Da Usa e Uk stop all’importazione del petrolio russo, quali scenari ci attendono?

L'embargo del Regno Unito e degli Usa sul petrolio russo potrebbe avere pesanti conseguenze economiche anche in altri Paesi del mondo

Era nell’aria da qualche giorno, ma ieri le indiscrezioni sono state confermate. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna non acquisteranno più il petrolio russo per non finanziare indirettamente la guerra in Ucraina portata avanti da Putin. L’annuncio è arrivato prima dal presidente americano Joe Biden, poi da Londra.

Gli Stati Uniti hanno preso questa decisione in stretta consultazione con i nostri alleati e partner in tutto il mondo, nonché con i membri del Congresso di entrambe le parti. – si legge nella nota diffusa dalla Casa Bianca – Gli Usa sono in grado di compiere questo passo grazie alla nostra solida infrastruttura energetica nazionale e riconosciamo che non tutti i nostri alleati e partner sono attualmente in grado di unirsi a noi. Ma siamo uniti ai nostri alleati e partner nel lavorare insieme per ridurre la nostra dipendenza collettiva dall’energia russa e mantenere la pressione crescente su Putin, adottando allo stesso tempo misure attive per limitare gli impatti sui mercati energetici globali e proteggere le nostre stesse economie.

Il Governo federale degli Usa ha deciso di non comprare più né il petrolio né il carbone dalla Russia. Secondo i dati della US Energy Information Administration, il petrolio russo rappresenta il 3% delle importazioni totali di greggio degli Usa. E anche Dowing Street poco dopo ha voluto seguire l’esempio degli Stati Uniti. Le autorità britanniche hanno fatto sapere che elimineranno gradualmente le importazioni di petrolio russo entro la fine dell’anno in risposta all’invasione dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin.

Il Regno Unito si allontanerà dalla dipendenza dal petrolio russo per tutto l’anno, basandosi sul nostro severo pacchetto di sanzioni economiche internazionali. – ha dichiarato il primo ministro Boris Johnson – Lavorando con l’industria, siamo fiduciosi che questo obiettivo possa essere raggiunto nel corso dell’anno, fornendo alle aziende tempo sufficiente per adattarsi e garantendo la protezione dei consumatori.

Leggi anche: Perché la guerra in Ucraina ci sbatte in faccia quello che non abbiamo fatto con le rinnovabili

Le conseguenze dell’embargo

Naturalmente lo stop alle importazioni delle materie prime russe non sarà priva di pesanti conseguenze a livello mondiale, visto che la Russia è tra i maggiori esportatori di petrolio, insieme agli Stati Uniti e all’Arabia Saudita. Nelle ultime ore negli Usa il petrolio è già arrivato a costare oltre 129 dollari a barile, con uno balzo di circa il 9% e i costi potrebbero arrivare alle stelle nei prossimi giorni. Secondo le analisi della multinazionale americana di servizi finanziari JP Morgan il petrolio potrebbe raggiungere il record di 185 dollari al barile entro la fine del 2022 nel caso in cui l’interruzione delle esportazioni russe durasse ancora a lungo.

La reazione di Mosca alla notizia dell’embargo non si è fatta attendere.

Abbiamo tutto il diritto di prendere una decisione corrispondente e imporre un embargo sul pompaggio di gas attraverso il gasdotto Nord Stream 1 – ha tuonato il vicepremier russo Aleksandr Novak, commentando l’embargo  al petrolio russo e la decisione della Germania di bloccare l’autorizzazione del Nord Stream 2, mettendo in guardia sulle “conseguenze catastrofiche” per il mondo.

Per Novak i Paesi occidentali potrebbero ritrovarsi a pagare il petrolio anche 300 dollari al barile.

Nel frattempo, l’Opec, l’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (di cui fanno parte Paesi come Arabia Saudita, Iraq, Iran, Kuwait e Venezuela) ha dichiarato che si impegnerà  “a garantire la sicurezza delle forniture di petrolio”, sottolineando però di non avere “il controllo degli eventi che stanno influenzando il mercato e ne stanno guidando l’andamento”.

Il principio guida dell’Opec resta la stabilità del mercato globale – ha chiarito il segretario generale dell’Opec Mohammad Barkindo – Ma non c’è capacità produttiva nel mondo in grado di rimpiazzare 7 milioni di barili al giorno di esportazioni. E la ristrettezza del mercato può portare alla distruzione della domanda.

Per il momento l’Europa non sembra affatto intenzionata a rinunciare all’importazione di petrolio e gas della Russia, nonostante le tensioni siano alle stelle. A ribadire il no è stato il cancelliere tedesco Olaf Scholz, sottolineando che questa mossa metterebbe a rischio la sicurezza energetica del Vecchio Continente. Una situazione che ci sbatte un faccia un’amara verità: senza le fonti rinnovabili siamo destinati a restare schiavi della Russia.

Seguici su Telegram | Instagram | Facebook | TikTok | Youtube

Fonti: Gov.uk/Whitehouse.gov/Reuters

Leggi anche:

 

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook