Orate e branzini, tutta la verità sugli allevamenti in Grecia tra sofferenze atroci e mortalità elevate, in una nuova indagine.

@Selen Magnolia / We Animals Media
Una recente indagine dell’associazione Essere Animali in collaborazione con We Animals Media ha fatto luce su una terribile realtà che, questa volta, riguarda gli allevamenti di branzini e orate della Grecia. Dove “uccisioni dolorose, gabbie sovraffollate e mortalità elevate” sono la norma.
I pesci vengono uccisi con metodi di macellazione che violano gli standard internazionali di benessere animale, sono costretti a vivere in spazi ristretti ammucchiati gli uni sugli altri all’interno di reti e il tasso di mortalità è elevatissimo, si legge nel rapporto di Essere Animali.
@Selen Magnolia / We Animals Media
Scaricati ancora vivi in vasche piene di acqua e ghiaccio, “si contorcono e feriscono nel tentativo di fuggire, come dimostra il sangue nelle vasche“. Spesso i pesci morti continuano a galleggiare nelle reti favorendo la trasmissione di malattie e deteriorando la qualità dell’acqua. E ne muoiono moltissimi prima ancora della macellazione, un pesce su 5, soprattutto a causa delle malattie. La cosa peggiore è che possono soffrire per decine di minuti prima di morire per congelamento e asfissia.
Eppure tutto questo è espressamente vietato dal Regolamento (CE) n. 1099/2009 riguardante la protezione degli animali in fase di abbattimento. Secondo il quale i pesci non devono essere sottoposti a dolori, ansia e sofferenze evitabili al momento dell’uccisione. Nel caso specifico servirebbe come minimo lo stordimento preventivo per evitare l’asfissia in acqua e ghiaccio, metodo purtroppo molto diffuso, come ha spiegato il presidente di Essere Animali Simone Montuschi:
“Dalle nostre immagini è evidente che l’assenza di stordimento in fase di uccisione continui a provocare sofferenza ingiustificata ai pesci, esseri senzienti in grado di provare dolore e paura. É da anni che la nostra organizzazione documenta pratiche di macellazione crudeli come l’asfissia in acqua e ghiaccio, anche in allevamenti italiani”.
@Selen Magnolia / We Animals Media
La Grecia è il principale produttore di branzini e orate nell’UE. Anche l’Italia ne importa enormi quantità dato che non riesce a soddisfare con la sola produzione locale la domanda nazionale: nel 2019 circa 36.000 tonnellate su un totale di 67.000 tonnellate di questi pesci provenivano dalla penisola ellenica.
Non solo il benessere animale è a rischio, anche quello ambientale. Perché le gabbie marine, come si legge nel rapporto, “sono sistemi di produzione aperti che rilasciano nell’acqua rifiuti organici, residui di medicinali e sostanze chimiche, danneggiando l’ecosistema circostante.” Senza contare che branzini e orate sono specie carnivore che necessitano fino a 2 kg di mangime formato da farina e olio di pesce “provenienti dalla pesca industriale di milioni e milioni di animali acquatici selvaggi. Questo significa che gli allevamenti ittici, che producono più della metà del pesce destinato al consumo umano diretto, contribuiscono allo sfruttamento degli stock ittici selvatici.”
@Essere Animali
Insomma, questa situazione non è più accettabile e richiede un urgente cambiamento di prospettiva sia nei consumatori che nella grande distribuzione. Ecco perché Essere Animali rilancia la campagna #AncheiPesci, il cui scopo è tutelare il benessere dei pesci e incoraggiare i supermercati italiani ad adottare una policy aziendale più rispettosa. E ci invita tutti a firmare la petizione contro la violenza sui pesci.
@Essere Animali
Purtroppo eravamo già al corrente della situazione e quest’indagine è solo l’ennesima terribile conferma.
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