Che fine ha fatto l’accordo firmato alla COP28 che doveva aiutare i Paesi più poveri?

Loss and Damage: pare che - finalmente - un consiglio di 26 membri stia finalmente iniziando a lavorare sul nuovo fondo per perdite e danni delle Nazioni Unite destinato ai Paesi più vulnerabili

La gestione delle perdite e dei danni per assistere i Paesi in via di sviluppo particolarmente vulnerabili agli effetti negativi del cambiamento climatico rischia di rimanere la grande assente nelle politiche mondiali e il motivo è palese e dato dal fatto che soltanto questa settimana, da novembre, un consiglio di 26 membri si riunirà per la prima volta per discutere le mosse amministrative e istituzionali necessarie per distribuire denaro ai Paesi in via di sviluppo.

Si parla, infatti, e finalmente, dell’accordo sul Loss and damage, il fondo – appunto – volto ad aiutare i Paesi più poveri: a Dubai, alla COP28, fece scalpore il fatto che fosse stato stilato già ai primissimi giorni di lavori. E poi? Che fine ha fatto?

Ne parlammo qui: COP28, clamoroso colpo di scena: c’è già l’accordo sul loss and damage, non era mai accaduto nella storia

Mentre il pianeta si riscalda, le nazioni più povere vengono colpite più duramente dalla siccità, dall’innalzamento del livello del mare, dagli uragani e da una serie di altri impatti climatici e il cosiddetto fondo per perdite e danni dovrebbe compensarli. Ma quanto tempo ancora si sta perdendo?

In effetti, il consiglio avrebbe dovuto tenere la sua prima riunione almeno alla fine di gennaio, ma uno stallo tra i Paesi ricchi, compresi gli Stati Uniti e quelli dell’Unione Europea, su chi nominare nel consiglio ha portato a ritardi di tre mesi rispetto al programma (e gran parte di questo lavoro dovrà essere completato in poco più di sei mesi, prima della prossima conferenza sul clima delle Nazioni Unite, la COP29, a Baku, in Azerbaigian).

Cosa c’è in gioco? Ci sono i circa 650 milioni di dollari promessi finora, che tra l’altro rappresentano solo una minima parte del fabbisogno stimato – che i ricercatori hanno fissato attorno ai 580 miliardi di dollari all’anno entro il 2030.

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