La lobby della carne fa pressione sulle Nazioni Unite affinché sostengano gli allevamenti intensivi

La lobby della carne sta spingendo affinché le Nazioni Unite sostengano, al summit sui sistemi alimentari, la produzione di carne e latticini

Tra pochi giorni, durante il Summit delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari (UN FSS), si parlerà di incentivare sistemi agricoli più sostenibili e anche, inevitabilmente, del ruolo degli allevamenti intensivi. Alcuni documenti in possesso di Unearthed, il braccio investigativo di Greenpeace, svelano però che le lobby della carne stanno facendo pressione affinché le Nazioni Unite sostengano una maggiore produzione di carne e latticini.  

Il Summit sui sistemi alimentari è in programma per il 23 settembre a New York ma già trapelano alcuni retroscena. In particolare Unearthed, che fa capo a Greenpeace, ha reso noto di essere in possesso di alcuni documenti che testimoniano come una coalizione di associazioni dell’industria della carne stia spingendo e facendo pressioni sul vertice delle Nazioni Unite. Lo scopo è quello di aumentare il consumo globale di carne e promuovere gli allevamenti intensivi, nonostante sia ormai appurato il loro pesante impatto ambientale.

Quasi tutti gli esperti a livello mondiale concordano sul fatto che proprio tali allevamenti siano responsabili di almeno il 14% delle emissioni globali e uno studio recente ha evidenziato che la carne rappresenta quasi il 60% di tutti i gas serra derivanti dalla produzione alimentare. 

I documenti in mano a Greenpeace Unearthed, mostrano in pratica che esponenti dell’industria zootecnica hanno minacciato di ritirarsi dal summit se altri nel loro gruppo di discussione non condividono il loro “obiettivo comune”, dove per obiettivo comune si intende favorire carne e altri derivati animali.

Nei mesi che hanno preceduto il summit che si terrà tra due giorni, i gruppi di discussione (cluster), hanno lavorato per produrre documenti di posizione che offrissero soluzioni sostenibili per il sistema alimentare. E, in una bozza di documento del gruppo sull'”allevamento sostenibile”,  a cui hanno partecipato gli esponenti di alcune associazioni industriali, tra cui l’International Meat Secretariat e l’International Poultry Council, si legge che “i progressi nei sistemi di allevamento intensivo” significano che possono “contribuire alla conservazione delle risorse planetarie e alla fornitura efficace di nutrizione”. 

Nella bozza si legge anche:

I metodi innovativi nel bestiame possono anche affrontare il cambiamento climatico sia nella mitigazione che nell’adattamento […] Il bestiame fornirà soluzioni anche per le sfide di oggi.

Questo però è in evidente contrasto con quanto affermano la maggior parte degli esperti ambientali che hanno evidenziato come livelli più bassi di produzione e consumo di proteine ​​animali sono fondamentali per proteggere l’ambiente. È evidente che dobbiamo metterci in testa di consumare meno carne e non certamente di incentivarla.

Come sottolinea Unearthed:

Il documento è in contrasto con gli appelli del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite per una riduzione del consumo di carne, in particolare nei paesi ricchi, per affrontare il cambiamento climatico. L’IPCC ha avvertito che il mancato passaggio a un uso del suolo più sostenibile potrebbe danneggiare gli sforzi per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali.

L’industria della carne minaccia di ritirarsi dal summit

Quanto riportato nella bozza di documento ha provocato, come era prevedibile, alcune reazioni. Come riporta sempre Unearthed:

I risultati hanno spinto il relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto al cibo, Michael Fakhri, ad avvertire che potenti interessi agroalimentari potrebbero “dominare la discussione”, portando a risultati deludenti.

Al gruppo di lavoro si sono poi aggiunti alcuni scienziati e ONG e la bozza del documento ha creato di fatto una spaccatura tra l’industria della carne, sostenuta in particolare dalle delegazioni di Brasile e Argentina (le principali nazioni produttrici) e appunto gli scienziati. 

I membri del gruppo si sono incontrati in teleconferenza per negoziare una nuova bozza ma sembra che la riunione non sia servita a molto, anzi ha aumentato ancora di più la tensione, tanto che le associazioni dell’industria della carne si sono rivolte ad esponenti di spicco delle Nazioni Unite minacciando di ritirarsi dal vertice in segno di protesta.

Organizzazioni, tra cui il Meat Secretariat e il Poultry Council, hanno scritto:

È diventato chiaro nell’ultima chiamata / discussione online che le basi molto solide per lo sviluppo sostenibile del bestiame che sono state costruite in più di un decennio da organizzazioni guidate dalla scienza vengono ignorate in favore della retorica anti-bestiame all’interno di questo cluster.

Insomma, la lobby della carne non intende mollare né retrocedere di un passo, nonostante l’evidenza scientifica non sia certo dalla sua parte. 

Nel frattempo, vi sono però anche appelli come quello di Compassion in World Farming che, grazie alla presenza del suo CEO Philip Lymbery che rappresenta  le organizzazioni per il benessere degli animali nel gruppo di lavoro sugli allevamenti sostenibili, chiede ai leader della terra di sfruttare lo slancio del vertice per intraprendere azioni chiare e radicali per la trasformazione del nostro sistema alimentare globale.

Nel documento C del gruppo di lavoro sull’allevamento sostenibile vi sono 4 richieste di azione:

  • Ridimensionare l’industria dell’allevamento e ridurre il consumo di carne e latticini
  • Passare ad un’agricoltura rigenerativa e rispettosa della natura
  • Sostenere una transizione giusta
  • Adottare buoni standard di benessere animale

Naturalmente, non possiamo che augurarci che, nonostante il potere dell’industria della carne, sia quest’ultima la linea di fondo che passi al summit.

In Europa, nel frattempo, nell’ambito della campagna #StopEUMeatAds, LAV insieme ad altre 50 ONG, ha firmato una lettera per la Commissione Europea in cui si chiede in sostanza di:

Chiudere il rubinetto dei finanziamenti ad attività palesemente insostenibili, come la produzione di carne e latticini, e di rafforzare con politiche di sostegno la produzione di alimenti vegetali anche con la riconversione e riqualificazione dei segmenti produttivi dannosi per l’ambiente, per la salute e per gli animali.

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Fonte: Greenpeace Unearthed 

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