Cacciatrice spara a un cinghiale, ma l’animale prova a difendersi. La donna reagisce colpendolo in testa con la canna del fucile

Una cacciatrice di Sassari ha ferito un cinghiale che ha reagito attaccandola. Per difendersi la donna l'ha colpito con la canna del fucile.

Durante una battuta nelle campagne in provincia di Sassari, una cacciatrice ha sparato a un cinghiale che era sbucato dai cespugli, ma non è riuscita ad ucciderlo sul colpo. Così, l’animale ferito ha reagito attaccandola, o meglio difendendosi, e provando a morderla. Ma la giovane donna si è difesa prontamente “bastonando” con dei colpi di canna del fucile sulla testa dell’animale fino a farlo scappare.

L’intera scena è stata ripresa dalla cacciatrice, probabilmente con una action cam, e il video è finito in rete.

L’episodio ha riacceso la polemica sull’attività venatoria nell’isola. Proprio negli scorsi mesi l’associazione LAV (Lega Anti Vivisezione) si è rivolta al governatore della Sardegna Christian Solinas, chiedendo la sospensione della stagione di caccia 2020/2021 per “per gravi motivazioni sanitarie, come previsto all’art.19 comma 1 della legge 157/92 sulla caccia, a tutela della salute dei cittadini sardi considerato anche la recrudescenza dell’epidemia e la fragilità della sanità isolana.” Ma l’appello della LAV è rimasto inascoltato.

L’anno scorso ha visto la Sardegna al primo posto per incidenti venatori, che non sono mancati neanche in questa prima parte della stagione. – fa notare sezione LAV di Cagliari in un post su Facebook – Gli incidenti, spesso gravi, mettono in crisi gli ospedali con gran parte dei reparti dedicati al Covid. Si impegnano mezzi, personale medico e di soccorso. Di recente è stato necessario un elicottero per trasportare un cacciatore attaccato da un cinghiale da Campeda a Sassari. Numerose attività molto meno rischiose sono già vietate ai cittadini al fine di evitare incidenti e per ridurre i rischi legati al contagio. Gli assembramenti dei cacciatori per le battute di caccia, in luoghi remoti non controllabili, le attività rituali post caccia, il contatto col sangue degli animali selvatici uccisi e la macellazione sono situazioni a forte rischio di contagio. Pratiche venatorie contro cui altri amministratori, come la sindaca di Luras ad esempio, hanno preso posizione. L’appello di LAV è stato ignorato mentre quello dei cacciatori è stato prontamente accolto, nonostante le restrizioni nazionali di contrasto all’espansione del Covid.”

E in effetti in un momento drammatico, fatto di restrizioni e controlli, come quello che stiamo vivendo appare davvero assurdo consentire la caccia come se si trattasse di un’attività necessaria per i cittadini.

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