

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