Sono oltre 70 anni che i pesci ingeriscono microplastiche, nuovo studio shock

Per i pesci le microplastiche non rappresentano un problema recente. Le ingeriscono dagli anni '50, come rivelato da un nuovo studio scientifico.

Le microplastiche rappresentano uno dei più gravi problemi per l’ambiente, specialmente per la fauna marina. Gli studi condotti negli ultimi anni hanno rivelato che la maggior parte dei pesci le ingerisce ormai costantemente, in particolare le specie più grandi. Soltanto negli ultimi anni l’umanità sembra essersi accorta dei danni irreversibili provocati dai frammenti di plastica, ma in realtà i pesci sono costretti a convivere con le microplastiche ormai da da decenni, addirittura dagli anni ’50.

A confermarlo è un nuovo studio condotto dai ricercatori della Loyola University di Chicago, che hanno esaminato le viscere dei pesci d’acqua dolce conservati nei musei. Ebbene sì, hanno rinvenuto tracce di plastica anche in esemplari vissuti circa 70 anni fa e, naturalmente, la situazione è andata soltanto a peggiorare negli ultimi tempi.

Microplastiche: un enorme problema per gli ecosistemi che va avanti da decenni 

“Negli ultimi 10 o 15 anni vi è stata una presa di coscienza sulla presenza di plastica nelle acque. Ma in realtà, gli organismi sono stati probabilmente esposti ai rifiuti di plastica da quando la plastica è stata inventata” spiega il biologo Tim Hoellein, coautore dello studio. 

Alcuni studi precedenti hanno dimostrato che il consumo di microplastiche può causare aneurismi e influenzare l’attività riproduttiva dei pesci, oltre alle prestazioni cognitive di alcune specie come i paguri. 

Ma Hoellein e il suo team volevano capire esattamente da quanto tempo i pesci ingeriscono microplastiche, quindi hanno deciso di esaminare alcuni esemplari custoditi al Field Museum di Chicago, dove sono conservati milioni di pesci. I ricercatori si sono focalizzati su quattro specie in particolare: il persico trota (Micropterus salmoides), il pesce gatto americano (Ictalurus punctatus ), il Notropis stramineus e il ghiozzo rotondo (Nogobius melanostomus ).

“Per ogni esemplare, abbiamo sezionato il tessuto digestivo dall’esofago all’ano, sottoposto il tessuto all’ossidazione del perossido, esaminato le particelle al microscopio da dissezione e utilizzato la spettroscopia Raman per caratterizzare la composizione chimica delle particelle” – spiegano i ricercatori – Nessuna microplastica è stata rilevata in alcun pesce prima del 1950.”

E proprio a partire dalla metà del secolo, si è registrato un aumento significativo della presenza di microplastiche.

“Tutte le particelle rilevate erano fibre e polimeri plastici (ad esempio poliestere) insieme a miscele di tessuti naturali e sintetici” evidenziano gli studiosi.

“Abbiamo scoperto che il carico di microplastiche nell’intestino di questi pesci è sostanzialmente aumentato con i livelli di produzione di plastica” sottolinea Caleb McMahan, zoologo specializzato in ittiologia. “Ed è una situazione analoga a quella che riguarda i mari. La plastica è ovunque”.

Ma da dove provengono tutte queste microplastiche? Non è facile dirlo, visto che ormai viviamo sommersi da oggetti di plastica. Ma secondo gli studiosi, quelle trovate nell’intestino dei pesci analizzati “provengono da oggetti più grandi che vengono frammentati e persino dai vestiti. 

“Ogni volta che lavi un paio di leggings o una camicia di poliestere, piccoli fili si staccano e vengono scaricati nella rete idrica” fanno notare gli autori dello studio.

Insomma, quello delle microplastiche non è affatto un problema recente e, senza misure concrete ed efficaci per combattere l’inquinamento da plastica, per i pesci sarà sempre più difficile sopravvivere e riprodursi.

Fonte: Ecological Applications

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