Il grano di Chernobyl è ancora contaminato, anche quello che cresce fuori dalla zona di esclusione

Chernobyl: dopo 35 anni il grano è ancora contaminato, anche fuori dalla zona di esclusione. E così anche la legna da ardere

Chernobyl: dopo 35 anni il grano è ancora contaminato, anche fuori dalla zona di esclusione. Lo conferma una nuova ricerca condotta dall’Università di Exeter (Regno Unito) che ha rilevato diversi isotopi radioattivi al di sopra dei limiti di sicurezza.

Gli scienziati hanno analizzato diversi cereali che crescono intorno a Chernobyl tra cui grano, segale, avena e orzo e hanno trovato concentrazioni di isotopi radioattivi come stronzio 90 e / o cesio 137 superiori ai limiti di sicurezza ufficiali dell’Ucraina in quasi la metà dei campioni. E anche tre quarti dei campioni di legno presi in esame contenevano concentrazioni di stronzio 90 superiori ai limiti ucraini per la legna da ardere.

Non è la prima ricerca che lancia allarmi di questo tipo: Chernobyl non è affatto al sicuro, nemmeno al di fuori della zona di esclusione, quell’area compresa approssimativamente nel raggio di 30 km dal sito dell’ex-centrale nucleare istituita in seguito all’incidente nucleare del 1986, dove nessuno a parte autorizzati speciali può entrare (le uniche attività ufficialmente riconosciute sono il funzionamento dell’impianto nucleare e la presenza di installazioni scientifiche per lo studio della sicurezza nucleare).

Lo studio ha analizzato in particolare 116 campioni di grano raccolti durante il 2011-2019 dai campi in 13 insediamenti nel distretto di Ivankiv in Ucraina, a circa 50 km a sud della centrale elettrica e al di fuori della zona di esclusione. Per quanto riguarda il legno, principalmente pino, i campioni sono stati raccolti da 12 località nello stesso distretto nel periodo 2015-2019.

I risultati hanno mostrato che:

chernobyl grano e legna contaminati

©Environment International

chernobyl grano e legna contaminati

©Environment International

  • Il 45% dei campioni di grano della parte nord-orientale del distretto di Ivankiv conteneva stronzio-90 a livelli superiori a quelli consentiti per il consumo umano. Questa situazione probabilmente persisterà per almeno un altro decennio.
  • Prendendo in considerazione sia lo stronzio-90 che il cesio-137, le concentrazioni di attività combinate di questi isotopi erano superiori ai livelli consentiti nel 48% dei campioni di grano.
  • I livelli dello stronzio-90 potrebbero superare i livelli consentiti nella legna da ardere nei boschi forestali provenienti da vaste aree nel nord-est del distretto di Ivankiv e in un campione domestico si sono trovate concentrazioni pari a 25 volte quella del secondo più contaminato.

“Ci siamo concentrati sullo stronzio 90 perché è attualmente presente nel suolo per lo più in forma biodisponibile, il che significa che può essere assorbito dalle piante – spiega AIryna Labunska, che ha guidato lo studio – Il monitoraggio del governo ucraino sulle merci contenenti stronzio 90 si è concluso nel 2013, ma il nostro studio mostra chiaramente che è necessario continuare”.

Al di fuori della zona di esclusione infatti le leggi cambiano e le attività sono concesse, ma evidentemente qualcosa ancora non va.

chernobyl grano e legna contaminati

©Environment International

chernobyl grano e legna contaminati

©Environment International

“Le persone devono essere consapevoli della continua contaminazione del suolo e delle piante e devono essere informate sui metodi agricoli e di bonifica più sicuri – continua su questo la ricercatrice – Abbiamo trovato livelli molto alti di stronzio 90 nella cenere di legno, eppure molte persone usano ancora la cenere dei loro incendi come fertilizzante per le colture”.

Il problema del legno è poi ancora più pericoloso, perché questo viene usato in tutta la regione e quindi le radiazioni possono continuare a diffondersi anche in zone lontane da Chernobyl. Quindi lo studio lancia un alert importante che va anche al di là del monitoraggio locale.

È necessario dunque ripristinare i monitoraggi locali ormai da tempo sospesi e soprattutto verificare il livello di contaminazione della popolazione locale, in modo da intervenire prima che sia troppo tardi.

Il lavoro è stato pubblicato su Environment International.

Fonti di riferimento: Università di Exeter /  Environment International

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