Flaconi in plastica degli anni ’70, spazzolini e lamette: l’impressionante “bottino” di un solo giorno su una spiaggia di Brindisi

Accendini, giocattoli, antichi flaconi di prodotti risalenti a oltre 50 anni: ciò che ci restituisce il mare è davvero sconvolgente, come dimostra una delle ultime campagne di raccolta rifiuti fatte su una spiaggia pugliese

Le nostre spiagge sono talmente piene di rifiuti di plastica. In molti casi si tratta di veri e propri reperti “storici”, risalenti anche a decenni  fa: una situazione che dovrebbe farci riflettere sul pesantissimo impatto a lungo termine di questo materiale altamente inquinante.

Vista l’incredibile varietà degli oggetti che si trovano sui litorali italiani, un paio di anni fa è nata un’interessante iniziativa  che prende il nome di “Archeoplastica – il museo degli antichi rifiuti spiaggiati”. L’idea nasce da Enzo Suma, che lavora come guida naturalistica a Ostuni e che ha voluto attivarsi per accendere i riflettori sull’inquinamento marino.

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Nel museo virtuale (che si può “visitare” accendendo al sito) sono stati catalogati – in base al periodo in cui risalgono – centinaia di reperti archeoplastici. Durante una delle ultime raccolte in una spiaggia di Brindisi, Suma e i suoi collaboratori si sono imbattuti in una quantità impressionante di rifiuti: ben 9 flaconi di Ketchup (forse di prevenienza americana), rasoi, spazzolini, attrezzi per la pesca, applicatori per assorbenti interni e giocattoli.

Ma ciò che colpisce di più è un barattolo di caffè Suerte in offerta a… 570 lire, un dopobarba Brut33 in vendita negli anni ’70 e un flacone di candeggina con il prezzo riportato in lire, sempre risalente agli anni ’70.

Guardate con i vostri occhi in questo inquietante video:

Adesso tutti questi rifiuti restituiti dal mare del Salento verranno datati e catalogati nel museo Archeoplastica, che custodisce una serie di cose davvero impensabili.

Quando pubblicai la foto sui social scoprii lo stupore della gente nel vedere un prodotto così vecchio, ancora in buono stato, tra i rifiuti in spiaggia. E da quel post scaturirono dai lettori tante riflessioni sul problema della plastica.  – racconta Suma – Da quell’episodio ho iniziato a raccogliere sempre di più e a mettere da parte tutti quei rifiuti di un’età variabile dai trenta ai sessant’anni. Ho imparato sempre più a riconoscerli e fino ad ora ne ho conservati a centinaia. Ho ufficializzato il progetto nell’inverno del 2021, dopo aver messo da parte circa 200 reperti.

Ad oggi ho perso il numero dei reperti, che è cresciuto notevolmente grazie anche alla grande community di Archeoplastica. Spesso non è semplice riuscire a datare un oggetto, ma grazie alle tante persone che seguono Archeoplastica sui social, riusciamo a volte a ricostruire la storia di oggetti restituiti dal mare apparentemente impossibili da decifrare.

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Fonti: Archeoplastica

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