Ecco le foreste italiane diventate patrimonio dell’Umanità

Le faggete vetuste italiane, che da centinaia e centinaia di anni rendono meravigliosi i nostri boschi, fanno parte ora del Patrimonio dell'Unesco. Ecco quali sono.

Si allunga la lista dei beni naturali italiani inseriti nel patrimonio dell’Umanità: la Commissione dell’Unesco per la World Heritage ha infatti inserito lo scorso luglio ben 5 foreste di faggi nostrane tra i siti naturali diventati patrimonio universale ampliando così le faggete vetuste dei Carpazi e di altre regioni d’Europa già facenti parte dei siti protetti. Quali sono in particolare le foreste italiane diventate Patrimonio dell’Umanità?

Le faggete vetuste del Belpaese, insomma, che da centinaia e centinaia di anni rendono meravigliosi i nostri boschi e sono sede di una biodiversità unica, si uniscono a quelle di altre zone d’Europa. Facevano infatti già parte del sito le foreste di faggi di Slovacchia, Ucraina e Germania e ora, con le nuove decisioni della 41esima sessione della Commissione per il Patrimonio Mondiale dell’Unesco, state inserite anche quelle di Albania, Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Italia, Romania, Slovenia e Spagna (un totale di 63 faggete in 12 Paesi).

Ricche di piante secolari, le faggete – quelle italiane conservano tra gli alberi più vecchi d’Europa, con esemplari che hanno quasi 600 anni e che possono arrivare sino a 50 metri – “rappresentano un eccezionale esempio di foreste temperate e intatte, e mostrano uno dei più completi ed esaurienti modelli e processi ecologici di faggeta europea”. Contengono inoltre, un “prezioso serbatoio genetico di faggi e conservano svariate specie associate e dipendenti da questi habitat forestali”, si legge sul sito ufficiale.

In particolare, nella lista rientrano le faggete cresciute su più di 2000 ettari sono queste:

1) Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise

Nei territori afferenti a Villavallelonga (Valle Cervara), Lecce nei Marsi (Moricento), Pescasseroli (Coppo del Principe e Coppo del Morto), Opi (Val Fondillo). Qui sono ben 5 i nuclei di faggeta per una superficie complessiva di 937 ettari. Sono aree caratterizzate da un mosaico di forme strutturali appartenenti a tutte le fasi del ciclo della faggeta e che ospitano i faggi più antichi dell’emisfero settentrionale (circa 560 anni), eccezionali habitat per molte specie animali rare, come la Rosalia alpina, il barbastello, piccolo pipistrello fitofilo e il picchio dorsobianco. La faggeta della Val Cervara è, infine, l’unico esempio conosciuto di foresta di faggio primaria in Italia.

2) Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi (Sasso Fratino)

Sasso Fratino, nel Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, è la prima Riserva Integrale italiana istituita e ospita faggi che possono superare i quattro e i cinque secoli di età. Alcuni passi sono inaccessibili al pubblico e nel nucleo della Riserva si trovano boschi misti di faggio e abete bianco, mentre al di sopra dei 1300 metri la foresta è una faggeta pura. Il faggio è la specie dominante in tutta l’area e il suo legno morto è importantissimo dal punto di vista della biodiversità, perché fa sì che si attivino catene alimentari assenti nei boschi coltivati, grazie a microrganismi, funghi, insetti e uccelli.

3) Foresta Umbra (Parco Nazionale del Gargano)

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La Foresta Umbra, con i suoi più di 10mila ettari, è il polmone verde del Parco Nazionale del Gargano. La zona alta della foresta comprende molti faggi, che raggiungono fino a 30 metri di altezza. In ogni caso, la foresta è considerata la più bassa d’Europa: i faggi, infatti, si trovano a quote molto più basse dei classici 800 metri, merito questo del particolare clima del Gargano.

4) Cozzo Ferriero (Parco Nazionale del Pollino)

È la foresta di Cozzo Ferriero, 70 ettari nel Comune di Rotonda, all’interno del Parco del Pollino. Qui, in magnifiche escursioni, si incontrano alberi maestosi e, in cima alla Coppola di Paola, si può godere di panorami sconfinati: i Massicci del Pollino e dell’Orsomarso, la Sila, la Basilicata e le Isole Eolie.

5) Monte Cimino (Soriano nel Cimino)

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È la cima più alta della catena dell’Antiappennino laziale dei monti Cimini e di tutta la provincia di Viterbo. La Faggeta del Monte Cimino si estende per circa 60 ettari e qui il folto manto dei faggi impedisce addirittura la crescita di arbusti e rappresenta un Biotopo di un immenso valore naturalistico. Dalla cima di 1053, la foresta di faggio, scendendo di quota, tra i 950 ed i 600 metri, si unisce a castagni, cerri, carpini neri e bianchi.

6) Monte Raschio (Parco Naturale Regionale di Bracciano-Martignano)

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Il Parco fa parte del tipico contesto collinare vulcanico dell’Italia centrale con, da un lato ha grandi ecosistemi d’acqua dolce e, dall’altro, una vegetazione praticamente completa, che dalla macchia mediterranea arriva alla faggeta.
Nella parte più settentrionale dell’area protetta, tra Monte Raschio e Monte Termine, ci sono le caratteristiche faggete termofile. Il faggio, pur non scendendo mai al di sotto dei 400 metri si trova a quote più basse rispetto a quelle che di solito occupa. Lo strato superiore della faggeta è costituito soprattutto dal faggio, ma ci sono anche cerro e castagno.

Sui siti Unesco puoi leggere anche:

E con questo nuovo riconoscimento, il territorio della nostra bella Italia è ad oggi quello che possiede il maggior numero di siti (sono 53), dall’ “eccezionale valore universale”, un record tra tutti i Paesi del mondo.

Germana Carillo

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