OGM e pesticidi: arriva lo studio sull’impatto ambientale delle colture geneticamente modificate

Negli ultimi anni, la crescente diffusione di colture geneticamente modificate ha comportato un sensibile aumento nell'impiego di diserbanti, a causa di erbacce divenute sempre più resistenti: lo rivela uno studio condotto da un team di economisti provenienti da diversi atenei americani e appena pubblicato su Science Advances.

Negli ultimi anni, la crescente diffusione di colture geneticamente modificate ha comportato un sensibile aumento nell’impiego di diserbanti, a causa di erbacce divenute sempre più resistenti: lo rivela uno studio condotto da un team di economisti provenienti da diversi atenei americani e appena pubblicato su Science Advances.

Lo studio in questione, dal titolo Genetically engineered crops and pesticide use in U.S. maize and soybeans, è il più ampio mai condotto finora sulla relazione tra ogm e pesticidi negli Stati Uniti, in quanto prende in considerazione i dati di oltre 5.000 coltivatori di soia e di oltre 5.000 coltivatori di mais nel periodo 1998-2011: le ricerca svolte in precedenza si erano infatti limitate a seguire l’andamento delle colture per un arco di tempo non più lungo più di due o tre anni.

“Avere a disposizione 14 anni di dati forniti da agricoltori provenienti da tutto il territori degli Stati Uniti rende questo studio molto speciale.” – ha dichiarato in proposito Federico Ciliberto, economista presso la University of Virginia e co-autore dello studio – “Abbiamo ripetuto le osservazione degli stessi agricoltori e sappiamo sia quando hanno iniziato ad adottare dei semi geneticamente modificati, sia come è cambiato l’utilizzo di sostanze chimiche da parte loro.”

Dal 2008, oltre l’80% per cento della soia e del mais coltivati negli Stati Uniti sono ogm. In particolare, i semi di mais presentano la modifica di due geni: uno uccide gli insetti che mangiano il seme e l’altro permette al seme di tollerare il glifosato, un controverso erbicida, presente in diserbanti di uso comune, come Roundup di Monsanto. I germogli di soia, invece, presentano la modifica di un unico gene, resistente al glifosato.

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Nei quattordici anni considerati dalla ricerca, i coltivatori di mais che hanno piantato semi resistenti agli insetti hanno effettivamente impiegato una quantità inferiore di insetticidi: l’11,2% in meno rispetto a chi non ha scelto mais ogm. E, sempre nello stesso periodo, è diminuito, seppur lievemente, anche l’impiego di diserbanti, calato dell’1,3%. Per quanto invece riguarda le colture di soia, si è osservato il trend inverso: gli agricoltori che hanno piantato semi ogm hanno utilizzato il 28% di diserbanti in più rispetto agli altri. Come si spiega?

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Secondo gli autori dello studio, questo dato apparentemente contraddittorio è dovuto alla proliferazione di erbacce resistenti al glifosato.

“All’inizio, si è verificata una riduzione nell’uso degli erbicidi. Con il tempo, però, l’impiego di sostanze chimiche è aumentato, perché le erbacce hanno sviluppato una resistenza al glifosato.” – ha spiegato Ciliberto – “[…] I dati suggeriscono che le erbacce stanno diventando sempre più resistenti e che gli agricoltori sono costretti a usare sempre più prodotti chimici, in numero e quantità crescenti.”

Anche se nelle colture di mais il problema non è ancora così evidente, i dati relativi al quinquennio 2006-2011 mostrano anche in quel caso un progressivo aumento dell’uso dei diserbanti, segno di una tendenza crescente. D’altra parte, sempre nel periodo 2006-2011, la percentuale di ettari di terreno spruzzati con solo il glifosato è scesa dal 70% al 41% per le colture di soia e dal 40% al 19% per quelle di mais: percentuali che mostrano come gli agricoltori debbano sempre più ricorrere ad altre sostanze chimiche, vista l’aumentata resistenza delle erbe infestanti.

E, come è evidente, l’uso sempre più massiccio di diverse tipologie di diserbanti ha conseguenza ben precise in termini di inquinamento: basti pensare alla contaminazione degli ecosistemi e delle falde acquifere, con potenziali ripercussioni sulla stessa salute umana. A riprova del fatto che il problema dell’impatto ambientale degli ogm è ben più ampio di quanto comunemente si pensi.

Lisa Vagnozzi

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