Trovati contaminanti cancerogeni persino nella fossa oceanica di Atacama: inquietante scoperta a 8mila metri di profondità

Che fine hanno fatto i pericolosi policlorobifenili (sostanze tossiche e cancerogene ormai vietate a livello mondiale da decenni)? Continuano ad avvelenare silenziosamente gli ecosistemi, specialmente quelli marini, per poi finire nella catena alimentare. Questi contaminanti sono stati rilevati di recente anche nella Fossa oceanica di Atacama

Nessun punto della Terra è davvero al sicuro dalla contaminazione provocata da sostanze pericolose per l’ambiente e la salute umana. A fornirci l’ennesima prova la recente scoperta fatta dagli scienziati nell’ambito di una ricerca guidata dall’Università di Stoccolma.

Il team di studiosi ha scovato degli inquinanti organici persistenti (meglio noti come POPs), nello specifico i policlorobifenili (PCB), persino nella Fossa di Atacama, abisso oceanico situato lungo le coste del Pacifico orientale e profondo circa 8000 metri.

fossa atacama

@Stockholm University/Nature

Qui i ricercatori hanno trovato i PCB in ogni campione analizzato, dimostrando come queste sostanze nocive riescano ad essere trasportate in luoghi molto distanti rispetto al punto in cui vengono rilasciati e siano in grado di permanere nell’ambiente per decenni, con effetti molto pesanti sull’ecosistema. La Fossa di Atacama è estremamente ricca di plancton, di cui si nutrono poi crostacei, balene e altri pesci.

Le fosse oceaniche si configurano come dei punti unici per l’ecosistema. Come spiegano gli esperti, queste depressioni fungono da “pozzo” per il materiale organico morto. Di conseguenza, molto carbonio organico si accumula nella fossa marina, in cui è presente un’alta percentuale di plancton.

Nel nostro studio, abbiamo visto che il sedimento nei punti più profondi della fossa di Atacama aveva una percentuale inferiore di carbonio organico facilmente degradabile. – chiarisce Anna Sobek, docente presso il Dipartimento di Scienze Ambientali all’Università di Stoccolma e co-autrice della ricerca apparsa su Nature – Abbiamo anche scoperto che c’erano concentrazioni più elevate di PCB per grammo di carbonio organico nelle zone più avvallate. Ciò è dovuto al fatto che il carbonio organico del sedimento viene degradato, mentre i policlorobifenili, più longevi, restano equindi possono accumularsi.

fossa di atacama

@Stockholm University/Nature

Cosa sono i PCB e perché rappresentano una grande minaccia

Con il termine bifenili policlorurati o policlorobifenili (PCB) ci si riferisce una miscela di idrocarburi clorurati usata dal 1930 per diversi scopi industriali.

Tali sostanze sono state ampiamente impiegate come fluidi dielettrici nei trasformatori e nei condensatori elettrici in quanto sono ottimi isolanti, sono conduttori elettrici non infiammabili e chimicamente stabili; inoltre, sono stati impiegati anche come fluidi idraulici, veicolanti o diluenti sinergici dei pesticidi, plastificanti, ritardanti di fiamma, fungicidi, componenti di vernici. La produzione industriale dei PCB è drasticamente stata interrotta o messa al bando fra gli anni ’70 e gli anni ’90 a livello mondiale.

Eppure, ancora oggi questi si trovano praticamente ovunque, dato che non sono biodegradabili e per della loro buona liposolubilità, si accumulano nei tessuti adiposi di pesci e mammiferi, compromettendo la catena alimentare.  I PCB sono noti per un ampio spettro di effetti tossici cronici. Sono considerati cancerogeni (la correlazione col melanoma è stata accertata in vari studi) e, inoltre, danneggiano il sistema immunitario e il sistema nervoso centrale, oltre ad essere elencati fra gli interferenti endocrini.

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La concentrazione di PCB nei campioni della fossa di Atacama non è particolarmente allarmante, secondo il professor Ronnie N. Glud, direttore del Centro danese per la ricerca Hadal presso l’Università della Danimarca meridionale e co-autore dello studio. Vi sono, infatti, delle aree in cui i livelli sono decisamente più elevati, ad esempio il Mar Baltico, il Mare del Nord e la baia di Tokyo.

“Questi sono luoghi con molta attività umana, quindi è più prevedibili. I campioni di Atacama non mostrano concentrazioni molto elevate, ma considerando che sono stati recuperati dai fondali sono relativamente alti. Nessuno si aspetterebbe di trovare sostanze inquinanti in un posto del genere” conclude Glud.

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Fonti: Università di Stoccolma/Nature

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