Stop ai sussidi ambientalmente dannosi! L’Italia ha speso 35 miliardi “sporchi” solo nel 2020

Soltanto nel 2020 in Italia sono stati investiti circa 35 miliardi in sussidi ambientalmente dannosi, è arrivato il momento di dire basta!

Si parla da tempo ormai di transizione ecologica in Italia, ma finora abbiamo sentito soltanto parole e poche (anzi pochissime azioni!). Il nostro Paese sta continuando a incentivare i cosiddetti sussidi ambientalmente dannosi (SAD), a scapito del Pianeta. Nel corso del 2020 i tagli sono stati irrisori. E a dirlo sono i numeri raccolti da Legambiente nel nuovo report “Stop sussidi ambientalmente dannosi”. 

Ammonta a ben 34,6 miliardi di euro il costo totale dei sussidi ambientalmente dannosi (ovvero tutti quegli incentivi diretti e indiretti che intervengono su beni o lavorazioni, per ridurre il costo di utilizzo di fonti fossili o di sfruttamento delle risorse naturali) spesi nel 2020, suddivisi tra i settori energia, il più numeroso con 24 diversi sussidi per complessivi 12,86 miliardi di euro l’anno. Il settore trasporti con 15 voci e 16,6 miliardi di euro di sussidi tra diretti e indiretti; il settore agricolo con 5 voci e 3,1 miliardi di euro; quello edile con 1,1 miliardi di euro l’anno distribuiti in 3 voci e quello legato alle concessioni ambientali con 812,59 milioni di euro l’anno e 4 diverse voci da attenzionare di sussidi indiretti.

Eppure di questi 34,6 miliardi complessivi, 18,3 sono eliminabili entro il 2025 cancellando i sussidi per il mondo delle trivellazioni, i fondi per la ricerca su gas, carbone e petrolio; ma anche le agevolazioni fiscali per le auto aziendali, il diverso trattamento fiscale tra benzina gasolio, gpl e metano.

Senza dimenticare il Capacity Market per le centrali a gas e l’accesso al superbonus per le caldaie a gas. – sottolinea Legambiente – Tutte risorse che potrebbero essere rimesse in circolazione nel giro di pochi anni a favore della transizione energetica: rinnovabili, reti, efficienza, mobilità, bonifiche e molto altro anche per evitare il caro bollette. E sopperire ai versamenti mancati a favore dei paesi poveri come previsto dal Protocollo di Kyoto.

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Basta belle parole! È il momento di passare ai fatti 

È scaduto il tempo delle belle parole. Bisogna subito invertire la rotta abbandonando le fonti fossili che pesano anche sul rincaro bollette frutto della dipendenza del gas, incentivando sempre di più le rinnovabili facendo decollare la transizione ecologica ed energetica.

Non è più accettabile continuare a rimandare un problema che rappresenta una criticità non solo ambientale, ma anche sociale ed economica. – ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – Anche se il tema è entrato nel dibattito politico, non bastano annunci e commissioni ad hoc, se il risultato è ancora quello di vedere rimandato il tema del taglio e della rimodulazione dei sussidi a sfavore della collettività e del bene comune. È importante che l’Italia definisca al più presto una roadmap di uscita dalle fossili e dai sussidi che preveda interventi entro il 2025, anche in vista della chiusura delle centrali a carbone che non può essere affrontata solo con una semplice riconversione a gas condannando questo Paese alle importazioni di gas fossile per ulteriori 20/30 anni. Inoltre per fronteggiare la crisi climatica, è importante che l’Italia aggiorni al più presto il suo Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) per garantire una riduzione delle nostre emissioni climalteranti di almeno il 65% entro il 2030, andando ben oltre l’obiettivo del 51% previsto dal PNRR e confermando il phase-out del carbone entro il 2025 senza ricorrere a nuove centrali a gas. Il nostro auspicio è che dalla Pre-Cop di Milano che si è aperta oggi possa arrivare dal nostro Paese anche un impegno concreto di questo tipo”.

A preoccupare, inoltre, è anche il dato complessivo sui sussidi stanziati negli ultimi 10 anni: come evidenziato da Legambiente, dal 2011 ad oggi, sono stati circa 136,4 i miliardi di euro stanziati tra finanziamenti diretti a centrali che utilizzano petrolio, gas e carbone, che inquinano e producono emissioni gas serra; ma anche sconti su tasse – accisa, iva e credito d’imposta – per una lunga lista di utilizzi di benzina, gasolio, gas, ecc. – nei trasporti, nel riscaldamento, nelle industrie. Sconti sui prezzi, esenzioni e differenti trattamenti fiscali. In questi dieci anni sono, inoltre, pochissime le voci di sussidio che hanno subito cambiamenti radicali. Tra questi il CIP6, il sistema ETS e i sussidi alle trivellazioni diminuite negli anni a causa delle riduzioni delle estrazioni, ma anche a grazie alle timide modifiche normative sui canoni e sulle esenzioni che comunque hanno spostato qualche milione di euro.

E ricordiamo anche che nell’ultimo anno si sono aggiunti anche nuovi sussidi come quello del Capacity Market (che prevede per i prossimi 15 anni generosissimi incentivi per nuove centrali a gas), del sistema ETS o l’accesso al superbonus, introdotto nel 2020, per la riqualificazione degli immobili, che permette l’accesso alla detrazione fiscale del 110% anche alle caldaie a gas per le caldaie a gas.

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Le proposte di Legambiente

Per dire stop ai sussidi ambientalmente dannosi, Legambiente ha lanciato 5 proposte concrete alle autorità del nostro Paese (a partire dal ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani) in cui chiede di: 

  1. inserire nella prossima legge di Bilancio la cancellazione di tutti i sussidi alle fonti fossili entro il 2030;
  2. aggiornare annualmente il Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e favorevoli, definendo una roadmap di uscita dai sussidi e mettendo in evidenza i passi avanti fatti negli anni
  3. eliminare subito i sussidi diretti alle fossili per lo sfruttamento dei beni ambientali
  4. di rivedere la tassazione sui combustibili fossili per portare trasparenza e legare la fiscalità alle emissioni di gas serra
  5. aiutare i Paesi poveri colmando entro la fine del 2021 il miliardo di euro mancante, per adempiere agli impegni di Parigi che prevede per il nostro Paese un impegno di 4 miliardi di dollari per il periodo 2015-2020. 

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Fonte: Legambiente 

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