Green Jobs: i numeri sul rinnovabile (che salverà il mondo)

Carbone, nucleare, gas e petrolio oppure sole, mare, geotermia e vento? Letta così, la scelta energetica del futuro sembra molto semplice ma, in contrasto con un'evidente dicotomia tra buono e cattivo, non lo è. A sfatare perplessità e sfiducia generalizzata due studi realizzati rispettivamente da Greenpeace e Wwf: il rinnovabile è la soluzione al cambiamento climatico e alla crisi economica globale.

Carbone, nucleare, gas e petrolio oppure sole, mare, geotermia e vento? Letta così, la scelta energetica del futuro sembra molto semplice ma, in contrasto con un’evidente dicotomia tra buono e cattivo, non lo è.

Proviamo a pensare alle difficoltà incontrate dal Sole per accaparrarsi il primato di fonte energetica regina del Pianeta Terra o dell’ancora troppo scarso sfruttamento di mari e oceani che ricoprono la superficie del nostro Pianeta per il 70%.

Le motivazioni/giustificazioni di alcuni governi e aziende per un mancato adeguamento del piano energetico su base rinnovabile sono di tipo economico: non è economicamente vantaggioso, vento e sole non sono fonti affidabili, gli investimenti sarebbero troppo alti a fronte di un rendimento insufficiente e altro ancora.

A sfatare perplessità e sfiducia generalizzata due studi realizzati rispettivamente da Greenpeace e Wwf: il rinnovabile è la soluzione al cambiamento climatico e alla crisi economica globale.

Vediamo il perché.

Oggi possiamo dividere le fonti di energia in tre grandi categorie: rinnovabile, fossile e nucleare.

  • Le fonti fossili sembrano certe ma si affacciano su prospettive future deludenti per l’imminente esaurimento dei giacimenti e il vertiginoso dispendio energetico necessario all’estrazione.
  • Il nucleare viene proposto come soluzione al problema ma, bisogna fare i conti con costi e scorie.
  • Il rinnovabile è un’alternativa pulita. È inesauribile, richiede investimenti energetici ridotti e ha un potenziale tecnologico e produttivo in pieno sviluppo.

Dallo studio di Greenpeace “Powering job creation” emerge che se i paesi del G8 investissero nel rinnovabile, al 2020 verrebbero creati oltre un milione di nuovi posti di lavoro, 460mila in più rispetto ad un equivalente investimento nelle energie convenzionali. Un notevole beneficio per l’economia con 460mila nuovi assunti (la somma dei residenti del comune di Bologna e Brindisi) e un vantaggio ambientale parallelo, dato dalla riduzione delle emissioni di CO2 dal settore dell’energia del 50% entro il 2030.

Stiamo parlando di Energy [R]evolution, il rivoluzionario scenario energetico promosso da Greenpeace. In questo quadro tecnologia, efficienza energetica ed energie rinnovabili si accompagnano ad una graduale eliminazione del carbone, del petrolio e del nucleare insieme alla riduzione della domanda di elettricità del 18%. Meno domanda di energia che richiederà un cambiamento nello stile di vita dei cittadini e un adeguamento delle strutture abitative ai criteri di efficienza energetica grazie alla coibentazione e all’ottimizzazione degli impianti. Risultato, più posti di lavoro nel settore edilizio con una maggiore professionalizzazione nel campo dell’adeguamento energetico.

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Lo studio di Greenpeace prevede una capacità di produzione elettrica da fonti rinnovabili per i paesi membri del G8 pari a 978 GW al 2020, il 32% dell’energia totale. Entro il 2030 tale capacità da fonti rinnovabili crescerà a 1500 GW, il 50% dell’energia.

E di pari passo, l’occupazione nel settore energetico aumenterebbe in modo esponenziale. Entro il 2030 con il rinnovabile si potranno creare 2.1 milioni di posti di lavoro. Oltre 1 milione e 800 mila occupati nel settore delle energie rinnovabili, 1 milione in più rispetto all’andamento tendenziale, compensando i 394mila posti di lavoro persi nel settore delle fonti fossili e del nucleare. Investendo sul rinnovabile avremmo più posti di lavoro nelle fonti energetiche pulite, più posti di lavoro nell’edilizia e, una volta raggiunti i parametri di efficienza energetica necessari, più posti di lavoro nel settore dell’amministrazione dell’energia sia a livello di attrezzature che nella gestione delle griglie.

  • 1,4 milioni di posti di lavoro al 2010
  • 1,8 milioni di posti di lavoro al 2020
  • 2,1 milioni di posti di lavoro al 2030

Se i paesi del G8 non modificassero le loro scelte gli assunti si fermerebbero tra 1,4 e 1,5 milioni nel periodo che va dal 2010 al 2030.

