Questo è il primo storico arancio trapiantato in Italia nel 1200 (e ancora oggi produce frutti)

Si narra che l’arancio del convento di Santa Sabina di Roma sia stato il primo trapiantato in Italia nel 1200. Dopo otto secoli ancora oggi produce frutti ed è sopravvissuto alle intemperie

La chiesa di Santa Sabina, situata sull’Aventino a Roma, è considerata un’oasi di pace e bellezza senza tempo. Costruita nel V secolo, è una delle architetture paleocristiane meglio conservate e fu affidata a Domenico di Guzmán nel 1219. Questa chiesa, con il suo convento, ha ospitato figure sante come Tommaso d’Aquino e Pio V, contribuendo ad arricchire il suo fascino spirituale e artistico.

Un particolare interessante è legato a un arancio nel cortile del chiostro, che si dice sia stato il primo trapiantato in Italia da un seme portato da San Domenico dalla Spagna nel 1220 quando la pianta di arancio era sconosciuta in Europa.

Nel corso di otto secoli ha continuato a rinnovarsi

Oltre ad essere il primo piantato in Italia, è tuttora il più vecchio d’Europa. L’arancio è visibile dalla chiesa attraverso un buco nel muro ed è considerato miracoloso perché ha continuato a dare frutti a distanza di secoli. Nel corso di 800 anni, infatti, si è rinnovato su se stesso e produce ancora bellissime e buonissime arance.

È riuscito a sopravvivere anche alla forte nevicata che c’è stata anni fa a Roma una forte nevicata che lo ha lasciato malridotto e con poche speranze. Tuttavia i frati dell’Ordine dei Predicatori, fondato da San Domenico, dopo una notte di preghiera hanno visto sbocciare nuovi fiori sui rami secchi. In modo inaspettato, poi, si è ripreso ed è arrivato ai giorni nostri.

Tra l’altro, proprio da questo albero si narra che santa Caterina da Siena abbia raccolto le arance, poi candite, portate a Urbano VI nel 1379 per mostrare al pontefice, noto per il suo carattere spigoloso, come anche un frutto aspro potesse potenzialmente divenire dolce.

Nella chiesa c’è anche la “pietra del diavolo”

Tuttavia anche in un luogo così spirituale possono emergere tracce sulfuree ed è questa l’altra caratteristica della chiesa. Vicino a Santa Sabina, infatti, sorgeva l’antico Tempio di Giunone Regina, e secondo le voci popolari, le chiese costruite su templi pagani erano ritenute abitate da oscure presenze.

La leggenda narra che il diavolo abbia messo alla prova la comunità religiosa più volte. Un dettaglio intrigante è rappresentato dalla Lapis Diaboli, una pietra nera rotonda posta vicino all’ingresso, che si dice sia stata lanciata dal diavolo contro San Domenico mentre pregava.

Non riuscendo a intaccare la sua fede, la pietra finì per rompere la lastra marmorea su cui pregava. La pietra, esposta nella chiesa, mostra ancora i fori lasciati dagli artigli del diavolo. La leggenda continua a vivere, anche se alcuni suggeriscono che la pietra sia un lapis aequipondus, un contrappeso romano utilizzato sulle bilance.

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Fonte: Turismo Roma

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