Glifosato: nuova denuncia contro l’erbicida Monsanto per pubblicità ingannevole

Torniamo a parlare di Roundup in quanto la Monsanto ha ricevuto nei giorni scorsi una nuova denuncia, presentata questa volta al tribunale federale del Wisconsin per l’uso scorretto della pubblicità.

Torniamo a parlare di Roundup in quanto la Monsanto ha ricevuto nei giorni scorsi una nuova denuncia, presentata questa volta al tribunale federale del Wisconsin per l’uso scorretto della pubblicità.

L’azione legale è partita da una class-action di consumatori che accusano l’erbicida Roundup di essere pubblicizzato come sicuro in maniera falsa dato che gli effetti sulla salute (non solo dell’ambiente ma anche umana) sono ormai noti.

La causa, che cita come imputato il distributore ufficiale Roundup Scotts Miracle-Gro Co, sostiene che i consumatori siano ingannati da campagne di marketing che si basano su dichiarazioni inesatte e fuorvianti riguardo al glifosato, principio attivo del noto erbicida Monsanto. I querelanti sono residenti non solo del Wisconsin ma anche di Illinois, California, New York, New Jersey e Florida.

Il glifosato Monsanto è stato introdotto come erbicida in queste zone già dal 1974 ed è ampiamente utilizzato nelle coltivazioni alimentari, promosso per anni come un principio chimico in grado di agire su un enzima presente nel regno vegetale che non si trova però in animali e persone. L’azione legale mira a dimostrare come in realtà questa affermazione sia falsa dato che il principio attivo del Roundup sarebbe in grado di sconvolgere i batteri intestinali di persone e animali, compromettendo la salute del sistema immunitario, la digestione e anche le funzioni cerebrali.

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La Monsanto non ha ancora rilasciato commenti a proposito, forse perché troppo impegnata a difendersi dalle numerose denunce di chi la accusa di aver causato centinaia di casi di linfoma non-Hodgink e per questo l’ha trascinata in tribunale.

La causa intentata in Wisconsin è però molto diversa in quanto non si rivendicano tanto i danni sulla salute quanto la pubblicità scorretta del prodotto che vìola le leggi sul commercio.

Francesca Biagioli

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