Per lo scenario italiano lo studio è stato fatto dall’Università Bocconi in collaborazione con GSE (Gestore Servizi Elettrici). Se l’Italia riuscisse a raggiungere gli obiettivi del Pacchetto Clima-Energia ’20-20′ al 2020, si assisterebbe alla creazione di 250.000 nuovi posti di lavoro solo per il settore elettrico. La ricerca prende in esame diversi scenari: la capacità dell’industria di rispondere alla sfida tecnologica di ricerca, sviluppo e innovazione, la prospettiva di cooperazione tra pubblico e privato e lo sfruttamento delle opportunità. In base allo sfruttamento delle opportunità gli scenari previsti sono tre:

  • uno sfruttamento basso produrrà un fatturato di 30 miliardi di euro, con un valore medio annuo di 2,4 miliardi e un’occupazione di 100mila posti
  • uno sfruttamento medio produrrà un fatturato di 50 miliardi di euro, con un valore medio annuo di 4 miliardi e un’occupazione di 150mila posti
  • uno sfruttamento alto produrrà un fatturato di 70 miliardi di euro, con un valore medio annuo di 5,6 miliardi e un’occupazione di 175mila posti

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L’eolico ne occuperebbe 77.500 (31%), le biomasse 65.000 (26%), il solare fotovoltaico 27.500 (11%), fino ai 10.000 (4%) impegnati nell’incenerimento dei rifiuti solidi urbani. Più moderato lo studio dell’Anev, svolto insieme alla UIL, dal quale risulterebbe che il settore eolico italiano potrebbe creare oltre 66.000 nuovi posti di lavoro al 2020 realizzando un potenziale di 16 GW. Una simulazione che tiene conto della quota di potenza installata annualmente sul territorio e che vede le regioni del Meridione particolarmente avvantaggiate in questo tipo di attività. Investendo nell’eolico la Puglia potrebbe dare lavoro al 2020 a 11.714 cittadini, la Campania a 8.738, la Sicilia a 7.537 e la Sardegna a 6.334.

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Tabella Greenpeace- Potenziale occupazionale dell’eolico al 2020 in Italia (elaborazione dati Anev-UIL, 2008).

Positive le stime dell’Ises. Per il solare fotovoltaico al 2020 si arriverebbe a 87.000 nuovi posti di lavoro con ottimi risultati sempre per il Meridione. Per il solare termico 66.000 occupati in Italia al 2020 (Studio Estif).

E secondo il Politecnico di Milano con l’efficienza energetica potranno essere tagliate 50 milioni di tonnellate di CO2. Un bel risultato ambientale.

Ritorniamo in Europa con il dossier “Low carbon jobs for Europe” (Lavori a basso contenuto di carbonio per l’Europa) del Wwf che parla di 3 milioni e mezzo di europei già assunti nel settore dell’energia verde contro 2,8 milioni impiegati nelle attività inquinanti.

Il settore dell’energia rinnovabile dà lavoro a molti ed è in costante crescita. Parliamo di mobilità sostenibile e beni e servizi per l’efficienza energetica che entrano in competizione con le attività estrattive delle fonti fossili, il settore del cemento, del ferro e dell’acciaio. In Europa 400.000 persone hanno un lavoro grazie all’energia rinnovabile, 2,1 milioni di persone sono impiegate nella mobilità sostenibile e oltre 900.000 in beni e servizi per l’efficienza energetica (primo fra tutti l’edilizia).

I settori forti sono l’eolico, il solare fotovoltaico, le biomasse, la mobilità pubblica e l’edilizia. Gli impieghi in aumento vedono la produzione, l’installazione e la manutenzione di turbine eoliche e pannelli solari e il miglioramento dell’efficienza energetica negli edifici esistenti. Oltre a questi ci sono circa 5 milioni di posti di lavoro in settori e impieghi correlati.

Prime in Europa per le professioni verdi: Germania e Spagna. L’Italia non gode di ottime posizioni anche perché meccanismi di incentivazione adeguati sono arrivati tardi rispetto a paesi come la Germania. Nel solare fotovoltaico il Belpaese offre 1.700 posti contro i 42.000 tedeschi e i 26.800 della Spagna. Nel solare termico siamo a 3.000 impieghi, contro i 17.400 della Germania. E secondo l’Aper (Associazione produttori di energia da fonti rinnovabili) i colletti verdi per il segmento energetico sono già attorno ai 50-55 mila tra occupati e indotto.

L’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha stabilito la necessità di ridurre dell’80-95% le emissioni di gas serra da parte dei paesi industrializzati entro il 2050. Per arrivare a questo obiettivo di lungo periodo questi stati dovranno ridurre del 25-40% le emissioni entro il 2020.

Si potrà discutere sulle scadenze e sulle cifre ma la questione climatica è lampante così come il potenziale occupazionale dei green jobs.

Serena Bianchi

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