Il metano in atmosfera è aumentato del 47%, raggiungono attualmente i livelli più elevati degli ultimi 800mila anni

Il gas naturale è quasi sempre al centro delle discussioni in fatto di transizione energetica e di decarbonizzazione (ne è un esempio la Tassonomia europea), ma quasi mai si considera che quel gas è prevalentemente costituito da metano, il secondo gas serra di origine antropica, il più abbondante dopo l’anidride carbonica e decisamente nemico del clima

Il metano rappresenta circa il 20% delle emissioni globali, influisce sulla temperatura terrestre e dunque sul clima. Le sue concentrazioni atmosferiche sono aumentate del 47% dall’epoca preindustriale ad oggi e raggiungono attualmente i livelli più elevati degli ultimi 800mila anni.

Cosa vuol dire? Che le emissioni di metano andrebbero ridotte drasticamente se vogliamo frenare subito il riscaldamento globale.

Questo è quanto emerge dal nuovo report del WWF “Le emissioni di metano in Italia” commissionato dal WWF al GHGMI Italia, secondo cui decurtare le emissioni di metano, oltre ad essere una strategia efficace per contribuire agli obiettivi climatici dell’accordo di Parigi, salverebbe anche salute pubblica e agricoltura.

Perché ridurre il metano e come siamo messi in Italia

Le emissioni di metano sono prodotte sia da attività umane sia da quelle naturali. Anche se meno abbondante nell’atmosfera rispetto alla CO2, è in grado di assorbire la radiazione infrarossa termica in modo molto più efficiente e, di conseguenza, ha un potenziale di riscaldamento globale circa 80 volte più forte per unità di massa della CO2 su una scala temporale di 20 anni e circa 30 volte più potente su una scala temporale di 100 anni.

Il metano contribuisce anche alla produzione di ozono troposferico, un inquinante che danneggia la salute umana, la produzione di cibo e gli ecosistemi. Il consumo di gas naturale rappresenta oggi circa un quarto della produzione mondiale di elettricità. Le previsioni di crescita o diminuzione del suo utilizzo sono non si possono prevedere per i prossimi anni dati i numerosi fattori che lo determineranno.

L’Italia è al primo posto tra i Paesi con i maggiori costi sanitari derivanti dall’uso del gas naturale negli impianti termoelettrici, con 2,17 miliardi di euro (rispetto a un totale di 8,7 miliardi di Euro nell’area oggetto dello studio). Nel solo 2019 ben 2.864 morti premature sono dipese dall’uso di energia prodotta da gas naturale, oltre 15.000 casi di impatti respiratori sugli adulti e sui bambini, oltre 4.100 ricoveri ospedalieri e più di 5 milioni di giorni lavorativi perduti a causa di malattie.

La riduzione delle emissioni provenienti dall’agricoltura e dall’allevamento rappresenta una forte priorità nel contesto della decarbonizzazione, dal momento che, al 2050, questo settore risulterebbe responsabile di una quota del totale delle emissioni nazionali di metano intorno al 60%. Né l’Italia né la maggioranza degli Stati membri hanno finora incluso nei loro programmi interventi mirati alla diffusione dell’agricoltura biologica e di altri sistemi a basso input.

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©WWF

Non è tutto perduto

Una notizia positiva c’è: poiché il metano è un gas serra più potente dell’anidride carbonica, ma con una vita media in atmosfera più breve, il raggiungimento di riduzioni significative avrebbe un effetto rapido ed efficace sul potenziale di riscaldamento atmosferico. Concentrazioni di metano inferiori ridurrebbero rapidamente il tasso di riscaldamento, rendendo la mitigazione delle emissioni di metano uno dei modi migliori per limitare il riscaldamento in questo decennio e in quelli successivi.

Queste considerazioni sono alla base del Global Methane Pledge, sostenuto da più di 100 Paesi, tra cui l’Italia, che prevede un impegno a ridurre le emissioni di metano in particolare a livello globale di almeno il 30% rispetto ai livelli del 2020 entro il 2030.

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©Saunois et al., 2020 (The Global Methane Budget 2000-2017)
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Anche il rapporto internazionale dell’IPCC di quest’anno conferma che per raggiungere l’obiettivo di 1,5°C, dobbiamo eliminare circa un terzo delle attuali emissioni di metano entro il 2030 e circa il 45% entro il 2040. Per questo il WWF raccomanda un’evoluzione del sistema nazionale dell’inventario che preveda un sistema di monitoraggio delle emissioni di metano affidabile ed efficiente, che garantisca la tracciabilità di tutte le emissioni.

QUI il report completo.

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Fonte: WWF

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