Le più belle spiagge del Nord-Est del Brasile sono invase dal petrolio. E non si sa perché

Migliaia di persone sono impegnate lungo i 2000 chilometri di costa brasiliana per rimuovere il catrame, ma il petrolio determinerà conseguenze per decenni

Non si ferma l’enorme chiazza di petrolio che dall’inizio di settembre ha raggiunto le coste del Brasile  e che sta inquinando le più belle spiagge di Bahia nonostante l’impegno della popolazione nel tentare di ripulirle.

La marea nera, rilevata per la prima lo scorso 2 settembre, si è ormai diffusa in almeno 200 spiagge, coinvolgendo 9 stati e oltre 2mila chilometri di costa nella regione nord-orientale del Paese.

Il petrolio ha invaso luoghi remoti e spiagge turistiche, tra cui Ilheus e Pedra do Sal nello Stato di Bahia e la Praia do Futuro nel Ceara, causando la morte e l’intossicazione di centinaia di tartarughe marine, pesci, gabbiani e altri animali.

Le autorità stanno indagando sull’origine della perdita di greggio, controllando navi e petroliere che transitano nella zona: potrebbe derivare da una nave fantasma che trasportava petrolio venezuelano, ipotesi confermata dall’Instituto Brasileño de Medio Ambiente (IBAMA).

Migliaia persone tra volontari e funzionari del governo in questi giorni sono impegnate a rimuovere il catrame solidificato dalla sabbia e dalle rocce e a ripulire gli animali ricoperti di petrolio. Fino ad oggi, grazie al loro lavoro sono state rimosse 525 tonnellate di catrame dalle 200 spiagge, mentre la Marina brasiliana monitora al largo l’evoluzione della catastrofe con 5 navi e un aereo.

Idealmente, si sarebbe dovuto intervenire prima che il petrolio raggiungesse le spiagge ed entrasse nei fiumi, ma quando il greggio è stato rilevato, si è subito capito che i normali metodi con cui in genere viene fermata la sua diffusione in mare erano inefficaci. Il petrolio infatti si muoveva sotto la superficie del mare, rendendo inutili i normali metodi di contenimento.

Secondo gli ambientalisti, però, sarebbe stato possibile identificare delle “aree sacrificabili” verso cui dirottare il petrolio. In assenza di un piano di emergenza per contenere il disastro, tonnellate di petrolio si sono diffuse ovunque, comprese zone turistiche e aree sensibili e vulnerabili.

Si tratta probabilmente del disastro ambientale più grave mai avvenuto nella zona, ma è ancora difficile stabilire le conseguenze di questa catastrofe. I danni sono seri sia per la fauna sia per la vegetazione. Questo periodo infatti corrisponde alla stagione riproduttiva per molte specie, che in questa situazione sono gravemente a rischio. Inoltre, il petrolio ha pesantemente danneggiato le mangrovie e la barriera corallina.

Il governo non ha dato una risposta tempestiva al disastro e ora che il greggio ha raggiunto le coste, è fondamentale cercare di ripulire le zone colpite il più rapidamente possibile.
Purtroppo però, anche se si riuscisse a eliminare il petrolio visibile, la contaminazione chimica durerà per diversi anni.

Pur essendo una sostanza naturale, il petrolio è altamente tossico per gli esseri viventi e la sua degradazione da parte di batteri e radiazioni solari richiede moltissimo tempo. Anche quando il greggio non è più visibile, la contaminazione persiste nell’ambiente per decenni coinvolgendo l’aria, le acque, il suolo e la catena alimentare.

Nel petrolio sono infatti contenuti composti organici volatili e idrocarburi policiclici aromatici altamente tossici e cancerogeni.
I composti volatili evaporano in un tempo relativamente rapido, ma gli idrocarburi rimangono intatti per lungo tempo e rappresentano un rischio per chi frequenta le spiagge, per i pesci e per la vegetazione.

In seguito a un disastro ambientale di questa portata, il monitoraggio delle aree colpite dovrà avvenire per un periodo molto lungo e bisognerà impedire alle persone di frequentare le zone contaminate: trattandosi di aree turistiche, oltre al danno ambientale il Brasile dovrà fare i conti con le perdite economiche che questo incidente comporterà nei prossimi decenni.

Anche la pesca e il commercio di prodotti ittici saranno compromessi: se il governo decidesse di vietare la pesca il paese andrebbe incontro a perdite insostenibili, ma in assenza di divieti i consumatori saranno esposti a sostanze tossiche per decenni attraverso il consumo di vongole, granchi e altri animali marini contaminati.

Considerando l’indifferenza di Jair Bolsonaro verso la tutela dell’ambiente, ampiamente dimostrata con gli incendi in Amazzonia, non ci sarebbe da stupirsi se anche questa volta il governo decidesse di mettere al primo posto gli interessi economici, a danno della salute dei cittadini e dell’ecosistema.

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Tatiana Maselli

Photo credit: Clemente Coelho Junior, Instituto Bioma Brasil

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