La lunghissima catena umana dei veneziani per dire basta agli inchini e alle grandi navi

Una lunga catena umana ha abbracciato Venezia, dicendo basta agli inchini e alle grandi navi all'interno della Laguna ma anche al turismo "insostenibile"

Una lunghissima catena umana ha abbracciato nei giorni scorsi Venezia, dicendo basta agli inchini e alla presenza delle grandi navi all’interno della Laguna ma anche al turismo “insostenibile” e allo sfruttamento economico senza controllo. Al grido di “Niente può essere come prima!” e “Venezia Fu-Turistica” migliaia di persone hanno manifestato dalle Zattere alla Basilica della Salute, chiedendo una rottura rispetto al passato e uno sguardo a un  futuro più verde per la città. E per farlo hanno realizzato uno striscione da record, lungo centinaia di metri.

Mantenendo le distanze, sabato 13 giugno migliaia di persone hanno scelto di unirsi in una lunghissima catena umana che ha abbracciato idealmente la città. Un abbraccio diventato poi un corteo organizzato tra gli altri che dal Comitato No Grandi Navi, che ha attraversato Venezia fino alla Basilica della Salute, costruita proprio dopo la peste del 1630 e simbolo di rinascita dopo la terribile malattia.

E “Venezia rinasce se…” è l’incipit cui seguono le condizioni di questa rinascita post-pandemia. Perché se i canali di Venezia hanno brillato per l’assenza di inquinamento, se la città ha cambiato volto suo malgrado a causa dell’assenza dei turisti, è la presenza delle navi a preoccupare gli abitanti con l’avvio della Fase 3.

A Venezia un nuovo modello di città

“Venezia rinasce se tutte e tutti insieme ci battiamo contro la speculazione e per costruire un nuovo modello di città. Venezia fu-turistica: contro la monocoltura turistica, per la residenzialità, l’istruzione, l’ambiente, il lavoro e i diritti”

è il messaggio lanciato dai manifestanti che hanno pacificamente esposto il lungo striscione colorato di 300 metri, il più grande della storia della città.

striscione venezia

©globalproject

striscione venezia

©globalproject

Per questo hanno chiesto a gran voce una reale inversione di rotta all’insegna dei principi di giustizia sociale e climatica:

“Venezia rinasce se esce da questa crisi tutelando il diritto alla salute, al lavoro, allo studio”.

Secondo gli ideatori della protesta, la normalità era il problema:

“Dopo anni di devastazioni ambientali, turismo selvaggio, tagli al sociale e alla cultura; dopo anni in cui i giovani sono stati sistematicamente cacciati dalla città per fare spazio a grandi navi o grandi speculatori; dopo l’alluvione di novembre, l’esplosione di una fabbrica chimica nei giorni in cui si preme per l’ampliamento dell’inceneritore di Fusina; dopo tutto questo, c’è una parte di città che vuole tornare a essere identica a sé stessa, come se nulla fosse cambiato”.

 

Il comitato No Grandi Navi, tra gli ideatori della protesta, ha reso note una serie di ragioni che, a suo avviso, permetteranno alla città di pensare a un futuro sostenibile:

Venezia rinasce se…

– riparte in modo nuovo;
– la fa finita con la monocoltura turistica;
– crescono i residenti e si limita la locazione turistica;
– diventa capitale della giustizia climatica;
– si difende dagli speculatori;
– si batte per il reddito e vengono rispettati i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici;
– la ristorazione è pensata per i residenti e onesta con i turisti;
– l’accoglienza è di qualità e non solo per ricchi;
– le grandi navi rimangono fuori dalla laguna e si ferma il MOSE;
– finanzia la sanitá pubblica che è un bene comune;
– se diventa una città femminista che costruisce e promuove percorsi e battaglie per contrastare la violenza contro le donne e le soggettività lgbtqia+;
– scuole, università e ricerca sono fucine di pensiero libero e critico fuori da ogni logica di profitto e speculazione;
– la cultura arricchisce le persone e non la rendita immobiliare;
– se non si costruiscono nuovi inceneritori;
– se si avviano le bonifiche e la riconversione ecologica di porto Marghera;
– se ripensa ad una nuova mobilità potenziando il trasporto pubblico;
– se non si trasforma la terraferma nel dormitorio turistico low cost del centro storico;
– se si impedisce la cementificazione delle sue aree verdi e si fermano le speculazioni immobiliari;
– se si rilancia un nuovo piano straordinario di welfare cittadino;
– se si recuperano e si restituiscono ad un uso pubblico e collettivo gli spazi abbandonati;
– se mette al centro il mondo della scuola pubblica investendo nell’edilizia scolastica e garantendo un reale diritto allo studio;
– se parte dai giovani investendo in termini di risorse, spazi e servizi.

Alla manifestazione hanno partecipato anche tanti universitari e i giovani di Fridays for Future

“per testimoniare che questa città deve rinascere non dalle ceneri del turismo, non dai nuovi inceneritori, ma dalla tutela e salvaguardia dell’ambiente, dal diritto alla salute”.

Qui i video della manifestazione:

 

Fonti di riferimento: NoGrandiNavi, Globalproject

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